Anteprima magazine

Art bonus, chi sono i nuovi mecenati

In dieci anni l'Art Bonus ha raccolto più di un miliardo di euro di donazioni, da 45.856 donatori. Le persone fisiche sono 28mila e una volta su due le donazioni che fanno stanno tra i 100 e i mille euro. Carolina Botti, direttrice di Ales: «Più che come un beneficio fiscale è riconosciuto come una modalità per sostenere il nostro patrimonio culturale e la produzione culturale»

di Sara De Carli

L’Art Bonus ha appena compiuto dieci anni. Si tratta senza dubbio del più grande beneficio fiscale che le donazioni hanno in Italia. I suoi numeri hanno dimostrato che – si tratti di aziende, enti non commerciali e fondazioni, cittadini – l’arte e la cultura non sono più “la cenerentola” della raccolta fondi né un ambito d’azione per pochi, ricchi mecenati. Quando un bene culturale è a rischio le persone si mobilitano perché in esso si riconoscono. Nella cultura c’è un valore identitario e affettivo ma sempre più spesso c’è un’altra dimensione che entra in gioco, quella che va oltre la conservazione di un bene ma quella che contribuisce al benessere di una comunità (incluso il donatore stesso). Carolina Botti è direttrice di Ales e referente del ministero della Cultura per l’Art Bonus. «La valutazione ad oggi è molto positiva, perché l’Art Bonus oramai è riconosciuto e ricercato proprio come una modalità per sostenere il nostro patrimonio culturale o la produzione culturale, non solo come un beneficio fiscale. Questa è una delle cose più belle», dice.

Partiamo dai risultati di questi dieci anni di Art Bonus: perché ha funzionato così bene, al di là del fatto che chiaramente è il più grande incentivo fiscale che abbiamo alla donazione?

Devo dire che dieci anni di osservazione effettivamente adesso ci fanno capire qual è la portata di un incentivo fiscale con una strategia culturale ben precisa. Fra gli obiettivi di questo bonus fiscale c’è proprio quello della sensibilizzazione e del coinvolgimento dei privati, quindi parliamo anche di singoli cittadini: da questo punto di vista devo dire che l’obiettivo è stato centrato perché, le statistiche ci dicono che la gran parte dei donatori sono persone fisiche, quindi sono i cittadini. E non si tratta, come diceva, solo grandi mecenati. Lo stesso vale anche per il mondo delle imprese, perché in fondo le piccole e medie imprese d’Italia sono realtà molto legate a un territorio. Analizzando il database vediamo che le donazioni da persone fisiche sono circa 28mila. Nel 31% dei casi abbiamo donazioni che vanno da 10 a 100 euro, nel 52% dei casi da 100 a 1.000 euro e nel 15% dei casi da 1.000 a 10mila euro. E poi abbiamo un 2% che va oltre i 10mila euro, che comprende anche qualche caso, eccellente e comunque sempre benvenuto, di grandi personaggi che possono permettersi anche a livello personale delle donazioni molto, molto importanti. Questo fa capire come le persone che donano per la cultura alla fine lo facciano con importi che sono abbastanza accessibili a tutti. In modo analogo, nel mondo delle imprese vediamo che il 47% delle donazioni delle imprese sta tra 1.000 e 10mila euro accanto al famoso 6% di donazioni superiori al milione di euro. Anche questo ci dà uno spaccato abbastanza interessante. Per cui, rispondendo alla sua domanda, no, la cultura non è appannaggio solo di grandi mecenati: proprio l’Art Bonus ci ha svelato questa lettura del mondo delle donazioni verso la cultura come fatto tanto da cittadini e imprese territoriali che vogliono dare il loro contributo.

No, la cultura non è appannaggio solo di grandi mecenati: proprio l’Art Bonus ci ha svelato questa lettura del mondo delle donazioni verso la cultura come fatto tanto da cittadini e imprese territoriali che vogliono dare il loro contributo

Che cosa si vuole sostenere, donando? Un bene che si riconosce come parte di sé e della propria storia o attività culturali, consci del beneficio che esse portano?

