Cultura

Ogm: prof. Veronesi, che dice?

Roberto Pinton, del Consorzio biologico per lo sviluppo sostenibile, scrive al direttore de La Stampa contestando le dichiarazioni dell'ex ministro della sanità apparse ieri sul quotidiano torinese

di Gabriella Meroni

Egregio direttore, Le scrivo in qualità di direttore del Consorzio biologico per lo sviluppo sostenibile in relazione all?articolo ?Veronesi: «Gli Ogm? Il pericolo cancro viene dalla polenta»? pubblicato nell?edizione del 28 ottobre. Il nostro Consorzio associa circa 60 delle maggiori aziende italiane del settore biologico (da Granarolo a Esselunga, da Fattorie Scaldasole alla Centrale del latte di Brescia, da Galbusera al Salumificio Citterio, per circa un quarto del fatturato nazionale del settore). Nessuna delle imprese associate produce ?polenta? (lascio quindi a qualcun altro, il compito di contestare a La Stampa il titolo dell?articolo). Ma dato che il prof. Veronesi, per tirar acqua al mulino trasngenico, tira in ballo anche le coltivazioni biologiche, con affermazioni in grado di causare ingiustificato danno alle nostre aziende, devo chiederLe di entrare nel merito del contenuto. Nonostante la simpatia umana che suscita e l?autorevolezza che gli si attribuisce, infatti, il prof. Veronesi inciampa in numerose imprecisioni e alcune dichiarazioni destituite dal pur minimo fondamento. Nessuno dotato di minime competenze di genetica vegetale si riferirebbe al grano duro ?Creso? come a un OGM. Come dettaglia letteralmente la normativa comunitaria, gli organismi geneticamente modificati sono quelli in cui la modificazione genetica avviene con tecniche di ricombinazione del DNA, tecniche che introducono direttamente nell?organismo materiale ereditabile estraneo (ndr: di altre specie), fusione di due o più cellule con metodi non presenti in natura. Come l?attuale pisello nei confronti del pisello selvatico primitivo (il cui baccello era molto più piccolo e, a maturazione, esplodeva i proiettando i semi nell?ambiente circostante), il grano duro Creso rappresenta una mutazione rispetto a grani duri precedenti. il genoma originario è diverso da quello della varietà commerciale attuale, ma non contiene geni di altri organismi, quindi non è transgenico e non ha nulla a che fare con gli OGM. Ne consegue che è del tutto improprio sostenere ?Noi i cibi OGM li mangiamo da oltre 30 anni? riferendosi il grano duro. Le mutazioni avvengono normalmente in natura (è quella che si chiama evoluzione). Nel caso di selezione di piante (mutanti) e di incroci, le operazioni sono ?intra specifiche?: in parole povere, è come si accoppiassero un bracco francese e una spinona italiana: a vederli appaiono diversi, ma sono di un?unica specie. Le tecniche transgeniche OGM, al contrario, saltano le barriere di specie, inserendo materiale genetico di scorpioni o di batteri nel mais, geni di salmone nelle fragole e così via. In natura un meticcio di un bracco francese e una spinona italiana è possibilissimo (anzi, se la spinona è in periodo fecondo quando incontra in un prato il bracco francese, la cucciolata, più che possibile, sarà inevitabile). Ma se nello stesso prato facciamo incontrare una pianta di mais, una dozzina di scorpioni e qualche miliardo di batteri, non ci sarà assolutamente prole: le loro specie sono diverse e non mescolano i propri geni, e lo stesso accadrebbe se tentassimo di accoppiare un salmone con una piantina di fragole. Da parte nostra, tuttavia, non intendiamo assolutamente negare la possibilità di coltivare piante OGM a chi ne avesse l?uzzolo. Ma ciò solo purché la sua libertà di scegliere che sementi utilizzare non si traduca in un inquinamento (?tecnicamente inevitabile?, viene -ahimè- definito) delle nostre coltivazioni che, da parte nostra, vorremmo anche noi poter continuare a scegliere liberamente. Riteniamo quindi il ?minimo sindacale? che, finché una precisa norma di legge non salvaguardi gli imprenditori agricoli da contaminazioni non volute, in Italia non sia consentita la coltivazione di semi transgenici. Per quanto riguarda il mais, la piralide è solo una delle numerose cause che possono favorire lo sviluppo di tossine. Le altre dipendono da fattori di campagna e di magazzino, come umidità eccessiva, temperature elevate, infestazioni di insetti, forte concimazione azotata, monosuccessione e mancato ricorso alla rotazione delle colture, irrigazione impropria, utilizzo elevato di pesticidi durante la produzione, eccetera. Ritenere che combattendo la piralide si annulli il rischio aflatossine è una pia illusione che va perdonata solo per l?evidente incompetenza agronomica. Venendo al ?golden rice? a cui attribuisce il potere di eliminare la cecità, sono stati i nutrizionisti ad affossarlo, sostenendo che l?arricchimento di beta-carotene non è idoneo a risolvere la carenza