Diritto alla salute

Un medico per i senza tetto

La legge 176/2024, con un fondo di 1 milione di euro l'anno per il 2025 e 2026, prevede l'iscrizione dei senza fissa dimora nelle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali. Oggi anche chi non ha una residenza può iscriversi alle anagrafi comunicali con una procedura amministrativa, ma solo 96mila persone lo hanno fatto. Come implementare la legge? Se ne è parlato a una tavola rotonda di Fondazione Roche e dell'associazione Avvocato di Strada

di Nicla Panciera

Chi è senza tetto, e dunque senza residenza, può curarsi ricorrendo al Pronto soccorso, ma a meno di complicate procedure amministrative perde il medico di base perché viene cancellato dalle liste anagrafiche del Comune. Un passo avanti nel riconoscimento del diritto alla salute per persone già socialmente emarginate come i senza tetto viene dalla recente approvazione della legge 176 del novembre 2024 che prevede l’iscrizione nelle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali anche a chi non ha residenza anagrafica.

Se ne è parlato nell’incontro rotonda «Avrò cura di te: l’assistenza sanitaria per persone senza dimora in Italia» organizzato da Fondazione Roche e dall’Associazione Avvocato di Strada per avviare un dialogo tra terzo settore e istituzioni sulla migliore attuazione della legge n. 176/2024, finalizzata a riconoscere progressivamente il diritto all’assistenza sanitaria alle persone senza dimora prive della residenza anagrafica, sul territorio nazionale o all’estero, e soggiornanti regolarmente in Italia. Si prevede il finanziamento di un programma sperimentale, con un fondo appositamente istituito con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, diretto a consentire alle persone senza dimora l’iscrizione nelle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali, la scelta del medico di medicina generale e l’accesso alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza Lea. In questa prima fase la legge si applica nelle sole città metropolitane – Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia – e non include i cittadini stranieri senza permesso di soggiorno.

Una vittoria per il paese

«Credo che l’approvazione di questa legge sia una vittoria fondamentale per il nostro Paese, dove purtroppo se una persona finisce in strada viene cancellata dall’anagrafe e a quel punto, non avendo più la residenza, perde anche il diritto alla salute ovvero la possibilità di essere presa in carico da un medico di base. L’unica chance diventa il pronto soccorso, che non è però in grado di fornire cure continuative per malattie come il diabete, la tubercolosi, le epatiti, e quindi queste persone non hanno di fatto possibilità di curarsi» ha spiegato Antonio Mumolo, Presidente Avvocato di Strada «Abbiamo iniziato questa battaglia 15 anni fa, insieme a tante associazioni, in modo che tutti potessero un giorno avere accesso al diritto alla salute, previsto dalla nostra Costituzione. Oggi è legge e la sfida adesso è fare in modo che tale legge, applicabile attualmente nelle città metropolitane, venga estesa in tutte le regioni italiane. Ricordando sempre che tutelare i diritti dei deboli significa, alla fine, tutelare i diritti di tutti noi».

Le conseguenze della cancellazione dall’anagrafe

In Italia, quando una persona per qualsiasi circostanza finisce a vivere in strada, perde la residenza e, se non si attiva seguendo complicate e spesso arbitrarie procedure amministrative, viene cancellata dall’anagrafe del comune, perdendo così una serie di diritti, tra cui il diritto alla salute. In base alla legislazione vigente, infatti, condizione essenziale per l’utenza dei servizi Asl è la residenza nello stesso territorio dell’azienda sanitaria, che consente, tra le altre cose, la scelta del c.d. medico di base (medico di medicina generale o pediatra di libera scelta).

Un diritto ma anche un punto di partenza

«Partendo dal presupposto che le persone non sono né la propria malattia, né la propria povertà, né la propria condizione economica complicata, abbiamo fatto questa legge per dare loro un punto di partenza da cui ricominciare: l’assistenza sanitaria» ha affermato nel corso del suo intervento l’onorevole Marco Furfaro, primo firmatario della normativa in questione «Si tratta di dare un messaggio chiaro al Paese, ovvero che a fronte di una difficoltà lo Stato non solo garantisce un diritto primario come quello alla salute ma lo garantisce affinché sia anche uno viatico per uscire dalla condizione di senza dimora».

Un risparmio per la sanità pubblica

Dal punto di vista delle risorse spese per le cure, la legge consentirà una loro ottimizzazione: il costo del ricorso al pronto soccorso è stimato mediamente, per singolo intervento, quasi il triplo ed in alcuni casi anche quadruplo rispetto al costoannuale di un medico di medicina generale per ogni paziente (il costo di un intervento singolo al pronto soccorso è stimato in 250 euro contro gli 80 euro del costo annuale di un medico di base).

In ordine sparso, le Regioni si erano già mosse

La Corte Costituzionale, pur riconoscendo il diritto alle prestazioni sanitarie come “finanziariamente condizionato”, ha precisato che «le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana». A livello regionale, inoltre, in Emilia-Romagna, Puglia, Calabria, Marche, Abruzzo e Liguria è già stato garantito un medico di base alle persone senza dimora attraverso una legge regionale e con fondi regionali. In diverse altre regioni, tra cui Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, si stanno approvando leggi simili.

«Fino a questa legge» ha commentato Mariapia Garavaglia, Presidente Fondazione Roche «c’era un vuoto da colmare. Occorre implementarla quanto prima attraverso il lavoro delle Regioni.  Come Fondazione Roche siamo da sempre attenti alle disuguaglianze in ambito sanitario perché permettere che alcuni cittadini restino indietro per motivi di appartenenza sociale, geografica, economica o di qualsiasi altro tipo è una sconfitta per la collettività».

Oltre 96 mila i senza tetto iscritti all’anagrafe

Pur essendo la povertà assoluta una condizione sempre più diffusa e vigendo nel nostro ordinamento diritto-dovere di iscrizione all’anagrafe di tutte le persone stabilmente presenti sul territorio nazionale, la conoscenza del mondo dei senza dimora presenta diverse problematiche trattandosi di un fenomeno mutevole nel tempo e coinvolgendo persone che vivono ai margini della società, dal punto di vista relazionale e comunicativo.

Per chi è senza dimora, era già possibile iscriversi alle anagrafi comunali seguendo una procedura che consente di stabilire la residenza in una via fittizia territorialmente non esistente ma equivalente in valore giuridico. Secondo gli ultimi dati Istat, lo hanno fatto 96.197 persone in maggioranza uomini, di cui il 62% cittadini italiani. Le persone senza tetto e senza fissa dimora censite risultano iscritte all’anagrafe di 2.198 comuni italiani, e si concentrano per il 50% in 6 comuni a più alta intensità: Roma (23%), Milano (9%), Napoli (7%), Torino (4,6%), Genova (3%) e Foggia (3,7%).  Le persone senza tetto, senza dimora e coloro che vivono nei campi attrezzati e negli insediamenti tollerati o spontanei arrivano complessivamente a oltre 500.000 persone.

Foto di John Moeses Bauan su Unsplash

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