Politica
È sempre più Europa-fortezza: anche l’Austria centrista dice no ai migranti
Nonostante il nuovo Governo di Vienna abbia escluso l’estrema destra, l’accordo di coalizione tra popolari, socialdemocratici e liberali prevede norme stringenti in materia di immigrazione: no ai ricongiungimenti familiari, istituzione di centri per i rimpatri e stop delle richieste di asilo. E spunta l’idea di vietare il velo a scuola fino ai 14 anni
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All’Europa non serve l’estrema destra per farsi sempre più fortezza. In Germania, il nascente Governo a trazione cristiano-democratica col supporto dei socialdemocratici si prepara ad adottare una politica restrittiva nei confronti dei migranti. Lo stesso è pronta a fare l’Austria: l’accordo di coalizione raggiunto nelle ultime ore a Vienna dal Partito popolare (Ovp), quello socialdemocratico (Spo) e i liberali di Neos prevede, infatti, una linea dura sul tema dell’immigrazione, non troppo distante da quella che avrebbe adottato il partito di ultradestra Fpö.
Per inquadrare la vicenda occorre fare un salto indietro di cinque mesi. A fine settembre, alle elezioni ha trionfato proprio Fpö, guidato da Herbert Kickl (28,9%), davanti ai popolari (26,3%) e ai socialdemocratici (21,1%). Per evitare di portare al Governo l’estrema destra, il presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen ha chiesto ai leader degli altri partiti di trovare un accordo, che però è saltato. Con riluttanza, dunque, il capo dello Stato ha dato incarico a Kickl di raggiungere con l’Ovp un’intesa che avrebbe dato all’Austria il suo primo Governo di destra dal 1949. Anche in questo caso, però, le trattative si sono arenate per un litigio sulle poltrone: entrambi i partner di Governo avrebbero voluto guidare il ministero dell’Interno e quello delle Finanze. Per ottenerlo, Fpö era disposta a lasciare più dicasteri ai popolari, i quali dal canto loro avrebbero concesso la guida di Asilo e Immigrazione. Si tratta di due ruoli chiave per Fpö, che fa del razzismo, della xenofobia e della criminalizzazione dell’immigrazione i suoi temi principali, assieme a posizioni euroscettiche e filorusse.
Il mancato accordo a destra ha portato a nuovi dialoghi al centro. Eppure, se la coalizione tra popolari, socialdemocratici e liberali darà vita a un Governo fortemente europeista, pro-Ucraina e non sovranista in campo economico, sull’immigrazione la posizione è di (quasi) totale chiusura. L’accordo di coalizione presentato il 27 febbraio prevede norme severe in materia. Si va dalla sospensione dei ricongiungimenti familiari per i rifugiati all’istituzione di centri di rimpatrio per i richiedenti asilo respinti. Tra l’altro, è allo studio l’ipotesi di accordi con Paesi terzi per prevenire l’immigrazione illegale ed esiste la volontà di opporsi ai programmi di ricollocamento dell’Unione europea. Inoltre, Vienna si riserva il diritto di bloccare temporaneamente le domande di asilo qualora dovessero essercene troppe.
Non è tutto. L’accordo, infatti, contempla alcune misure contro l’islam, come il divieto di indossare il velo a scuola per le ragazze minori di 14, ufficialmente per prevenire la “segregazione e repressione” delle stesse. Infine, nell’accordo viene menzionato un “programma di integrazione obbligatorio” per chi arriva in Austria: lezioni di lingua e di valori, oltre che servizi alla comunità. In questo caso, non si tratta di una misura completamente nuova. Già nell’estate scorsa l’allora governo Ovp-Verdi aveva varato una legge che prevedeva per i richiedenti asilo l’obbligo di lavorare per almeno 10 ore settimanali in settori quali la manutenzione stradale, l’infermieristica, l’assistenza nei rifugi per senza fissa dimora o nelle associazioni con almeno cinque operatori sociali.
Ad aver «radicalizzato» l’opinione pubblica austriaca in tema di immigrazione non sono solo i recenti fatti di cronaca come l’attentato di matrice islamica a Villaco in cui ha perso la vita un quattordicenne, ma anche la pressione migratoria in aumento negli ultimi anni. Misure contrarie, dunque, sono state adottate già in passato. Per fare un esempio, dopo la caduta del regime di Bashar Assad in Siria, lo scorso dicembre l’Austria è stata tra i primi Paesi ad annunciare piani di rimpatrio forzato per i richiedenti asilo siriani. Vienna, inoltre, è riuscita a ottenere la nomina di Magnus Brunner (Ovp) alla carica di commissario europeo per gli Affari interni. In una delle sue prime uscite pubbliche, Brunner ha detto chiaro e tondo che il suo obiettivo sarà quello di trovare «nuove regole più severe sui rimpatri».
In Europa, dunque, anche dove l’estrema destra non è al Governo l’immigrazione viene osteggiata. Basti pensare alla Germania, dove il cancelliere in pectore Friedrich Merz ha annunciato a più riprese in campagna elettorale la volontà di mettere un freno agli arrivi. Oppure alla Polonia, dove Donald Tusk non ha mai nascosto la sua intransigenza. Proprio Tusk guida dall’inizio dell’anno la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Uno dei suoi primi atti è stato quello di sottoporre all’attenzione dei ministri degli Interni dei 27 un discussion paper in cui si prendeva in considerazione l’ipotesi di nuove norme in materia di ingressi irregolari e rimpatri ispirate al modello italo-albanese.
Foto di apertura: Christian Stocker del Partito popolare (OeVP), al centro, Andreas Babler dei socialdemocratici (SPOe), a sinistra, e Beate Meinl-Reisinger di Neos, a destra, intervengono in una conferenza stampa dopo aver accettato di formare un Governo di coalizione a Vienna, Austria, giovedì 27 febbraio 2025. (AP Photo/Heinz-Peter Bader)
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