Analisi

Intelligenza artificiale, 6 milioni di lavoratori a rischio sostituzione

È quanto risulta dal focus Censis Confcooperative su Ai, lavoro ed economia, da cui emerge anche che altri 9 milioni di lavoratori potrebbero vedere l’intelligenza artificiale integrarsi con le loro mansioni: un totale di 15 milioni di lavoratori esposti. Per il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini «questi dati dimostrano come il paradigma vada subito corretto: la persona va messa al centro del modello di sviluppo con l’intelligenza artificiale al servizio dei lavoratori e non viceversa»

di Alessio Nisi

intelligenza

Le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale spingeranno in alto i livelli dell’economia, con una crescita prevista del Prodotto interno lordo dell’1,8%, fino a 38 miliardi, da qui al 2025. Ma con un prezzo che si preannuncia salato. Molto salato.

«Sei milioni di lavoratori sono a rischio sostituzione, mentre 9 milioni potrebbero vedere l’intelligenza artificiale integrarsi con le loro mansioni. Per un totale di circa 15 milioni di lavoratori sul totale esposti agli effetti dell’intelligenza artificiale. Questi dati dimostrano come il paradigma vada subito corretto: la persona va messa al centro del modello di sviluppo con l’intelligenza artificiale al servizio dei lavoratori e non viceversa».

Questi i dati e la riflessione del presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, a proposito di “Intelligenza artificiale e persone: chi servirà chi?”, focus Censis Confcooperative dedicato all’analisi dei possibili effetti dell’intelligenza artificiale sulla nostra economia e sul mercato del lavoro.

Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative

Le professioni più esposte

Secondo lo studio, le professioni più esposte alla sostituzione sono quelle intellettuali automatizzabili (contabili, tecnici bancari). Le professioni ad alta complementarità includono avvocati, magistrati e dirigenti. 

Tab 1 ALTA ESPOSIZIONE COMPLEMENTO ALTA ESPOSIZIONE SOSTITUZIONE
1 Direttori e dirigenti della finanza ed amministrazione Matematico
2 Direttori e dirigenti dell’organizzazione, gestione delle risorse umane e delle relazioni industriali Contabile
3 Notai Tecnici della gestione finanziaria
4 Avvocati Tecnici statistici
5 Esperti legali in enti pubblici Esperti in calligrafia
6 Magistrati Economi e tesorieri
7 Specialisti in sistemi economici Periti, valutatori di rischio e liquidatori
8 Psicologi clinici e psicoterapeuti Tecnici del lavoro bancario
9 Archeologi Specialisti della gestione e del controllo nelle imprese private
10 Specialisti in discipline religiose Specialisti della gestione e del controllo nelle imprese pubbliche
Le prime 10 professioni esposte alla complementarità o al rischio di sostituzione. Fonte: elaborazione Censis su dati Banca d’Italia

Sostituzione, complementarità e livello di istruzione

Il grado di esposizione alla sostituzione o complementarità aumenta con l’aumentare del livello di istruzione, come dimostra il dato secondo cui nella classe dei lavoratori a basso rischio il 64% non raggiunge il grado superiore di istruzione e solo il 3% possiede una laurea.

Per quanto riguarda le professioni ad alta esposizione di sostituzione, la maggior parte dei lavoratori (54%) hanno un’istruzione superiore e il 33% un diploma di laurea. Inversamente, i lavoratori che più vedranno l’ingresso complementare delle tecnologie supportate dall’intelligenza arrtificiale nei processi produttivi posseggono una laurea (59%) mentre sono il 29% quelli con un diploma superiore.

Esposizione della forza lavoro in Italia a sostituzione o complemento per livello di istruzione (val%). Fonte: elaborazione Censis su dati Banca d’Italia

Donne più esposte degli uomini

 Il livello di esposizione all’intelligenza artificiale aumenta con il grado di istruzione e anche in questo caso si verificherebbe un acuirsi del gender gap dal momento che le donne risultano più esposte rispetto agli uomini: rappresentano, infatti, il 54% dei lavoratori ad alta esposizione di sostituzione e il 57% di quelli ad alta complementarità. 

In Europa

Il gap non è solo di genere ma anche nel confronto tra i sistemi imprenditoriali dei paesi europei. Nel 2024, solo l’8,2% delle imprese italiane utilizza l’Intelligenza artificiale, contro il 19,7% della Germania e la media Ue del 13,5%. Il divario è particolarmente evidente nei settori del commercio e della manifattura, dove l’Italia registra tassi di adozione inferiori alla media europea.

Intelligenza artificiale, dove (e quanto) investire

Per il biennio 2025-2026, il 19,5% delle imprese italiane prevede di investire in beni e servizi legati all’intelligenza artificiale, con percentuali più alte nel settore informatico (55%) e più basse nella ristorazione (1,4%). Le grandi imprese mostrano una maggiore propensione all’investimento rispetto alle PMI. 

Pil in ricerca sviluppo. I dati dimostrano impietosamente come sia necessario investire di più e meglio in ricerca e sviluppo. L’Italia investe l’1,33% del Pil rispetto alla media europea del 2,33%. L’obiettivo Ue è arrivare a una media del 3% per il 2030, soglia già superata dalla Germania che investe il 3,15%, mentre la Francia investe il 2,18%, più di noi ma lontana dall’obiettivo fissato per il 2030.

Lavoratori italiani che dichiarano di utilizzare l’ai nella stesura di documenti di lavoro (val.%). Fonte: indagine Censis, 2024

Dalla mail al curriculum, l’ai sul tavolo

Secondo una recente rilevazione Censis, il 20/25% dei lavoratori utilizza strumenti di intelligenza artificiale sul luogo di lavoro. Più nel dettaglio il 23,3% utilizza l’intelligenza artificiale per la scrittura di mail, il 24,6% per messaggi, il 25% per la stesura di rapporti e il 18,5% per la creazione di curriculum.

I numeri salgono al diminuire dell’età, come dimostra il 35,8% tra i 18-34 anni che utilizza l’intelligenza artificiale per la stesura di rapporti contro il 23,5% tra chi ha più di 45 anni o il 28,8% dei più giovani che utilizzano per la scrittura di mail, a fronte di un 21,9% della fascia di popolazione che ha più di 45 anni. Non emergono, invece, vistose differenze tra i vari livelli di istruzione.

Intelligenza artificiale e settori di impatto

 Sul fronte occupazionale, si stima che entro il 2030 circa il 27% delle ore lavorate in Europa sarà automatizzato. I settori più esposti sono la ristorazione (37%), il supporto d’ufficio (36,6%) e la produzione (36%), mentre quelli meno impattati sono la sanità e il management.

L’Italia mostra un ritardo significativo nell’adozione dell’Intelligenza artificiale rispetto ad altri paesi europei. Secondo il Government ai readiness index 2024, l’Italia si posiziona al 25° posto, dietro a 13 paesi europei.

IN apertura foto di Mihály Köles per Unsplash. Nel testo video e grafiche da ufficio stampa Confcooperative e dal focus Censis Confcooperative

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