di vitamina A. Citiamo Marion Nestle, direttore del Department of Nutrition and Food Studies della New York University (Journal of the American Dietetic Association Volume 101:289-290, 2001): ?Digestione, assorbimento e trasporto del beta-carotene richiedono un funzionamento efficiente degli organi digerenti, adeguate riserve proteiche e lipidiche, un buon apporto calorico e una dieta con equilibrato apporto di proteine e grassi? Proprio la deficienza nutritiva che il “golden rice” vorrebbe combattere è l’ostacolo alla sua efficacia (e, presumibilmente, a quella di altri prodotti geneticamente ingegnerizzati per arricchirli). La triste, ma banale verità è che per risolvere le carenze vitaminiche nei Paesi in via di sviluppo è necessario migliorare le condizioni socio-economiche delle popolazioni, garantendo pasti regolari e completi. Una volta risolto con una sufficiente alimentazione di base il problema delle carenze nutrizionali, è evidente l?inutilità di alimenti arricchiti. A condannare bambini e adulti alla cecità e alla morte non è la mancanza di un riso OGM, ma, più tragicamente, sono la fame e la malnutrizione, per eliminare le quali il nuovo riso Ogm è del tutto impotente e quindi inutile. Un?altra imprecisione, che però rasenta pericolosamente la mistificazione, è attribuire alle cautele sugli Ogm uno spirito antiscientifico. Nella realtà, è ad esprimersi a favore degli OGM per uso alimentare che si annovera solo una sparuta minoranza del mondo scientifico (sostanzialmente limitata a biotecnologi). Numerose iniziative critiche sulle produzioni transgeniche (non ultimo il Consiglio dei diritti genetici, organizzatore del recente convegno internazionale ?Scienza e società. La frontiera dell’invisibile: biomedicina, nutriceutical, nanobiotecnologie”) vedono l?adesione di autorevoli personalità nel mondo della genetica, biologi, biochimici, medici, tecnologi alimentari, patologi vegetali, ecologi, filosofi, fisici, economisti, teologi e così via. Considerare ?scienziati? solo i biotecnologi e oscurantisti tutti gli altri sembra quantomeno inappropriato. Il prof. Veronesi chiude l?intervista informando i lettori di La Stampa di considerare ?un regresso le coltivazioni biologiche?. Ci è ignota la fonte dalla quale trae queste conclusioni. Non certo dai documenti dell?Inran (l?Istituto nazionale che si occupa non di oncologia, ma di ricerca sugli alimenti e la nutrizione), da più anni impegnato in studi per confrontare i prodotti biologici e convenzionali. A dispetto dell?opinione personale dell?ex ministro della salute, l?Istituto informa di aver rilevato nei prodotti biologici una “presenza più massiccia di antiossidanti, molecole preziose per la nostra salute, dal momento che aiutano a prevenire cancro e malattie cardiovascolari”; che le pere biologiche contengono ?più zuccheri, più vitamina C e più antiossidanti rispetto alle pere convenzionali. Inoltre sono più morbide e succose e meno soggette agli attacchi di muffe e funghi, in grado, quindi, di conservasi meglio”; che le pesche “contengono più antiossidanti e una maggiore concentrazione di ferro e calcio (importanti per la crescita dei bambini) rispetto a quelle convenzionali. E risultano anche più gustose, dolci e profumate”; che le arance sono ?più ricche di antiossidanti?. Teniamo a disposizione per ogni approfondimento numerosi altri studi di identiche conclusioni. Considerazioni nutrizionali a parte, a favore dell?agricoltura biologica (che vede l?Italia leader nel mondo per numero di produttori e leader europeo per superfici sulle quali non s utilizza neppure un grammo di sostanze chimiche di sintesi, e che non si vede perché debba essere fatta bersaglio di attacchi gratuiti e infondati) si esprimono l?Unione europea e il nostro Ministero delle politiche agricole. La prima, nella comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del giugno 2004 dichiara: ?Lo sfruttamento dei terreni agricoli secondo i principi dell?agricoltura biologica apporta, come è risaputo, benefici alla collettività, soprattutto dal punto di vista ambientale, ma anche ai fini dello sviluppo rurale e, per certi versi, può anche migliorare il benessere degli animali. Considerato sotto quest?aspetto, lo sviluppo dell?agricoltura biologica dovrebbe essere incentivato dalla società?. Il secondo, da parte sua attesta: “Partita come fenomeno ristretto a pochi intenditori, anno dopo anno l’agricoltura biologica ha cominciato ad ampliare la sua fascia di consumatori, contagiando anche la grande distribuzione. Oggi possiamo tranquillamente affermare che rappresenta una delle punte di diamante della produzione agricola e del patrimonio enogastronomico italiano”. Roberto Pinton Consorzio biologico per lo sviluppo sostenibile tel.049.87.64.648


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