Idee Come pensiamo

L’abituazione che ci fa vedere il mondo al rovescio (nell’era di Trump)

La nostra mente si abitua ai percorsi o riti sempre uguali, perfino ai modi delle persone che seguiamo, per permetterci di concentrarci su altro. Ma allo stesso tempo ci impedisce di vedere mille dettagli intorno, apprezzare e trattenere più elementi. Allora che fare? Per imbrogliare l’abituazione ci servono degli inciampi o dei promemoria, che crepino la bolla che ci avviluppa

di Maria Laura Conte

C’è chi si è appeso in bagno una mappa del mondo capovolto per aiutarsi a ricordare ogni mattina, mentre si lava i denti, che occorre un esercizio quotidiano per tenere tonico lo sguardo sulla realtà. Tonico e alternativo su come questa ci viene presentata. Perché il rischio di scivolare inconsapevolmente dentro una sua riduzione o falsa ricostruzione è altissimo. E questo non solo perché siamo vittime potenziali di propaganda pervasiva, che vorrebbe che ci concentrassimo solo su certi temi emergenti, ma anche a causa di un meccanismo naturale in noi. Si chiama abituazione ed è a un tempo una forma di autodifesa del nostro cervello e una barriera. La nostra mente si abitua ai percorsi o riti sempre uguali, perfino ai modi delle persone che seguiamo, per permetterci di concentrarci su altro. Ma allo stesso tempo ci impedisce di vedere mille dettagli intorno, apprezzare e trattenere più elementi. Allora che fare? Per imbrogliare l’abituazione ci servono degli inciampi o dei promemoria, che crepino la bolla che ci avviluppa.

C’è un risvolto ulteriore di questo nostro lavorio cerebrale e lo rivela Paolo Legrenzi, professore di psicanalisi veneziano: tendiamo a dimenticare presto, quasi a consumare subito, gli aspetti positivi della vita (soprattutto di quella degli altri), per incistarci e trattenere maggiormente il negativo, la sensazione di sofferenza o sconfitta. Come se continuamente noi ritagliassimo la realtà per salvare la sua parte peggiore. 

Eppure ci si può liberare anche di questo peso ricordandoci e dimostrandoci a vicenda – consiglia sempre Legrenzi – che le cose non sono come sembrano. Come nel film di Frank Capra, “La vita è meravigliosa”, in cui un angelo, per convincere il protagonista che la sua vita non è da buttare via, lo aiuta a vedere come sarebbe stato il suo mondo senza di lui. Gli propone, di fatto, un esercizio di sottrazione per permettergli di recuperare una visione integrale, quindi di ripartire vedendo le cose come stanno veramente (e non deprimenti come gli appaiono). 

Un allenamento oggi vitale non solo per recuperare la passione per la vita, come per il protagonista di Capra, ma per alimentare pensiero critico che sappia setacciare il mix di menzogna e verosimile (insieme a revisionismo storico e interessi vari) che dilaga ai giorni nostri, per trattenere solo la verità. 

Sono decine gli esempi quotidiani che ognuno di noi potrebbe avanzare, ma penso a uno in particolare: quel commentare inizialmente sottovoce, negli angoli di uffici o al bar, poi sempre più ad alta voce, perfino in articoli aggressivi, che sì, alla fine la nuova amministrazione americana ha fatto bene a tagliare i fondi agli aiuti allo sviluppo, perché ha svelato la grande ipocrisia che ha sempre accompagnato il settore umanitario e della cooperazione, ne ha smascherato l’imbroglio, l’inefficacia e la corruzione e avanti così. Una vulgata che impastando presunte evidenze e puro veleno trova adepti agevolmente, mentre va arginata subito dalla verità.

Ecco perché l’esercizio della mappa capovolta vale nel micro dei nostri rapporti quotidiani e nel macro delle relazioni internazionali: le cose non sono come sembrano, meritano supplementi di indagine e prospettive diverse. Meritano persone non “abituate”.

Foto: Pexels

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