Dialoghi

Intelligenza artificiale: la scienza non sia schiava della tecnologia, ma la sua guida

Durante la prima giornata della VI edizione del Social Innovation Campus di Fondazione Triulza, l’economista Mario Calderini e lo scienziato Giuseppe Testa hanno dialogato sull’impatto dell'intelligenza artificiale nelle nostre società. Per Calderini, «è ancora un po' presto per produrre dei giudizi definitivi». Una strada, secondo i due studiosi, è quella di un approccio multidisciplinare. Tuttavia, «la vera interdisciplinarità è difficile da realizzare», sostiene Testa, perché «stiamo in un sistema che non la incentiva, anzi, in realtà la ostacola»

di Francesco Crippa

In un mondo sempre più complesso, alla ricerca scientifica serve un cambio di paradigma che permetta alla scienza di non essere serva della tecnologia ma, al contrario, di esserne la guida. In altre parole, l’uomo deve guidare l’innovazione, evitando che questa avvenga in automatico come frutto del progresso già raggiunto. A lanciare questo monito sono Mario Calderini, docente di economia al Politecnico di Milano, e Giuseppe Testa, professore di biologia molecolare all’Università degli studi di Milano e direttore del Neurogenomics human technopole. I due hanno dialogato di questi temi al Social Innovation Campus di Fondazione Triulza al Mind di Milano, davanti a una platea di giovanissimi, studenti di licei e scuole superiori.

Al centro del dibattito, l’intelligenza artificiale (IA): che fare? Come interpretarla? Per Calderini, «è ancora un po’ presto per produrre dei giudizi definitivi, perché le tecnologie quando arrivano non lo fanno mai nella forma definitiva, anzi spesso arrivano nella loro forma più disordinata, più brutta». Tuttavia, l’impatto inevitabile e già in corso d’opera che l’IA sta avendo sulle nostre vite impone di interrogarsi sul proposito di quello che si sta facendo con essa. Per farlo, avvisa l’economista, una competenza chiave è «chiedersi quali sono le ragioni sociali e politiche che determinano quella traiettoria e in qualche modo criticarle».

Mettere in discussione la traiettoria che si segue è ancor più necessario, sostiene Testa, dal momento che l’IA è come una «scatola nera». «Per la maggior parte di questi modelli non conosciamo come funzionano». Il che comporta il rischio di delegare il controllo a processi che non comprendiamo appieno, il rischio di vedere la scienza sottomessa «all’impero tecnologico». Insomma, governare il cambiamento invece che lasciarsi governare.

Capire da dove viene una certa tecnologia, intuire dove va, sapere chi c’è dietro e con quali scopi è fondamentale, al giorno d’oggi, perché si tratta di strumenti che plasmano e contemporaneamente studiano l’evolversi delle nostre società attraverso le interazioni tra i loro membri e la diffusione di nuove idee e pratiche. È qui che deve inserirsi la domanda di senso di cui sopra: come far tornare la scienza alla guida del processo di innovazione? 

Una strada, secondo i due studiosi, è quella di un approccio multidisciplinare, che garantirebbe una moltitudine di spunti, interrogativi e idee. Tuttavia, «la vera interdisciplinarità è difficile da realizzare», sostiene Testa, perché «stiamo in un sistema che non la incentiva, anzi, in realtà la ostacola». Interdisciplinarità, infatti, significa premiare chi vuole, innanzitutto, sapere. Il sistema in cui viviamo, invece, premia chi vuole saper fare. «Il rapporto tra queste due cose», continua lo scienziato, «è quanto mai centrale, proprio perché l’intelligenza artificiale ci apre praterie per una vera interdisciplinarità» perché ci dà la possibilità di «appaltare in maniera intelligente» e, così, avere tempo e modo di «curare la trasversalità».

In ogni caso, sottolinea Calderini, non bisogna agitarsi, perché l’umanità si è già trovata in una situazione analoga: «Alla fine dell’Ottocento il bene centrale dei sistemi produttivi economici era la forza. Quando ad un certo punto sono arrivati l’elettricità e il vapore a sostituire la forza, gli sconvolgimenti sociali che ne sono derivati sono stati molto simili» a quelli che si profilano oggi all’orizzonte a causa dell’intelligenza artificiale.

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