Qui spaziamo tantissimo. L’Art Bonus è uno dei pochi benefici fiscali disponibili verso il mondo pubblico che gestisce i beni culturali: qui chiaramente parliamo in prevalenza di beni immobili, quindi la tipologia di azione prevalente è quella del restauro, anche se non dimentichiamo tutti gli istituti e luoghi della cultura, quindi musei, biblioteche, archivi e così via che hanno progressivamente aumentato la loro capacità attrattiva. Da questo punto di vista abbiamo visto che i Comuni sono stati i soggetti più attivi, anche se io una riflessione la farei soprattutto per la categoria dei concessionari. I concessionari sono degli affidatari, rappresentano già il primo step di collaborazione tra pubblico e privato, perché presuppone che l’ente pubblico abbia identificato un privato per la gestione del bene culturale di sua appartenenza: il concessionario può fare delle raccolte fondi che beneficiano dell’Art Bonus per i beni immobili che loro gestiscono, quindi per tutta l’attività di manutenzione, protezione e restauro. Questi concessionari, che sono attualmente 385, hanno raccolto cumulativamente 195 milioni, che fatto un discorso pro capite, danno un valore di raccolta complessivo che è 3,5 volte maggiore rispetto a quello dei Comuni. Benché, come ho detto prima, i Comuni siano tra i soggetti i più vivaci e più interessanti: sono 1.191 con 176 milioni di raccolta. Facendo le proporzioni, significa che concessionari hanno un rating molto interessante di raccolta e questo è molto importante da sottolineare… In tutti i ragionamenti che si fanno sul tema della gestione pubblico-privata, questi sono dati concreti e dimostrabili, che dicono come questi rapporti possono essere rapporti virtuosi.

Carolina Botti, direttrice di Ales e referente del ministero della Cultura per l’Art Bonus

C’è un ambito che emerge sugli altri per vivacità di proposte e quindi di raccolta?

Il mondo dello spettacolo. Lì, tolte le strutture che per loro natura sono quasi enti pubblici, tipo le fondazioni liriche o altre che comunque hanno una governance che ha molto a che fare con il pubblico, troviamo tantissime realtà di natura privatistica, che sono molto vivaci. Nella realizzazione del famoso miliardo di donazioni fatte con l’Art Bonus, un buon 60% è costituito proprio dal mondo dello spettacolo. Questo ci fa capire anche come funziona lo strumento e quanto conti il fatto di essere molto vicino alla gente. È una doppia vicinanza: la più scontata è che nel caso del mondo dello spettacolo il donatore usufruisce in prima persona, da spettatore, di ciò che viene realizzato, gli ritorna indietro. Ma in molti casi qui si incrociano quei due temi che dicevamo all’inizio, quello dell’identitario e quello del welfare culturale: sono degli interventi che hanno anche delle connotazioni sociali e che i cittadini possono vedere più velocemente realizzati. Perché non nascondiamoci che il grande problema dell’opera pubblica importante, quella che richiede un sostegno milionario, è che necessita di un iter e dei tempi di realizzazione che non sono immediati. Quindi sicuramente il tema dell’immediatezza è importante per il singolo cittadino e questa dimensione c’è maggiormente nelle raccolte che hanno a che fare con il mondo dello spettacolo o con il piccolo restauro che coincide con il bene identitario, la fonte, la statua…

Il welfare culturale ha fatto già breccia o è ancora troppo presto?

Effettivamente abbiamo identificato tutta una serie di piccole e medie raccolte molto interessanti che hanno finalità sociali. Non rientrano proprio a pennello nel welfare culturale, nel senso di cultura come cura, però sono correlate. Io le definirei più come interventi con un impatto sociale in senso lato. Troviamo le raccolte fondi fatte per acquistare strumenti musicali per i giovani che devono suonare in formazioni concertistiche. Troviamo le iniziative “Regala un biglietto sospeso” che vanno a dare la possibilità ai non abbienti di accedere a delle produzioni culturali. Molte iniziative sono rivolte ai giovani, per favorire l’accesso alla formazione: per esempio l’associazione Senza Spine, che dà borse di studio per facilitare l’accesso degli under-35 nel mondo della musica. Musica con le Ali, un’altra associazione milanese, ha avuto più di 85mila euro per supportare i migliori giovani talenti della musica classica con opportunità professionali di crescita.

Lo sforzo che va fatto ora è questo: capire ritornare al donatore con un’altra proposta, magari su un filone unitario ma con diversi obiettivi o oggetti, per consolidare nei cittadini la possibilità di reiterare la donazione

Sono proposte occasionali e sparute, oppure le pare che ci sia un trend?

