Welfare

Responsabilità d’impresa, il non profit ko

La legge che punisce i reati degli amministratori profit finisce per coinvolgere anche il Terzo Settore

di Benedetta Verrini

Il sì del governo al decreto legislativo che introduce la responsabilità amministrativa degli enti per i reati di corruzione commessi da amministratori e dipendenti coinvolge a pieno titolo anche il mondo del non profit. Le associazioni, le fondazioni e tutte le organizzazioni del privato sociale dovranno controllare l’operato dei propri dipendenti per non cadere in sanzioni pesantissime, come multe miliardarie e misure interdittive paralizzanti. Vita ha approfondito i punti più critici del testo di legge con l’avvocato Domenico Dodaro, civilista esperto di non profit. «Questo decreto, che attua la Convenzione Ocse sulla lotta alla corruzione, parla chiaro: i destinatari della nuova disciplina sono tutti i tipi di soggetti giuridici», spiega Dodaro. «Un panorama vastissimo, che coinvolge la realtà profit come quella non profit: dalle fondazioni alle società commerciali, dalle associazioni riconosciute e non riconosciute, alle organizzazioni non governative». In pratica, la responsabilità degli enti scatta solo per i reati di corruzione, concussione, truffa e malversazione ai danni dello Stato commessi da dirigenti o dipendenti “a vantaggio o nell’interesse” dell’ente stesso. «Tra queste fattispecie, quelle che possono coinvolgere più facilmente il mondo del non profit sono la malversazione a danno dello Stato e l’indebita percezione di contributi pubblici», continua l’avvocato. «Si tratta di reati commessi per ottenere contributi statali per ragioni di pubblico interesse o per altre finalità. Nel mondo del privato sociale c’è sempre un consistente interesse ad ottenere questi contributi, pertanto tali ipotesi di reato potrebbero rappresentare le più insidiose e frequenti. Mi pare invece più difficile che si possano verificare corruzioni e concussioni». Tra le sanzioni previste ci sono multe da 50 milioni a 3 miliardi di lire: «Applicate in base a un sistema che dovrebbe renderle più aderenti alla capacità economica dell’impresa», sottolinea Dodaro. «Sono più gravi le misure interdittive, come la revoca di licenze e autorizzazioni, l’interdizione dall’esercizio dell’attività. L’aspetto della legge che appare più preoccupante è l’eccessiva estensione della responsabilità dell’ente sui suoi dipendenti. Ad esempio: se è il dirigente dell’associazione che paga una mazzetta per ottenere un beneficio dalla pubblica amministrazione, è un conto. Se è un collaboratore o un dipendente uscito dal controllo gerarchico (ed etico) dell’associazione a commettere lo stesso illecito, diventa difficile pretendere che l’associazione debba essere punita. La capacità di controllo richiesta, insomma, è un po’ troppo vasta e difficilmente praticabile». La via d’uscita proposta dalla legge è l’adozione, in seno a ciascun ente, di modelli organizzativi tali da prevenire la commissione di questi reati (anche se su questo punto il governo non si è ancora pronunciato). «Meglio aspettare la pubblicazione del decreto prima di affannarsi a cercare rimedi gestionali», conclude Dodaro. «Infatti, serviranno anni di prassi giurisprudenziale per consolidare questo nuovo sistema di responsabilità». Il nuovo sistema sanzionatorio Reati Corruzione, concussione, truffa, peculato, malversazione Sanzioni principali Multa fino a 3 miliardi, confisca Misure interdittive Interdizione attività, sospensione di autorizzazioni, divieto di contrattare con la PA Esimenti Avere modelli organizzativi “virtuosi”


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA