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Operazione Darfur. LItalia in prima linea
Barbara Contini sarà presto operativa a Nyala. Ma il piano di intervento è già delinato.
Il Consiglio di sicurezza esce dal Palazzo di vetro. E si trasferisce in Africa. Il 18 e il 19 novembre, il principale organo delle Nazioni Unite si riunirà a Nairobi, per una sessione speciale sul Darfur. È successo solo 11 volte nella storia dell?Onu, l?ultima nel 1973. Segno di quanto il conflitto esploso in questa regione all?estremo Ovest del Sudan sia un problema chiave, non solo in Africa.
A un anno e mezzo dall?inizio della crisi si contano in Darfur 1,6 milioni di sfollati interni, più 200mila profughi in Ciad. Secondo l?Organizzazione mondiale della sanità, gli attacchi ai civili e le conseguenze della guerra sulla situazione sanitaria hanno causato da marzo la morte di circa 70mila persone. Nell?area tra i due capoluoghi di Nyala ed El Geneina si è concentrato, da gennaio, l?aiuto umanitario delle Nazioni Unite, dell?Unione europea e delle ong. A coordinare la cooperazione italiana sarà nei prossimi mesi Barbara Contini.
Presto arriverà il Vis
A Nyala, l?ex governatrice di Nassiriya ha già un ufficio, e lavorerà a stretto contatto con le ong italiane. Al momento in Darfur sono quattro: Cosv, Coopi, Intersos e Cesvi. Si sta preparando a un intervento nella regione anche il Vis, l?ong collegata ai salesiani, già presente nella capitale Karthoum e nel Sud Sudan. Caritas Italiana ha avviato il soccorso d?emergenza agli sfollati a giugno, con tutte le altre Caritas europee e la rete umanitaria delle chiese protestante e ortodossa. In tutto, Caritas internationalis ha stanziato in Darfur 14 milioni di euro più altri due per i profughi in Ciad. «Per rendere efficace l?aiuto alla popolazione abbiamo puntato sul coordinamento dei nostri interventi», afferma Cinzia Giudici, presidente del Cosv. «In un contesto difficile come quello del Darfur, un territorio vasto e pieno di insidie, lavorare insieme diventa vitale anche per la sicurezza dei cooperanti». La Giudici, che è anche vicepresidente delle ong italiane, è contenta della nomina della Contini a capo dell?intervento di emergenza della cooperazione italiana: «Apprezziamo la scelta di stare sul campo, e non in qualche ufficio della capitale. E poi conosce il mondo delle ong».
L?ex governatrice di Nassiriya parte con un fondo stanziato dalla cooperazione italiana per l?emergenza in Darfur di un milione di euro. «È solo l?inizio, per venire incontro alle necessità più impellenti nei campi profughi, che per il 65% sono pieni di donne e bambini», sottolinea. «Poi organizzeremo una raccolta fondi insieme alle ong e, mi auguro, agli italiani che capiranno quanto è importante intervenire in questa crisi umanitaria. Il Darfur è un problema dell?Europa, non solo dell?Africa. Se scoppia questa parte importantissima del mondo, le conseguenze arriveranno fino da noi».
Bastoni tra le ruote
Intanto, in Darfur, i cooperanti italiani stanno incontrando serie difficoltà. Ma a mettere il bastone fra le ruote degli aiuti non sono solo gli janjaweed, i predoni arabi che da un anno e mezzo attaccano i villaggi, o i gruppi ribelli anti governativi. «Subiamo molte pressioni da Hac, l?agenzia umanitaria del governo», dice da Nyala Francesco Dotto, idrogeologo del Cesvi. L?agenzia sudanese, sostengono le ong, condizionerebbe gli interventi dirigendoli verso zone più fedeli al governo di Karthoum, e distogliendo l?attenzione da altre aree dove sarebbe scomoda la presenza di testimoni internazionali. Gran parte dell?intervento umanitario in Darfur, in effetti, passa dal controllo di Hac. O quasi. Ue e Onu hanno minacciato sanzioni quando Karthoum impediva l?ingresso delle organizzazioni umanitarie nella regione. E non è un mistero, ora, l?attrito fra le agenzie dell?Ue e dell?Onu e l?ufficio umanitario sudanese. «I soccorsi sono arrivati in ritardo, ulteriormente rallentati dagli scogli burocratici del governo sudanese nei primi mesi del 2004», denuncia nel suo ultimo rapporto Medici senza frontiere. «Gli sfollati nei campi profughi del Darfur raccontano di vivere sotto la vigilanza degli stessi uomini armati che hanno bruciato i loro villaggi e ucciso le loro famiglie».
Delle 62 ong che in totale operano in Darfur, solo tre raggiungono i villaggi. «L?intervento umanitario si è concentrato nei campi che accolgono gli sfollati e in poche località principali. È quasi assente nei villaggi, dove la gente sopravvive nel terrore e senza aiuti», dice Paolo Comoglio, direttore del Cosv. «Lì la situazione sanitaria, già precaria prima della guerra, è diventata drammatica».
I caduti di Save the Children
Ogni settimana Ocha, l?agenzia dell?Onu per le emergenze, in Darfur tiene un briefing sulla sicurezza per segnalare le zone ?chiuse? all?intervento umanitario. Ma per passare nelle aree controllate dagli insorti contro il governo di Karthoum, le ong devono contattare direttamente i capi ribelli. «Una volta lo faceva Ocha», confessa un cooperante italiano di lungo corso. «Ma in certi casi basta che partano due macchine invece di una, o che il loro colore non sia segnalato correttamente, per rischiare la vita. Ora i contatti li prendiamo direttamente noi cooperanti». I camion delle ong in Darfur sono regolarmente fermati dalla polizia governativa, dai predoni arabi e dai ribelli. Spesso vengono assaliti da uomini armati che si impadroniscono degli aiuti. A volte va peggio, come è capitato il 10 ottobre a due cooperanti di Save the Children, uccisi da una mina nel Nord del Darfur mentre stavano portando aiuti in un?area fino a tre settimane prima inaccessibile.
Info:
Sudan: la mappa degli interventi
Dove sono le ong
La cooperazione italiana in Darfur si concentra nella ?mezzaluna? fra le città di Al Geneina e Nyala. Sei le organizzazioni sul campo per affrontare l?emergenza: cinque ong più la Caritas. Quasi tutte fanno base a Nyala, per assistere gli sfollati nei campi situati nel Sud-Ovest della regione.
1.Caritas Internationalis: intervento in ambito sanitario con 14 milioni di euro, 230mila quelli stanziati da Caritas Italiana.
2.Coopi: assistenza ai profughi del Darfur in due dei 14 campi in Ciad. Si sta preparando a un intervento nel Nord del Darfur con i fondi dell?Unione europea.
3.Vis: assistenza alimentare ai profughi nel Darfur meridionale. A Karthoum l?ong dei salesiani accoglie i minori rimasti orfani a causa del conflitto.
4.Cesvi: due cooperanti italiani a Nyala coordinano un intervento idrico-sanitario nei villaggi del Darfur meridionale.
5.Cosv: assistenza sanitaria al confine con il Ciad. Si prepara a un intervento di emergenza su larga scala con i fondi dell?Unione europea.
6. Intersos: intervento sanitario nei villaggi coordinato da un team di soli sudanesi. Finanziato da Onu e Ue per 2,5 milioni di euro.
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