Sostenibilità
La filiera delle cooperative in dieci anni ha ridotto del 30% lo spreco alimentare
In vista della Giornata nazionale della prevenzione dello spreco alimentare (5 febbraio), Confcooperative sottolinea i risultati ottenuti attraverso innovazione, sostenibilità e collaborazione con enti locali, enti non profit e ristoratori. Nell'ultimo decennio donati 10 milioni di pasti caldi
di Redazione
Le cooperative sono un modello virtuoso per combattere gli sprechi alimentari. Lo sostiene Confcooperative, dati alla mano, in vista della Giornata nazionale della prevenzione dello spreco alimentare in programma domani, mercoledì 5 febbraio: negli ultimi 10 anni la cooperazione agroalimentare, che porta sulle tavole un prodotto su quattro, ha investito in innovazione e sostenibilità riducendo del 30% gli sprechi lungo la filiera produttiva. E per i prodotti alimentari che non hanno sbocco commerciale, sono stati donati nell’ultimo decennio oltre 10 milioni di pasti caldi grazie alle cooperative sociali e alla collaborazione con altri enti non profit.
«Abbiamo a cuore l’obiettivo dell’Agenda delle Nazioni Unite che chiede di dimezzare lo spreco di cibo fra il 2015 e il 2030, basterebbe tagliare da oggi fino al 2029 circa 50 grammi di alimenti buttati a settimana, circa 7 grammi al giorno», spiega Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative.
Dalle cooperative arrivano tanti esempi virtuosi nel segno della sostenibilità. Per frutta e verdura che non trovano sbocchi nella vendita del fresco si punta sull’impiego industriale per realizzare, per esempio, succhi e conserve. Ma lo spreco si combatte anche educando il consumatore. È il caso di alcune cooperative che hanno deciso di puntare sulla valorizzazione di parti meno nobili dei prodotti, come quelle di carni e salumi, grazie alla collaborazione con enti locali e ristoranti. Così, alimenti che sarebbero destinati a finire nei rifiuti vengono trasformati in vere e proprie risorse attraverso corsi che insegnano come cucinare quelli che solo in apparenza possono essere trattati come scarti alimentari domestici.
Precisa Confcooperative: «Che sia una spesa di terra o di mare, per evitare di buttare via il cibo, gli italiani utilizzano strategie diverse: il 36,84% sceglie di acquistare solo piccole quantità, il 31,58% solo quello che occorre, il 15,79% congela i prodotti in scadenza, il 10,53% si cimenta in ricette di cucina creativa con gli avanzi, il 5,26% acquista prodotti a lunga scadenza».
Pesci, molluschi e crostacei freschi sono prodotti che, per quattro italiani su cinque, difficilmente finiscono in pattumiera per il costo e le abitudini di acquisto a ridosso dell’impiego in cucina, come emerge da una indagine condotta da Confcooperative. Tra i prodotti ittici freschi, è il tonno a fare la parte da leone, tanto da meritarsi l’appellativo di “maiale del mare”, visto che – come per il maiale di terra – non si butta via nulla. In questo caso, gli sprechi vengono abbattuti già in fase di produzione realizzando prosciutto, salsicce, salame di tonno e bottarga. Ma anche le lische e le teste dei pesci, nobilitati nelle zuppe, sono un’ottima strategia anti-spreco. Fa eccezione il granchio blu, tre volte simbolo dello spreco perché ha distrutto oltre il 70% delle produzioni delle vongole veraci del Delta del Po, per la sua scarsa resa in cucina visto che solo un 15% del prodotto, ovvero la polpa, viene impiegato e perché i pescatori sono costretti a buttare via il 90% degli esemplari, da cui guadagnano al massimo 1,50 euro al chilo (quelli più piccoli e le femmine non sono richiesti dal mercato). Nel segno della lotta agli sprechi anche i tanti negozi di prossimità del sistema cooperativo, che favoriscono acquisti “salva spesa” destinati non a riempire la dispensa ma a comprare solo quando serve davvero.
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