Welfare

Carcere. A Milano il primo caso in Italia. Francesco M. volontario a piede libero

Grazie a una nuova legge e alla sua attività sociale, un detenuto di 32 anni è potuto uscire di prigione. Per scontare la pena al servizio di un’associazione.

di Redazione

Libero grazie al volontariato. Potrebbe essere questo il titolo della vicenda di Francesco M., giovane papà di 32 anni. Il suo futuro pareva già scritto, quando, lo scorso 2 marzo la Guardia di Finanza gli trovò in macchina otto pacchi ben sigillati con dentro 185 chili di hashish. Un ?lavoro? che, fra l?altro, gli avrebbe fruttato non più di 6mila euro. La faccia da bravo ragazzo, il ricorso al rito abbreviato e una fedina penale illibata non sono sufficienti per evitargli l?ingresso a San Vittore, «dove», si stupisce, «otto detenuti su 10 sono lì per piccoli reati connessi alla droga». Ad accoglierlo, una cella del famigerato sesto raggio della prigione milanese: tre metri per tre, colonne di scarafaggi in movimento e cinque compagni di sventura: «ne ricordo due: un signore di 63 anni di cui 30 passati dietro le sbarre, e un ragazzo dentro per rapina, anche lui con una lunga detenzione alle spalle». Conoscenze che Francesco non ha però il tempo di approfondire. Nel suo passato da ragazzo di periferia prima a Buccinasco, ora a Magenta (entrambi comuni della cintura milanese), oltre a un diploma professionale da fotografo, c?è infatti il particolare decisivo che accende l?attenzione dell? avvocato Leonardo Tammaro: Francesco è un volontario della Uildm – Unione italiana lotta alla distrofia muscolare. «Avevo iniziato subito dopo la nascita di mio figlio. Lo aspettavamo da oltre quattro anni, e quando è arrivato con la procreazione assistita ho promesso che avrei fatto qualcosa per gli altri». Secondo radio carcere avrebbe dovuto scontare dietro le sbarre dai nove ai 14 mesi e invece a poco più di sette mesi dall?arresto eccolo qui, ancora una volta alla guida di un furgone dell?associazione, «condannato a prestare un?attività socialmente utile» per sei mesi. «Io fin dai tempi del servizio civile portavo i pasti agli anziani, a scuola i bambini di famiglie affidatarie, all?ospedale i dializzati e in palestra i disabili, figuratevi se per me questa si può chiamare condanna», sorride Francesco. E invece di questo si tratta. Lo ha deciso il giudice Guido Salvini, applicando per la prima volta in Italia la legge n. 145 dell?11 giugno 2004, che prevede la sospensione condizionale della pena sottoposta all?obbligo appunto di «prestare un?attività socialmente utile». «Certo è», spiega il suo difensore Leonardo Tammaro, «che se Francesco non avesse svolto attività di volontariato sarebbe stata tutta un?altra storia: con certi tipi di giudici avrebbe rischiato dai 4 ai 5 anni». Invece nella decisione della corte ha pesato, e non poco, «il rapporto di fiducia e stima che il condannato aveva intrattenuto precedentemente con l?associazione», ammette l?avvocato. L?assist decisivo, infatti, è arrivato da Alberto Fontana, presidente della Uildm nazionale, che si è presentato in tribunale con un memoriale che certificava l?attività di volontariato dell?imputato, oltre a assicurare la presa in carico di Francesco per i successivi sei mesi presso la cooperativa sociale Spazio Aperto di via Gorki a Milano. Il futuro del giovane ripartirà proprio da qui. «Mi piacerebbe continuare a lavorare nel sociale», conferma, «anche perché adesso io e mia moglie vorremmo una femminuccia». San Vittore è lontano. «Cosa mi porto fuori da quell?esperienza?» si domanda. «Il vizio per le sigarette e il caffè». Poteva andare peggio.


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