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Finanziaria: la ricetta Siniscalco a Montecitorio

La presentazione della legge di bilancio fatta dal ministro dell'Economia, così come l'ha esposta ai deputati

di Benedetta Verrini

Si è appena conclusa a Montecitorio la presentazione delle linee guida della legge finanziaria: il ministro Domenico Siniscalco, che ha iniziato il suo intervento questa mattina, ha ripreso a parlare alle 14. Nel suo discorso il ministro ha tracciato anche un quadro sulla finanza internazionale e dell’Unione Europea, e ha parlato degli effetti dell’aumento del prezzo del petrolio. Ecco i principali stralci di quanto ha detto ai deputati, dallo stenografico della Camera: DOMENICO SINISCALCO: (Sul DPEF) Se ci concentriamo sulla diagnosi relativa all’Europa, incentrata sulla necessità impellente di riforme strutturali, si comprende l’architettura del nostro DPEF. Tale architettura, fin da luglio, era composta da tre parti distinte: l’aggiustamento di bilancio, le riforme per lo sviluppo e la parte relativa al debito. Le riforme per lo sviluppo costituiscono una parte integrante della nostra politica economica, come peraltro anche indicato nella nota di aggiornamento al DPEF con una frase da noi aggiunta deliberatamente quando, nell’edizione redatta a cura del Servizio studi, si afferma che, unitamente alla legge finanziaria, sono previsti provvedimenti relativi a due fondamentali filoni: il potere d’acquisto, da un lato, e la competitività, dall’altro. Questi sono i due pilastri «proattivi» della politica economica, che si affiancano alla legge finanziaria vera e propria, da oggi all’esame del Parlamento, la quale invece reca eminentemente l’aggiustamento di bilancio. Sugli obiettivi programmatici non ci siamo assolutamente scostati da quelli indicati nel DPEF, così come nelle variabili sottostanti. (sulla SPESA CORRENTE) Il tema rappresentato dai tetti è tra quelli che più hanno appassionato il dibattito in corso, in quanto il modo con cui abbiamo cercato di affrontarlo è sicuramente innovativo. Aggiungo ancora che, grazie alle misure contenute nella legge finanziaria, il saldo corrente torna in equilibrio, dopo avere accusato un disavanzo dello 0,2 per il 2004, e sarà destinato a tornare gradualmente in attivo, così come anche il saldo primario tenderà ovviamente a migliorare. Quando affermo che tutto è destinato ad aumentare nel nostro calcolo, intendo tale frase sia in termini nominali che reali, ipotizzando un’inflazione per il 2005 intorno al 2 per 100. La spesa corrente passa da 535 miliardi a 549 miliardi, con un incremento di 14 miliardi, pari al 2,6 per cento. Tale differenziale di aumento della spesa corrente rappresenta la media ponderata tra il 2 per 100 del tetto, che riguarda la maggior parte delle spese, e il 3,9 per cento, che riguarda le pensioni e le altre prestazioni sociali: in media, 2,6 per cento. (sulla PRESSIONE FISCALE) Passando alla pressione fiscale – si tratta di un tema che, ovviamente, interessa notevolmente i contribuenti, nonché il Parlamento – essa complessivamente è stata pari a circa il 42 per cento fin dal 2000 e al 42,8 per cento nel 2003, grazie ai condoni, mentre quest’anno è pari al 41, 8 e scende fino al 41,4. (sul TETTO DEL 2%) Vengo al punto che è stato sollevato nel dibattito dei giorni scorsi. L’articolo 2 del disegno di legge finanziaria, che è effettivamente innovativo, prevede che il tetto del 2 per cento sia applicato al perimetro delle pubbliche amministrazioni rilevante per l’indebitamento netto «versione Maastricht». Sono previste alcune eccezioni, sulle quali mi soffermerò successivamente, ma ci si aggancia alla nozione di indebitamento netto rilevante per l’Unione europea e per i mercati (salvo alcune voci che non si potevano non escludere). (sui SINGOLI ARTICOLI DELLA FINANZIARIA) Gli articoli da 3 a 8 mettono in pratica – con un neologismo orrendo si può dire «implementano» – l’articolo 2. In particolare, l’articolo 3 è relativo ad autorizzazioni