Volontariato

Welfare. Lo stop alle misure di sostegno ai redditi bassi.

Quattro anni di sperimentazione di questo intervento hanno fatto quadrare i conti di migliaia di famiglie.

di Benedetta Verrini

La protesta è partita all?inizio del 2004 dal cuore della Sila, a San Giovanni in Fiore. I mille e più ex beneficiari del Reddito minimo d?inserimento hanno iniziato a presidiare il municipio, notte e giorno.
Quasi negli stessi giorni, a Napoli, in piazza del Plebiscito, tre donne si sono incatenate a una finestra del piano terra dell?edificio della Prefettura e si sono procurate dei tagli alle braccia, per denunciare le difficoltà economiche delle famiglie che avevano subito la sospensione dell?indennità. Stesse scene, alcuni mesi dopo, anche a Barletta e ad Enna: gente disperata in piazza, sindaci braccati, appelli ai parlamentari di riferimento, richieste e rivendicazioni verso Roma.
Sono ben 306 i Comuni italiani che, entro la fine del 2004, dovranno gestire lo choc della morte del Reddito minimo d?inserimento, una misura economica che ha garantito una rete di protezione a oltre 200mila persone.

Contro la povertà
Cosa è successo? La storia comincia nel 1998, quando il governo decide di avviare una nuova misura di contrasto alla povertà e all?esclusione sociale. Grazie a uno stanziamento in Finanziaria e a un decreto attuativo predisposto da Livia Turco, 39 Comuni italiani iniziano la sperimentazione del Reddito minimo d?inserimento. I parametri per accedere al beneficio sono stringenti: i destinatari non devono essere proprietari di beni, devono avere un reddito bassissimo (269 euro), essere iscritti nelle liste di collocamento e disponibili a partecipare a programmi di reinserimento.
«La formula era interessante», spiega Stefano Daneri, responsabile Politiche assistenziali e del Terzo settore della Cgil. «Lo Stato metteva il 90% dei soldi necessari e i Comuni, chiamati a gestire direttamente le iniziative di formazione e reinserimento professionale, diventano protagonisti della rinascita di molte famiglie».
Nel biennio successivo, altri 267 Comuni sono entrati nella sperimentazione. «Non si è trattato di una misura meramente assistenziale, anzi: combinando un?erogazione monetaria certa e definita, con un intervento di inserimento sociale e occupazionale, ha mirato a stimolare i destinatari verso l?uscita dalla marginalità», spiega Daniela Mesini, ricercatrice presso l?Irs – Istituto di ricerca sociale, uno degli enti incaricati della valutazione del Reddito minimo d?inserimento. Sulla base di queste analisi, il ministero del Welfare guidato da Roberto Maroni avrebbe dovuto presentare il Rapporto al Parlamento entro il 31 giugno 2001. Non l?ha fatto né allora né negli anni successivi.
Il cambiamento di rotta, infatti, era dietro l?angolo. Dopo quattro anni di sperimentazione e oltre 600 milioni di euro distribuiti, il governo di centrodestra ha deciso di chiudere i rubinetti e cancellare completamente l?esperienza, bollata come diseducativa e assistenziale.

Il cambio di rotta
Mentre i rapporti sulla povertà della popolazione tratteggiano un quadro sempre più allarmante, ciò che viene proposto in alternativa al Reddito minimo di inserimento è una specie di ?estrema unzione?: il Reddito di ultima istanza, iscritto nella Finanziaria per il 2004 con uno stanziamento minimo, meno di un milione di euro! I contorni operativi di questa nuova misura non sono stati chiaramente definiti: è certo che il Reddito di ultima istanza deve essere attivato dalle Regioni (chiamate a compartecipare alla spesa almeno per il 50%), e dovrà soccorrere esclusivamente situazioni di marginalità estrema.
Uno scenario che preoccupa enormemente gli amministratori locali. All?assemblea annuale Anci, il 4 novembre, tutti i sindaci presenti hanno raccontato la durezza della ?quarta settimana del mese?, quella dello stipendio ormai agli sgoccioli, per tanti cittadini residenti nelle loro città.
Ora la palla passa alle Regioni, ma solo quelle che potranno sostenere una misura alternativa al Reddito minimo d?inserimento. «La sola che si è mossa», spiega Daneri, «è la Campania, che da questa settimana ha reso operativo il Reddito di cittadinanza (di cui beneficeranno circa 20mila famiglie, ndr). Però il governo ha rifiutato qualsiasi compartecipazione alla misura, con la giustificazione che non rientra nei parametri del Reddito di ultima istanza. Peccato che tali parametri, in assenza del decreto attuativo del ministero del Welfare, non sono affatto definiti. Perciò, di fatto, il Reddito di ultima istanza non esiste».
Sarà per questo, forse, che non se ne trova più traccia nemmeno nella Finanziaria attualmente in discussione?

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