Cultura

Arafat è morto: una scheda del “signor Palestina”

Morto questa notte da esule l'uomo che per quarant'anni ha sognato lo stato palestinese

di Gabriella Meroni

Per quarant’anni e’ stato il signor Palestina, discusso, criticato, terrorista e premio Nobel per la pace, amato e odiato ma pur sempre e per tutti il simbolo della lotta dei palestinesi. Yasser Arafat, la cui morte e’ stata annunciata ufficialmente questa notte a Parigi, era nato nel 1929. Per l’anagrafe egiziana, il 24 agosto al Cairo. Ma lui ha sempre sostenuto di esser nato il 4 agosto a Gerusalemme e alcune biografie ne attribuiscono i natali a Gaza o in altre localita’. Anche il suo nome sarebbe Mohammed o Abdul Rahman e Yasser solo un nomignolo. La sua adesione alla causa palestinese risale ai primi anni Cinquanta, quando frequentava l’universita’ al Cairo. Nel 1956 partecipo’ alla guerra di Suez nelle fila dell’esercito egiziano. Successivamente ando’ in Kuwait e fondo’ nell’ottobre 1959 Al Fatah, un movimento di liberazione che, dopo la creazione dell’Olp nel 1964, ne diventera’ la principale componente. Entro’ in clandestinita’ e riapparve, dopo la guerra del 1967, con il nome di battaglia di Abu Ammar. Supero’ indenne il settembre nero del 1970, quando re Hussein scateno’ una repressione militare contro i feddayn e lo caccio’ dalla Giordania: il quartier generale dell’Olp si trasferi’ a Beirut. L’invasione israeliana del Libano nel 1982 lo costrinse a spostare la direzione dell’Olp a Tunisi. Musulmano sunnita, nel 1992 sposo’ di nascosto a Tunisi la propria assistente, la cristiana Suha Tawil, da cui ebbe una figlia. Nel settembre 1993, dopo trattative segrete tra l’Olp e Israele mediate dalla Norvegia, riusci’ ad arrivare alla storica firma della Dichiarazione di principi comune e alla indimenticabile stretta di mano con il premier israeliano Yitzhak Rabin a Washington, che gli valse l’anno successivo il Nobel per la pace. Nel 1994, dopo 27 anni di esilio, Arafat torno’ nei territori palestinesi e alla guida dell’Anp, nata in seguito agli accordi di Oslo. Nel 1996, con l’87,1% dei voti, fu eletto presidente dell’Anp. Dopo il fallimento degli accordi di pace di Wye Plantation e con l’inizio della seconda Intifada, nel settembre 2000, la leadership di Arafat venne apertamente messa in discussione da Israele e dagli Stati Uniti, che lo accusarono di incoraggiare il terrorismo, e anche da settori palestinesi: quelli radicali che lo consideravano troppo ‘morbido’ e quelli che denunciavano la corruzione della sua gestione politica e chiedevan una riforma dell’Anp. Dal dicembre del 2001, Arafat venne tenuto confinato nel suo quartier generale di Ramallah, che fino a maggio 2002 venne assediato dai carri armati israeliani per rappresaglia contro i crescenti attentati esplosivi che Israele gli rimproverava di non fermare. Sotto la pressione degli Stati Uniti, ideatori della Road map per la pace in Medio Oriente, nel marzo 2003 venne nominato alla guida del governo palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas), considerato un interlocutore piu’ credibile per i negoziati. Tra Arafat e il premier da lui designato si crearono pero’ da subito dei contrasti sulla linea da tenere, interpretati dagli osservatori come la dimostrazione che il vecchio rais non aveva nessuna intenzione di vedere scavalcata la sua leadership. Il 6 settembre dello stesso anno Abu Mazen si dimise e il rais lo sostitui’ subito con Abu Ala (Ahmed Qrea), presidente del parlamento palestinese e architetto degli accordi di Oslo sull’autonomia della Palestina. Pochi giorni dopo il governo israeliano decise di espellere il presidente dell’Autorita’ nazionale palestinese (Anp) dai Territori, provocando grandi manifestazioni di protesta da parte dei suoi sostenitori. Arafat in risposta al provvedimento affermo’: ”Nessuno mi caccera”’, ”moriro’ qui da Shahid” (martire). Ma il 29 ottobre, indebolito dalla malattia, smessa l’eterna divisa militare che indossava e la kefiah che sempre gli incorniciava la testa, in tuta azzurra, e’ partito su un elicottero per Amman, da dove un aereo lo ha portato in Francia a morire come un esule, come uno dei milioni della sua Terra. Queste le date piu’ importanti nella vita del presidente palestinese Yasser Arafat 1948 – con la creazione dello Stato di Israele, si rifugia a Gaza e poi in Egitto dove diventa presidente dell’Unione degli studenti palestinesi dal 1952 al 1956. 1959 – crea in Kuwait il movimento nazionale di Fatah 1964 – dichiara la lotta armata contro Israele 1969 – viene eletto presidente del Comitato esecutivo dell’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina), in clandestinita’ assume il nome di Abu Ammar (il padre di Ammar). 1974 – il vertice arabo di Rabat riconosce l’OLP come il solo e legittimo rappresentante del popolo palestinese. Il 13 novembre Arafat parla all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, arriva con la kefiah sul capo e la fondina al fianco (ma la pistola e’ rimasta fuori dall’aula) e pronuncia il celebre discorso ‘del mitra e dell’Ulivo’. Nel 1975 l’Olp e’ ammessa all’Onu come osservatore. 1982 – con l’invasione israeliana del Libano, Arafat, che vive a Beirut dal 1971, e’ costretto all’esilio in Tunisia 1988 – rinuncia pubblicamente al terrorismo 1994 – vince il premio Nobel per la Pace con i leader israeliani Yitzhak Rabin, assassinato il 27 ottobre 1995, e Shimon Peres, per gli accordi di pace firmati alla Casa Bianca nel 1993. Rientra nei territori palestinesi con la moglie Suha, sposata nel 1992 in segreto a Tunisi. 1996 – eletto presidente dell’Autorita’ palestinese 2000 – in settembre, scoppia seconda Intifada 2001 – in dicembre, e’ messo al confino a Ramallah, dove l’esercito israeliano lo tiene sotto assedio nel suo quartier generale diroccato 2002 – in giugno, il presidente americano George W. Bush lo dichiara politicamente morto 2003 – in settembre, il consiglio di sicurezza israeliano da’ parere positivo in linea di principio all’espulsione di Arafat dai territori. 2004 – crescenti difficolta’ con i suoi piu’ diretti collaboratori dopo che nel settembre dell’anno precedente ha licenziato il suo premier Abu Mazen per gravi dissensi. Il 29 ottobre lascia per sempre la Muqata, il suo quartier generale, per essere ricoverato a Parigi, dove muore l’11 novembre.


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