di spesa e bilancio; l’articolo 4 si occupa di quelli che vengono definiti in gergo i «grandi fondi» (il fondo per il Mezzogiorno, il fondo per il Ministero delle attività produttive, e via dicendo); l’articolo 5 reca disposizioni sulla tesoreria; l’articolo 6 è relativo al patto di stabilità interno; l’articolo 7 prevede norme in materia di altri enti, ai quali non si applica il 2 per cento; l’articolo 8 è relativo alle regioni e al fondo sanitario nazionale. L’articolo 2, come accennato, prevede alcune eccezioni. Esse sono relative agli organi costituzionali, alla spesa per interessi, alle prestazioni sociali in denaro connesse a diritti soggettivi e ai trasferimenti all’Unione europea a titolo di risorse proprie. L’articolo 3 riguarda le autorizzazioni di spesa e il bilancio. Il comma 1 si occupa delle autorizzazioni legislative di spesa e degli stanziamenti iniziali di competenza e cassa contenuti nel bilancio; il comma 2 è relativo alle riassegnazioni di entrate, ai fondi di riserva per spese obbligatorie e d’ordine e ai fondi di riserva per le spese impreviste. L’articolo 4 riguarda i grandi fondi, l’articolo 5 la tesoreria; l’articolo 6 è relativo al patto di stabilità, l’articolo 7 concerne gli altri enti a cui si applica il valore del 2 per cento ed, infine, l’articolo 22 riguarda la sanità. Come ho già accennato, per il settore del pubblico impiego, a parità di numero di addetti (ad ogni soggetto che esce ne corrisponde uno che entra) e tenendo conto del valore del 3,7 di aumento implicito nei contratti (tale valore riguarda un arco di tempo biennale, e di conseguenza è compatibile con il tetto del 2 per cento) l’andamento tendenziale, grazie ai diversi automatismi, rientra entro il limite del due per cento. (sulla SPESA SANITARIA) Per quello che riguarda la spesa sanitaria – come tutti sapete -, l’abbiamo incrementata del 2 per cento, non rispetto al fondo sanitario dell’anno scorso, che era troppo basso e tutti lo sapevamo, ma rispetto alla spesa effettivamente realizzata nell’anno. Naturalmente la disciplina dell’intera materia è subordinata ad un’intesa tra il Governo e le regioni – io stesso e il sottosegretario Vegas, abbiamo già cominciato a ragionarci – volta a definire i concreti comportamenti che gli enti dovranno avere, cioè le norme di comportamento. È emersa, nel dibattito con le regioni, una sorta di polemica. Queste ultime ci dicevano: voi ci tenete bassi sui trasferimenti e poi ci liberate le sovraimposte sul IRPEF cosicché dite chiaro se le regioni partecipano al finanziamento della sanità. Questo non è vero proprio perché la base di partenza è la spesa effettiva di quest’anno e, se quest’anno ci rientravamo, l’anno prossimo con il 2 per cento ci dovremmo rientrare bene – sto parlando della spesa effettiva, non del fondo sanitario – tanto che siamo arrivati a 88 miliardi; su questo, ovviamente, siamo disposti a discutere con le regioni con la massima apertura. (sulle ENTRATE) Per quanto riguarda le entrate, in ogni sistema fiscale la base imponibile richiede una continua manutenzione perché al contrario si restringe: a maggior ragione questa manutenzione è necessaria laddove si programmi e si ipotizzi una riduzione di aliquote, perché il gettito, ovviamente, è la base imponibile per l’aliquota in questione. Gran parte delle misure contenute nella parte fiscale della legge finanziaria sono misure che attengono alla manutenzione della base imponibile; infatti, ci sono dei meccanismi di accertamento (nuove comunicazioni sui redditi immobiliari, inserimento del codice fiscale in vari tipi di pratiche, catasto elettrico e cose simili per individuare il sommerso, contrasto all’evasione in materia di IVA e così via); quindi, non ritengo che si possa parlare, in alcun senso, di nuove tasse o di più tasse perché si tratta solo di misure di accertamento che derivano dalle richieste della stessa Agenzia delle entrate e che mi sembra siano sensatissime.


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