Dumping ambientale
Quote di carbonio, la transizione degli sciocchi. E dei furbetti
Secondo il report del think tank Ecco, solo il 9% degli Ets, le quote di emissioni di anidride carbonica, negoziabili per compensare appunto l'inquinamento, risulta essere impegnato nella lotta al cambiamento climatico. Secondo il rapporto, «una metà dei proventi delle aste di CO2 copre il debito pubblico, mentre ben 3 miliardi e 600 milioni sono già stati usati per misure emergenziali sul caro bolletta tra il 2021 e 2022, andando anche a rimpinguare i lauti extraprofitti delle compagnie oil & gas, quindi»

«L’Italia non può permettersi di sprecare i soldi per la transizione e l’autonomia energetica, due obiettivi importantissimi per il Paese e per le famiglie italiane»: con questo incipit, piuttosto tagliente, Wwf, Greenpeace e Legambiente intervengono duramente rendendo noto un report di Ecco, think tank dedicato alle questioni climatiche e che denuncia come, dei soldi ricavati dalla vendita delle quote di CO2, «solo il 9% risulti speso per misure che aiutano la lotta al cambiamento climatico». Secondo il rapporto, «una metà dei proventi delle aste di CO2 copre il debito pubblico, mentre ben 3 miliardi e 600 milioni sono già stati usati per misure emergenziali sul caro bolletta tra il 2021 e 2022, andando anche a rimpinguare i lauti extraprofitti delle compagnie oil & gas, quindi».
Eppure, come notano Wwf, Greenpeace e Legambiente, «mentre nel dibattito sul caro-bolletta si sente spesso evocare la proposta di usare i fondi Emission Trading System – Ets, il meccanismo della Ue per far pagare gli inquinatori del clima attraverso l’obbligo di comprare quote di CO2, in realtà quei soldi, destinati ad assicurarci in modo permanente proprio dal caro bolletta vengono sprecati o usati per finalità opposte. Poi si usa la carenza di fondi come motivo, o meglio scusa, per ritardare la transizione, il delitto perfetto».

Non solo, le tre organizzazioni aggiungono che, nel 2023, le industrie pesanti, come quelle dell’acciaio e del cemento, nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (Ets, appunto), ricevevano ancora la maggior parte dei permessi di inquinamento gratuitamente. Ebbene, un nuovo report, stavolta di Carbon Market Watch e Wwf, uscito oggi a Bruxelles ha stabilito che spesso queste aziende, «le stesse che in Europa costantemente si lamentano per i prezzi dell’energia, oltre alle mille facilitazioni, in alcuni casi hanno ricevuto più quote gratuite di quelle di cui avevano effettivamente bisogno, di fatto guadagnandoci».

L’elemento più sorprendente è che l’industria pesante europea abbia ricevuto «l’incredibile cifra di 40 miliardi di euro per inquinare nel 2023». Inoltre, quasi il 40% delle entrate dell’Ets nel Fondo per l’innovazione è andato alla cattura e allo stoccaggio/utilizzo del carbonio, mettendo potenzialmente da parte le vere soluzioni per la crisi climatica e per quella energetica, le energie rinnovabili e l’efficienza e il risparmio nell’uso dell’energia. Per le associazioni ambientaliste, «oggi occorre andare verso misure strutturali che, accelerando il passaggio all’energia pulita, permetta di liberarsi dal giogo del gas e, contemporaneamente, affronti la crisi climatica. Nell’anno in cui si devono definitivamente spegnere le centrali a carbone in Italia», concludono Wwf, Legambiente e Greenpeace, «come da impegni bipartisan assunti nella strategia energetica nazionale del 2016 e nei successivi Piani Energia Clima, appare un insulto che qualcuno riproponga invece la loro accensione, quando i soldi per le energie che davvero assicurano autonomia energetica sono stati spesi per pagare gli inquinatori».
Foto in apertura di Roentahlenberg su Pixabay.
Vuoi accedere all'archivio di VITA?
Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.