Volontariato

E Milano rende impossibile il sogno di Adelmo e Donata

L'odissea di un gruppo di giovani disabili nei meandri delle istituzioni

di Redazione

«Le faremo sapere». Quante volte questa frase è rimbalzata dalla scrivania di qualche burocrate in faccia al cittadino che attendeva un sì o un no? Tante, ma una di più rimbalza, da due anni, in faccia a Donata Scannavini e a suo marito Adelmo Riminucci, due trentenni disabili di Milano, e al loro sogno: fondare una comunità per disabili gravi che vogliono uscire dalla famiglia e costruirsi una vita indipendente. Di giovani così, solo a Milano, ce ne sono 80 iscritti in una speciale lista di attesa presso i Servizi sociali. Ma in Italia si calcola che siano almeno 100 mila le persone con notevoli difficoltà fisiche o psichiche e il desiderio di non pesare più sugli anziani genitori. La prima volta che Adelmo e Donata si scontrano con il silenzio delle istituzioni è nel 1999, quando, insieme alla cooperativa Tensioni Creative – che li affianca nel progetto – mettono gli occhi su un’area dismessa: un ex mercatino comunale, in via Graziano Imperatore, in cui di notte si rifugiano immigrati e disperati. Interpellano il Consiglio di zona, che li rimanda all’ufficio del Demanio. Qui scoprono di dover partecipare a un bando di assegnazione con tempi incerti. Insomma, si deve aspettare. E Donata, che ha sempre affrontato il suo handicap come una condizione di vita, non una condanna, aspetta. D’altra parte non sarà certo lei, tostissima ultima figlia di sette fratelli, che è riuscita, nell’ordine, a laurearsi, sposarsi e fondare una cooperativa in pochissimi anni, a spazientirsi per un po’ di burocrazia. Anzi: per partecipare al bando fonda, con altri amici, una cooperativa sociale di tipo A, Tensioni Innovative, e presenta una domanda all’Aler, l’istituto per l’edilizia popolare. Anche lì le faranno sapere. Avendo attivato due canali, però, Donata è tranquilla: tanto – pensa – sarà solo questione di tempo. E così è: a luglio del 2000 il primo canale si chiude: l’Aler risponde di non avere un appartamento abbastanza grande per una comunità. La settimana scorsa, invece, in una delle tante telefonare «per sapere a che punto siamo» al Demanio, i ragazzi di Tensioni Innovative scoprono che i locali sono già stati assegnati a un’altra associazione. C’è un’ultima carta, però: Donata adocchia quattro villette alla Bovisa, di cui una affittata a un’altra associazione, e le altre murate da trent’anni. «A noi ne basterebbe mezza», dice ai responsabili della Asl, cui gli edifici appartengono. Del resto, se le altre organizzazioni non profit ce la fanno… perché loro no? L’Asl risponde però di non essere certa che le villette siano tutte di loro proprietà (sic!), e la regione Lombardia, cui la Asl fa capo, ribalta la frittata invitando Donata e i suoi amici a «far loro sapere» gli sviluppi della situazione. Che ovviamente non ci sono. «Nessuno si prende l’onere e l’onore di darci risposte», conclude Donata. «Ma noi le pretendiamo, anche se negative». Intanto la cooperativa ha aperto uno sportello informativo su disabilità e burocrazia (tel. 02.6471560). Con un motto: non rispondere mai «le faremo sapere».


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