Giovani

Fondo care leavers, la sperimentazione alla resa dei conti

La Corte dei conti, in un dossier di 172 pagine, analizza i costi e i risultati del fondo per accompagnare all'autonomia i ragazzi fuori famiglia, usciti dalle comunità al compimento dei 18 anni. Promossi i tassi di inserimento nel mondo del lavoro, criticità invece sui numeri troppo piccoli. «La sperimentazione è durata troppo a lungo, ora il Governo decida cosa vuole fare» è il succo del messaggio dei guidici contabili

di Francesco Dente

un msna neomaggiorenne tiene tra le mani le candeline dei 18 anni

La Corte dei conti richiama il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sulla sperimentazione del “fondo care leavers“, la misura finalizzata a prevenire l’esclusione sociale dei neo maggiorenni che vivono fuori della famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria. Si tratta di ragazzi, ad esempio, che sono stati collocati in comunità o sono in affidamento familiare per sottrarli a violenze o a situazioni di degrado familiare ma che, diventati maggiorenni, escono dai circuiti protetti rischiando così di vanificare il lavoro di cura svolto.

Secondo i giudici contabili, è ora di avviare alla conclusione il progetto e di decidere se accantonarlo o portarlo a regime inserendolo fra le misure di sostegno alle fragilità. La sperimentazione non può durare in eterno, insomma, afferma il corposo rapportoLe misure per contrastare le fragilità: Fondo Care Leavers (2018-2023)”.

Il fondo, finanziato nel complesso con 30 milioni di euro, ha avuto una durata iniziale triennale (2018-2020) seguita da una seconda fase estesa al triennio 2021-2023. Sei anni durante i quali, scrive la Corte dei conti, sono emerse «luci, in termini di attenzione alla problematica, ma anche alcune ombre sul grado di conseguimento degli obiettivi posti dal legislatore». I giudici, in particolare, hanno messo sotto la lente più aspetti dello strumento di welfare, a partire dalla gestione finanziaria.

Il nodo delle risorse: spesi 23,8 mln su 30

Alle risorse nazionali del fondo per la sperimentazione dovevano affiancarsi anche quelle regionali per una quota pari al 20% delle risorse assegnate a ciascun territorio (con l’eventuale conseguente assegnazione di quote premiali di risorse statali). Ebbene, l’analisi effettuata ha dimostrato che alcune regioni – in particolare Abruzzo, Campania e Puglia – non hanno destinato una quantità di fondi corrispondente alla percentuale prevista dalle norme. Oltre a ciò, in alcuni casi le risorse non sono state utilizzate in quanto considerate sovrabbondanti rispetto al fabbisogno evidenziato a livello locale. Allo stato dell’istruttoria risultano attributi complessivamente alle regioni 23,8 milioni di euro su 30.

Il nodo della governance

La Corte dei conti ha acceso un faro anche sulla governance del progetto. Troppo complessa per i giudici contabili. Una cascata di soggetti che parte dalla Cabina di regia nazionale e arriva ai tavoli di ambito locale. L’eccessiva articolazione a livello centrale e territoriale «ha rappresentato allo stesso tempo un’opportunità di sviluppo per la misura ma anche un appesantimento del meccanismo di funzionamento che non le ha certo giovato e che dovrebbe essere, per alcuni aspetti, ripensato», chiosano i magistrati.

Il progetto individuale

Il rapporto entra poi nel merito della strumentazione di cui si è avvalsa la sperimentazione, in primis il progetto individuale di autonomia, da predisporre con ampio anticipo rispetto al compimento della maggiore età da parte del minore. Peccato che, nonostante i risultati positivi raggiunti, il progetto abbia coinvolto inizialmente giovani di diciotto-diciannove anni e un numero molto esiguo di diciassettenni. Il numero dei beneficiari di un progetto individualizzato di autonomia è stato di 1.010. Dai dati relativi alla distribuzione su base regionale dei destinatari al primo posto si colloca la Lombardia con 177 care leavers, seguita dal Veneto (120) e dal Piemonte (106). Altro strumento importante è stato il contributo economico fornito attraverso la borsa di autonomia di 780 euro mensili massimi: appena 277 a livello nazionale. Numeri decisamente più piccoli. Basti pensare che la Lombardia, che ha fatto registrare il valore più alto, ha assegnato 61 borse.

Ingresso nel mondo del lavoro, un punto di successo

Centrale per la realizzazione del progetto è stata la figura del tutor per l’autonomia (361 soggetti a fronte di 1.191 assistenti sociali) che ha affiancato la famiglia di origine o affidataria dalla quale erano usciti i ragazzi. Va ricordato, a tal proposito, che la normativa del 2020 ha inserito i ragazzi coinvolti nel progetto fra i soggetti beneficiari delle assunzioni obbligatorie (collocamento mirato in base alla legge n. 68/1999). È stato proprio l’ingresso nel mondo del lavoro uno dei principali punti di forza del progetto di autonomia. Dalla comparazione tra l’analisi preliminare e la scheda di chiusura dei progetti individuali dei soggetti beneficiari è emersa una riduzione importante della percentuale di neo maggiorenni nella condizione di studente (passati dal 51,6% al 13,7%) e una riduzione anche dei disoccupati (passati dal 6% al 3,8%), a fronte invece dell’incremento della percentuale di giovani con occupazione a tempo determinato (passati dal 5,6% al 28,9%) e di quelli con un lavoro stabile (part-time o a tempo determinato passati dal 3,3% al 13,7%).


Nel complesso, i numeri analizzati inducono i magistrati contabili a esortare il ministero a concludere la sperimentazione, «protrattasi per un periodo decisamente lungo», decidendo se e come dare continuità e stabilità al progetto Care leavers tenendo conto del fatto che permangono «le esigenze e i bisogni» dei neo maggiorenni che vivono al di fuori della famiglia, a cui «devono essere fornite adeguate risposte».

In apertura, foto di Gianfranco Ferraro per Save the Children. Il rapporto Nascosti in piena vista sui minori stranieri non accompagnati, presentato a dicembre 2024, ha un focus proprio sui neomaggiorenni. I msna, tra l’altro, nonostante le pressanti richieste delle organizzazioni di Terzo settore, non hanno mai potuto accedere alla sperimentazione di cui si parla in questo articolo.

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