La cosa interessante è che queste raccolte legate al mondo dello spettacolo sono più ripetitive, si ripetono ogni anno. Notiamo che questi filoni di raccolte fondi poi diventano parte integrante della programmazione culturale in senso stretto. Questo fa un po’ la differenza e anche qualche Comune sta iniziando a farlo: quelli che hanno iniziato ad utilizzare in modo più strutturato l’Art Bonus – l’esempio oramai classico è il Comune di Perugia – lo fanno con continuità nel tempo, hanno messo l’Art Bonus proprio come parte della programmazione e questo consolida nei cittadini magari la possibilità di reiterare la donazione, perché diventa quasi come se uno quell’intervento lo mettesse un pochino nel budget delle spese dell’anno. Questo è ciò che succede a molti di noi: quando fai una donazione, se poi quell’ente te lo richiede più o meno ogni anno, se tu mantieni la fiducia in quello che fanno, doni ancora. Credo che lo sforzo che va fatto ora nell’ambito dell’Art Bonus e della cultura è questo: chiaramente è più semplice per il mondo dello spettacolo, che ha di suo una programmazione annuale e ripete la richiesta di sostegno… Per i Comuni e i concessionari è uno sforzo in più, ma bisogna proprio cercare di capire come può essere strutturata questa reiterazione di proposte che generino poi questo ciclo virtuoso, cioè identificazione della buona causa, messa in opera di tutto il processo di fundraising, raggiungimento dell’obiettivo e poi ritornare al donatore con un’altra proposta, magari seguendo un filone unitario ma con diversi oggetti o obiettivi. Quindi questa è un po’ la sfida.

Qual è in sintesi il suo bilancio di questi primi 10 anni?

La valutazione ad oggi è sicuramente molto positiva, perché l’Art Bonus oramai è riconosciuto più che come un beneficio fiscale proprio come una modalità per sostenere il nostro patrimonio culturale o comunque la produzione culturale. Questa è una delle cose più belle, perché è legato molto ad un tema progettuale. L’Art Bonus cioè non è visto in modo asettico come “se faccio questa donazione, ho indietro il 65%”, c’è di più.

Laboratorio di Dance Well, pratica artistica di movimento rivolta principalmente a persone con il Parkinson, promossa da Fondazione Civico Teatro di Schio

Come farlo conoscere di più?

Una delle cose che ci promettiamo di fare è sicuramente sempre più informazione e più formazione, perché è fondamentale. E magari specializzarla per ambiti specifici, per esempio per tipologia di luoghi della cultura, perché che hanno delle caratteristiche peculiari. Abbiamo rilanciato la Pubblicità Progresso, che è un grandissimo strumento per informare i cittadini: è stato realizzato un nuovo spot veicolando il messaggio che la donazione dei cittadini è un contributo fondamentale non solo per il sostegno attuale del nostro patrimonio culturale, ma anche per la sua valorizzazione futura, quindi per le generazioni che verranno. Altri processi formativi sono stati e saranno rivolti al ministero che è la struttura per cui lavoriamo. Sicuramente riapriremo un discorso con l’Anci, per trovare modalità di collaborazione sempre più dirette e anche con tutto il mondo del fundraising. Siamo molto felici anche del fatto che l’Art Bonus abbia dato una spinta notevole al fundraising culturale e che abbia consentito di sviluppare anche nuove opportunità professionali che fanno del bene a tutti, perché se i fundraiser aiutano il mondo pubblico e privato a veicolare fondi per il sostegno della cultura, è un circolo virtuoso che si innesca. Noi quindi continueremo nella nostra attività, rafforzando l’informazione e la formazione, specializzandola un po’ e veicolando sempre di più le buone pratiche che si possono condividere. Per quanto riguarda ciò che auspichiamo si faccia a livello governativo… è ovvio che maggiore è l’ampiezza di azione dell’Art Bonus e maggiore la platea che ne può beneficiare, maggiori saranno i risultati che si raggiungono. Ma questo dipende anche dagli obiettivi di finanza pubblica.

Il X Italy Giving Report è contenuto nel numero in distribuzione di VITA: sedici pagine dedicate alle donazioni, con un focus sul fundraising per la cultura. Le cinque best practice che abbiamo raccontato vengono da Bologna, Empoli, Torino, Schio e Catania. Lo presenteremo mercoledì 12 febbraio alle 17,30 sui canali social di VITA. In apertura, visita del teatro riservata ai sostenitori, a cura dello staff del Teatro Civico di Schio, foto di Luigi De Frenza

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.