Anteprima magazine

Irene Facheris: allenare l’empatia per costruire pace

di Daria Capitani

Sul nuovo numero del magazine, la formatrice, attivista femminista e podcaster è una delle voci che abbiamo interpellato per riflettere sulla pace: «Se ci limitiamo a dire i nostri ideali senza ragionare sui comportamenti, non si tradurranno mai in azione». Per gli abbonati di VITA, la versione integrale dell'intervista, con contenuti in più rispetto al cartaceo

Porta un nome di origine greca che significa pace e in effetti alla pace pensa spesso. Da quando, bambina, andava ad aiutare la mamma nella sede del gruppo Emergency a Sesto San Giovanni. Oggi vive a Milano e ogni mattina s’imbatte in uno striscione appeso al cancello della scuola sotto casa: «Non esiste una via per la pace, la pace è la via». Quella frase, nella mente di Irene Facheris, risuona. Scrittrice, formatrice e podcaster, è attivista transfemminista, si occupa di studi di genere, diversity e soft skills.

Il mondo sul giradischi

Nella sua descrizione fissata in alto sul profilo Instagram, si racconta con un lato A e un lato B. Il primo tiene insieme esperienze professionali e di crescita personale, il secondo è un sincero resoconto delle sue fragilità: «Ho problemi di gestione dell’ansia e problemi di cuore […]. Sono incapace di gestire la solitudine e allo stesso tempo ho bisogno di stare da sola». Il lato A, continua, «è sicuramente più accattivante, ma sul mio giradischi c’è quasi sempre il lato B». La metafora funziona. E se la adottassimo per il mondo in cui viviamo? Quale dei due lati sta girando? «Credo che il lato A sia composto dai buoni propositi e dalle belle parole con le quali possiamo trovarci tutti d’accordo. Il lato B è lo sforzo che occorre compiere per trasformarli in azioni collettive. Se ci limitiamo a dire i nostri ideali di pace senza ragionare sui comportamenti che concretamente mettiamo in atto, rischiamo di non renderci conto che i propositi e le azioni non si muovono all’unisono».

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