Mondo

Berlino. La città 15 anni dopo la svolta

Stefanie, il cuore al di là dei muri. Presidente di una cooperativa sociale, lavora per aiutare le ong in Russia. Perché oggi la capitale tedesca è la porta aperta verso l’Est

di Riccardo Bagnato

«Sono arrivata a Berlino nel 1995, e mi sembrava di vivere in una città appena bombardata, come dopo una guerra». Erano passati già sei anni dalla caduta del Muro, ma per Stefanie Schiffer, oggi direttrice della cooperativa sociale Deustch-Russischer Austausch e.V. (www.austausch.com), non si trattava più di passarci qualche giorno, ?di là dal muro?, ma di viverci. E viverci è tutta un?altra cosa. La prima volta che era stata a Berlino aveva 16 anni. «Mi ricordo che tutto era grigio, e le persone non mi sembravano particolarmente gentili. Così mi son messa a leggere un libro, Anna Karenina di Tolstoj, per evitare di andare in giro».

Quando si dice che un libro può cambiare la vita! Infatti Stefanie, dopo le superiori, comincia a studiare slavistica a Stoccarda, la sua città d?origine, nel Sud della Germania; si appassiona al mondo russo e nel 95 decide di tornare a Berlino. Qualche anno dopo diventa direttrice di una piccola cooperativa che si occupa di sostenere ong in Russia. Dopo il crollo del muro, infatti, Berlino è diventata, insieme a Vienna, una delle due porte principali verso l?Europa dell?Est. D?altra parte, dal 1961 al 1989, tanto è durata l?occupazione, si può ben parlare di ?sovietizzazione? della Germania dell?Est e di Berlino orientale, dove la presenza di cittadini russi è seconda solo a quella dei turchi. Ma come vivono i tedeschi a 15 anni dalla caduta del muro? Risposta: male.

All?inizio di settembre 2004, il settimanale Stern ha pubblicato un sondaggio dal titolo «Il nostro Paese diviso» secondo il quale i tedeschi dell?Ovest, che nei 15 anni trascorsi dalla riunificazione della Germania hanno fatto dell?Est la propria frontiera, soffrono di turbe depressive, cattivo umore, sfinimento, e covano una certa nostalgia per il tempo che fu.

A Berlino il 70% dei cittadini oggi riceve sussidi pubblici, grazie a uno Stato sociale non solo fra i migliori al mondo, ma vera e propria fonte di identità per tutti i tedeschi. Tanto che i 930 miliardi di euro trasferiti all?Est, negli ultimi 15 anni, non sembra siano bastati per fermare le Montagsdemo: per cui da mesi, ogni lunedì, le strade di Berlino, di Lipsia o di Dresda si riempiono di lavoratori, proprio contro la riforma dello Stato sociale voluta dal governo rosso-verde. Così, alla Zweckgemeinschaft (l?unione per interesse) invocata da Helmut Kohl al momento della riunificazione, l?unica parola tedesca che viene in mente oggi è Zweisamkeit, un gioco di parole che mette malinconia: fra zwei, due, e Eisamkeit, solitudine, una solitudine a due.

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