Mondo

Arafat è morto: e adesso?

Un'analisi dei possibili scenari futuri per l’Anp e delle tre fazioni in cui è divisa la comunità politica palestinese, orfana del suo leader storico

di Paolo Manzo

Il dopo Arafat verrà gestito da un triumvirato, composto dal primo ministro Abu Ala (Ahmed Qurei), il segretario generale dell’Olp Abu Mazen e il presidente del Consiglio Legislativo palestinese (il parlamento) Rawhi Fattuh. La divisione dei poteri si è progressivamente instaurata durante i giorni della malattia di Arafat, ma è stata formalizzata poche ore fa. Ad Abu Mazen è stata affidata la leadership dell’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Oltre a guidare il governo, Abu Ala è diventato capo del Consiglio Nazionale di Sicurezza. Presidente ad interim dell’Autorità Nazionale Palestinese è diventato Rawhi Fattuh. La legge fondamentale palestinese prescrive infatti che in caso di morte del presidente dell’Anp, tale incarico venga assunto ad interim dal presidente del parlamento per una durata di 60 giorni. Successivamente sono previste elezioni. Se non si riuscirà ad organizzare il voto entro il tempo previsto, hanno stabilito i leader palestinesi, i passi successivi saranno decisi dal Consiglio legislativo. Ma quali sono i possibili scenari di lungo periodo per l?Autorità palestinese, dopo la morte di Yasser Arafat? La prima ipotesi è quella di una lotta senza quartiere per la successione del leader palestinese. In primis perché, negli ultimi anni, Arafat non aveva contribuito a ?tirare su? un suo delfino. Vuoi per la sua volontà di non passare la mano, vuoi per l?opposizione di Israele che aveva tutto l?interesse affinché l?Autorità nazionale palestinese (Anp) restasse ?monca? nel momento – che oggi è arrivato ? in cui Arafat fosse stato costretto a lasciare la mano. Oggi né Abu Ala (l?attuale premier palestinese), né Abu Mazen (il suo predecessore), né Rawhi Fattouh (il presidente del Parlamento palestinese), né Mohammed Dahlan (il responsabile della sicurezza a Gaza) sembrano possedere la forza centripeta per attrarre attorno a sé le tante anime palestinesi che popolano i Territori. Da Al-Fatah all?Olp (entrambe guidate dallo stesso Arafat), passando per l?amministrazione e le forze di sicurezza palestinesi, ognuno è portatore di interessi propri, e molti analisti politici vedono nella morte di Arafat a Parigi il preludio per una lotta senza quartiere per assicurarsi il potere all?interno dei Territori. Altri analisti ? ed è questo il secondo scenario – vedono nella morte del 75enne leader palestinese l?opportunità per svoltare e tirare fuori dalle secche i negoziati tra Israele e Anp. Soprattutto perché, sia Sharon sia gli Stati Uniti, consideravano da tempo Arafat un leader poco credibile. Una posizione intransigente ma che aveva alcune ragioni d?essere nella storia recente dei negoziati israelo-palestinesi. Come dimenticare, infatti, il rifiuto di Arafat di quattro anni fa, mediate dall?allora amministrazione democratica presieduta da Bill Clinton, in quel di Camp David? In quell?occasione, era stato lo stesso Arafat a voler passare come il ?combattente?, piuttosto che come colui che siglava con Israele un accordo che avrebbe portato la Palestina all?indipendenza, garantendole il 99% delle richieste territoriali. Volendo schematizzare, oggi sono tre le correnti di pensiero all’interno della politica palestinese. La prima formata dai cosiddetti radicali, ovvero il Movimento della Jihad islamica in Palestina, Hamas, il Fronte Popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) e il Fronte Democratico per la liberazione della Palestina (FDLP), oltre ad alcune strutture locali di Al-Fatah tra cui l?ala militare, rappresentata dalle Brigate dei Martiti di Al-Aqsa. La corrente radicale ha, come modello regionale, la strategia degli Hezbollah attivi nel sud del Libano ed è convinta che la resistenza armata porterà risultati positivi alla causa palestinese. La seconda corrente di pensiero è quella dei lealisti: ne fanno parte i responsabili di Al-Fatah fedeli ad Arafat, tra cui il ministro degli Esteri Nabil Shaath e l?ex ministro degli Interni Hani al-Hassan e costituiscono l’ala maggioritaria nelle istituzioni dirigenti del partito, ovvero il Comitato centrale e il Consiglio rivoluzionario. La fedeltà al defunto leader palestinese è condivisa dalla quasi totalità dell’Anp e dai membri dei Servizi di sicurezza palestinesi formati dalla Sicurezza preventiva generale (SPG), dai Servizi Generali (SG) e Militari (Istikhbarat/RM) e dalla Polizia Civile palestinese (PC). Loro obiettivo è di fermare le operazioni contro i civili israeliani e limitare la resistenza alla legittima difesa. Anche se in linea di principio non si oppongono all’Intifada, i lealisti propongono un compromesso di resistenza ‘reattiva’ e non preventiva. Infine i moderati, ovvero alcuni intellettuali e qualche deputato, che godono del sostegno dei quadri dirigenti di Al-Fatah, tra cui Abu Mazen, e di qualcuno dei vecchi uomini forti dei Servizi di sicurezza palestinesi, come Mohammad Dahlan e Jibril Rajub. I moderati spingono per un nuovo tavolo dei negoziati, invitando i palestinesi a interrompere l’Intifada e a proporre una resistenza passiva o popolare mirata a porre fine all’occupazione e a proclamare lo Stato palestinese indipendente. Il ricorso alla violenza, sostengono, non ha portato ad alcun risultato e solo con i negoziati si potra’ far cadere il governo Sharon. Critici nei confronti dell’Anp, che secondo loro non ha saputo reagire alla militarizzazione dell’Intifada, i moderati chiedono una riforma delle istituzioni politiche. In conclusione, a prescindere da chi prevarrà e dal futuro scenario per la Palestina e il Medio Oriente, resta il fatto che, agli occhi dei palestinesi, Arafat oggi rimane il simbolo della loro lotta per l?indipendenza, il leader che li ha accompagnati attraverso due sanguinose Intifada. Sconfitto prima, poi malato, infine morto, comunque eroe. Come per anni fu considerato Nasser, che perse rovinosamente la Guerra dei Sei giorni ma che riuscì a coagulare attorno a sé tutto l?orgoglio represso della ?nazione araba?.


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