Welfare

Bhopal: dopo vent’anni arrivano i risarcimenti

Si tratta di una somma totale di circa 350 milioni di dollari che, fra pochi giorni, verrà divisa fra le vittime di quello che e' considerato uno dei piu' gravi disastri ambientali del mondo

di Benedetta Verrini

A vent’anni dalla strage di Bhopal arrivano i risarcimenti. La Suprema Corte indiana ha stabilito di dare finalmente inizio, a partire dal prossimo 15 novembre, alla distribuzione del denaro dovuto a titolo di risarcimento ai sopravvissuti alla strage e alle famiglie delle vittime. Si tratta di una somma totale di circa 350 milioni di dollari che, fra pochi giorni, verrà divisa fra le vittime di quello che e’ considerato uno dei piu’ gravi disastri ambientali del mondo. All’indomani della strage, la Union Carbide, l’azienda americana proprietaria della fabbrica in cui avvenne l’esplosione che provoco’ la catastrofe, aveva sborsato, a titolo di risarcimento, circa 470 milioni di dollari, ma solo una piccola parte di questi soldi era poi stata effettivamente distribuita. La maggior parte del denaro, infatti, era rimasta bloccata nelle casse della Banca nazionale indiana, in attesa che le competenti autorita’ si pronunciassero sulla legittimita’ delle richieste di risarcimento pervenute e sulle modalita’ di distribuzione del denaro. Decisioni che sono state attese per vent’anni. Solo ora, con la pronuncia della Suprema Corte, questo ulteriore denaro potra’ finalmente essere distribuito. La Corte, tra l’altro, ha anche respinto la tesi della Commissione statale del welfare, secondo la quale la distribuzione del denaro non avrebbe dovuto avere inizio prima di terminare l’esame delle 11.000 domande di risarcimento ancora in sospeso. E’ stato tuttavia deciso di accantonare una piccola parte della somma da destinare, in un secondo momento, a soddisfare quelle domande che, tra queste undicimila, verranno accolte. Molto probabilmente ad accelerare la decisione della Corte hanno anche contribuito le numerose proteste della gente, stanca di aspettare ormai da vent’anni il riconoscimento di un diritto. Numerose le manifestazioni che, soprattutto in questi ultimi mesi, si sono svolte nelle principali citta’ indiane. L’ultima solo un paio di giorni fa, quando centinaia di persone, soprattutto donne, per la maggior parte vedove di uomini che lavoravano nella fabbrica della Union Carbide e morti durante la strage, si sono recate dinanzi al Parlamento indiano a New Delhi proprio per sollecitare lo sblocco della situazione. Alcuni dei sopravvissuti al disastro, tempo fa, avevano intrapreso uno sciopero della fame per protestare contro una giustizia, che, almeno fino ad oggi, sembrava non dover mai arrivare. La somma sara’ divisa fra le vittime del disastro in modo proporzionale, in base al numero di vittime avute in ciascuna famiglia e anche in base alla gravita’ dei danni riportati dai sopravvissuti. La strage di Bhopal risale al 1984. Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre, una fabbrica di pesticidi della Union Carbide, una azienda americana, esplose nella citta’, capitale dello stato del Madhya Pradesh, nel centro dell’India. Lo scoppio fece fuoriuscire una nube tossica che uccise migliaia di persone. Secondo dati di Greenpeace, circa settemila e cinquecento persone morirono nel sonno, altre 16.000 morirono in seguito, a causa degli effetti del gas fuoriuscito, e circa mezzo milione di persone ne hanno subito gli effetti. Pare che ancora oggi moltissimi siano, a Bhopal e dintorni, i malati cronici, che hanno subito menomazioni o contratto malattie a causa degli effetti dannosi provocati sull’ambiente da quella nube tossica, che ha contaminato anche acque e terreni, ancora oggi non del tutto purificati. Le falde acquifere della zona risultano ancora fortemente contaminate e molti sono ancora i rifiuti tossici abbandonati. Il presidente della Union Carbide, Warren Anderson, fu accusato di negligenza e incolpato della tragedia. Dopo due anni, coinvolto nello scandalo e nelle polemiche che ne derivarono, scappo’ dall’India e si ritiro’ in Florida. Su di lui pendono tuttora denunce di organizzazioni ambientaliste ma soprattutto un mandato di cattura internazionale. Ed e’ solo di qualche mese fa la notizia che gli Stati Uniti hanno rifiutato la richiesta per la sua estradizione, anche se il Governo americano ha tenuto a precisare che e’ stata negata solo per problemi burocratici. Della vicenda hanno raccontato, nel romanzo “Mezzanotte e cinque a Bhopal” (ed. Mondadori) anche Dominique Lapierre e Xavier Moro, portando al grande pubblico lo scandalo dell’impunità.


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