Comitato editoriale WeWorld

Home Sweet Home: immagini di resistenza dalla Palestina

WeWorld inaugura alla Fabbrica del Vapore Milano una mostra fotografica, aperta al pubblico dal 21 febbraio all’11 marzo, che racconta storie di resistenza quotidiana dal territorio palestinese occupato attraverso gli scatti delle fotografe Michela Chimenti e Alessia Galli

di Redazione

Giovedì 20 febbraio alle ore 19 presso la Sala Colonne della Fabbrica del Vapore WeWorld inaugura la mostra fotografica “Home Sweet Home – Immagini di resistenza dalla Palestina” che racconta storie di resistenza quotidiana dal territorio palestinese occupato attraverso gli scatti delle fotografe Michela Chimenti e Alessia Galli, che nel loro viaggio in Cisgiordania hanno visitato anche i progetti di WeWorld, presente nel Paese da oltre 30 anni.  

Aperta al pubblico dal 21 febbraio all’11 marzo, la mostra, che vanta il prestigioso patrocinio del Comune di Milano, vuole condividere storie di resistenza, immortalate in scatti che raccontano l’esperienza di chi vive tra violazioni di diritti, occupazione e difficoltà quotidiane. Al centro dell’esposizione trovano infatti spazio testimonianze di resistenza, speranza e dignità, anche nei contesti più critici.

La mostra – curata da Micaela Calabresi – fa parte di un progetto fotografico lanciato a novembre che offre uno sguardo intimo sulla vita in Palestina e ogni immagine cattura storie che raramente trovano spazio sui nostri schermi. Per tutta la durata della mostra, le fotografie saranno disponibili a fronte di una donazione che sarà destinata ai progetti di WeWorld in Palestina – Cisgiordania e Gaza – e in particolare all’acquisto e alla distribuzione di kit mestruali e all’organizzazione di percorsi di formazione per donne e ragazze palestinesi. Un gesto concreto per migliorare le condizioni di chi vive ogni giorno gli effetti dell’occupazione.

«Occupandomi di povertà mestruale da quasi dieci anni, è straordinario e doloroso allo stesso tempo, vedere come le donne in parti del mondo e con culture così diverse, subiscano lo stesso identico stigma riguardante le mestruazioni. Le mestruazioni sono un tabù e anche solo osare dire la parola “mestruazioni” ad alta voce in pubblico è un tabù, e non c’è bisogno di andare all’estero per scoprirlo. Ecco perché è importante far sentire la propria voce su questi temi, a prescindere dal Paese in cui ci trova, perché lo stigma non ha confini. Quando però si arriva in zone di conflitto e occupazione, come la Cisgiordania, oltre allo stigma, le ragazze e le donne devono anche affrontare la scarsità o assenza di dispositivi mestruali. A questo si aggiunge l’accesso ad acqua pulita e a standard igienico sanitari non adeguati alle circostanze. La mostra vuole raccontare anche e soprattutto le conseguenze del conflitto e dell’occupazione sulla popolazione femminile palestinese», dichiara Michela Chimenti.

«Tornare in Palestina dopo il 7 ottobre ha avuto un impatto profondamente diverso rispetto alle volte precedenti. Camminare per le strade di Gerusalemme e Betlemme, tornare al mercato di Hebron e Nablus è stato uno shock: le strade solitamente gremite di profumi, colori e suoni, erano quasi spettrali. La tragica situazione non ha impedito ai palestinesi di raccontarci cosa stanno vivendo e di chiederci, per l’ennesima volta, di far sentire le loro voci nel mondo. Il pensiero che più ci sconvolge e a cui non sappiamo dare risposta, è che a distanza di pochi mesi non sappiamo che fine abbiano fatto le persone che abbiamo incontrato», racconta la fotografa Alessia Galli

«Lavorare per la giustizia mestruale in Palestina», spiega l’ong, «significa garantire a donne e ragazze il diritto di vivere le mestruazioni in dignità e sicurezza, nonostante le difficoltà imposte dall’occupazione. La povertà mestruale non riguarda solo l’accesso ai prodotti igienici, ma è anche fortemente condizionata dai tabù che limitano la libertà personale. A Gaza e in Cisgiordania, le restrizioni alla libertà di movimento e la scarsità d’acqua aggravano ulteriormente la situazione. Con i nostri progetti, vogliamo offrire soluzioni concrete e contribuire a creare un ambiente in cui i diritti mestruali siano riconosciuti come diritti umani fondamentali, al pari di tutti gli altri diritti, che in questa realtà sono sistematicamente violati».

«In Palestina ci troviamo in una situazione di perenne emergenza, ma il nostro impegno non si è mai fermato. Lavorare in un contesto così complesso significa rimanere attivi non solo nell’emergenza, ma anche nella costruzione del futuro. Al centro di tutto questo devono esserci i diritti delle donne, a 360 gradi. Siamo presenti in Palestina dal 1992 e continueremo a esserci, perché non abbiamo mai smesso di stare al fianco delle persone», dice Dina Taddia, consigliera delegata WeWorld.

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