Mondo
Iraq: uccisioni a sangue freddo, bufera sui marines
La telecamera di un reporter della rete americana Nbc ha portato nelle case di tutto il mondo e su migliaia di siti web immagini choc sulla battaglia di Falluja
di Paul Ricard
Uomini abbandonati come sacchi tra le macerie di una moschea a Falluja, uno con la barba bianca e il volto incorniciato da una kefiah rossa, un altro appoggiato alla sua schiena. Giovani marines nervosi li osservano con il dito sul grilletto, prima che uno dei militari noti qualcosa che lo insospettisce: ”Sta fingendo!”. Poi gli spari, il sangue e, in breve tempo, l’avvio di un’inchiesta che mette di nuovo in imbarazzo il Pentagono, mesi dopo le vergogne di Abu Ghraib. La telecamera di un reporter della rete americana Nbc ha portato nelle case di tutto il mondo e su migliaia di siti web immagini che forse si sono ripetute piu’ volte – ma senza la scomoda testimonianza della tv – durante il caos della battaglia porta a porta di Falluja. Le autorita’ militari, in Iraq e negli Usa, hanno aperto un’indagine preliminare su un filmato che i media americani hanno definito la documentazione di una vera e propria ‘esecuzione’ di un iracheno ferito. Un giovane e per ora anonimo marine protagonista del gesto, avvenuto sabato scorso, e’ stato interrogato sulle circostanze della vicenda, cosi’ come i suoi compagni di pattuglia. Nessuna incriminazione e’ stata per ora decisa e i portavoce militari si sono limitati a rinviare i commenti all’esito delle indagini. Ma l’eco del video di Falluja sembra destinata a creare nuovi problemi d’immagine per gli Usa nel mondo arabo, oltre che una nuova grana per il capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, sopravvissuto tra molti travagli allo scandalo delle torture nella prigione di Baghdad. Il reportage scioccante dall’Iraq e’ stato realizzato da Kevin Sites, un reporter e cameraman della Nbc che e’ entrato a Falluja con il Terzo battaglione, Primo reggimento dei marines. Sites ha documentato un assalto compiuto dai marines venerdi’ scorso contro una moschea, nel corso del quale 10 ribelli iracheni sono stati uccisi e altri cinque, feriti, sono stati lasciati all’interno. Il giorno dopo, sabato, Sites e’ tornato sul posto con un’altra unita’ e al seguito dei militari e’ rientrato nella moschea, nella quale poco prima alcuni marines avevano aperto il fuoco – secondo il suo racconto – su persone che si trovavano all’interno. Il filmato di Sites mostra un locale in rovina, con cinque iracheni in apparenza privi di sensi (alcuni forse morti) in punti diversi della sala dominata da colonne. Secondo il reporter, erano gli stessi lasciati dai marines il giorno prima, senza piu’ armi: non e’ chiaro se per loro valesse lo status di prigionieri di guerra, una circostanza che il Pentagono sta valutando. Pochi secondi dopo l’ingresso nella moschea, uno dei marines si avvicina con il fucile mitragliatore spianato a uno degli uomini distesi sul pavimento. ”Sta fottutamente fingendo di essere morto!”, grida il militare. ”Si, sta respirando”, dice un altro. ”Finge di essere un fottuto morto!”, esclama ancora il primo. Partono uno o due colpi, di cui le tv americane hanno diffuso solo l’audio. Sugli schermi negli Usa non sono comparsi neppure i fotogrammi successivi, che mostrano il cadavere dell’uomo colpito nella parte superiore del corpo, forse alla testa, e gli schizzi del suo sangue sulla parete alle sue spalle. ”Be’ adesso e’ morto”, afferma uno dei marines. Sites ha riferito, nella sua corrispondenza da Falluja, di aver detto al marine che ha sparato che l’uomo era un prigioniero ferito del giorno prima. ”Non lo sapevo, signore, non lo sapevo”, e’ stata la replica. Nelle parti iniziali del video, pero’, si sentono i marines che ripetono l’un l’altro: ”Sono quelli di ieri, sono i feriti di ieri, non li hanno prelevati”. Secondo il reporter della Nbc, l’unita’ al centro della vicenda era rimasta sconvolta il giorno precedente dalla morte di uno dei propri marines, saltato in aria mentre spostava un cadavere che era collegato a esplosivo. Il militare protagonista del video era stato ferito al volto 24 ore prima, ma era gia’ tornato in servizio attivo. La vicenda ha suscitato immediate reazioni internazionali. La Croce Rossa ha fatto sapere di aver disposto accertamenti per verificare se sia stata violata la Convenzione di Ginevra sui diritti dei prigionieri di guerra. Dall’Iraq, il colonnello dei marines Bob Miller e molti tra i colleghi dei protagonista del gesto hanno difeso il marine coinvolto, sostenendo che ci sono gli estremi per ipotizzare la legittima difesa. ”Le regole d’ ingaggio – ha detto il colonnello Miller alla Nbc – autorizzano i marines all’uso della forza quando confrontano un atto ostile o un intento ostile. Devono usare la forza come autodifesa”. Una raffica di esperti militari si sono affacciati sulle tv negli Usa per invitare alla cautela nell’esprimere giudizi e per ricordare che occorre capire il contesto in cui la vicenda e’ avvenuta. ”Si puo’ intuire la tensione nelle voci di quei marines – ha detto Charles Heyman, analista di Jane’s – quando gridano ‘sta fingendo, sta fingendo!’. Nell’ addestramento che ricevono i soldati delle unita’ da combattimento, viene loro sempre insegnato che il nemico e’ al massimo della propria pericolosita’ quando e’ gravemente ferito”. Una minima mossa, secondo Hayman, ”a mio avviso giustificherebbe l’aver aperto il fuoco”.
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