Mondo

Frattini: vi racconto la liberazione delle due Simone

il ministro al Corriere della Sera: «Si è mobilitato il mondo della societa' civile e religiosa musulmana»

di Gabriella Meroni

Dall’intervista al ministro Frattini apparsa oggi sul Corriere della Sera: ”Io pensai subito di andare in Kuwait oltre che negli Emirati e in Qatar – dice Frattini – La mia passata esperienza come coordinatore dei servizi mi diceva che da trent’anni il Kuwait aveva orientato verso l’Iraq tutta la sua politica di prevenzione e di intelligence. Esisteva dunque in Kuwait una preziosa conoscenza del territorio, dei gruppi e dei legami delle singole fazioni locali irachene. Per questo la mia prima mossa fu di stabilire intensi contatti telefonici con i governi kuwaitiano, degli Emirati e del Qatar, ma anche con altri Paesi che poi ci hanno dato il loro aiuto, come la Siria, la Giordania e l’Egitto. E non voglio dimenticare l’Autorita’ nazionale palestinese, nella persona del ministro Nabil Shaat. Poi partii per Kuwait City dove venne messo a nostra disposizione un patrimonio di conoscenze rivelatosi poi decisivo”. ”Divenne subito operativa una interazione con i nostri servizi presenti sul terreno – continua il ministro – e nel giro di pochissimi giorni, tre o quattro, riuscimmo a stabilire un contatto che poteva portare ai sequestratori. Contemporaneamente si verifico’ un fenomeno senza precedenti che non riguarda l’intelligence. Si mobilito’ il mondo della societa’ civile e religiosa musulmana. Mi venne concesso, perche’ il messaggio fosse chiaro, un privilegio che a nessun occidentale era stato mai dato: quello di lanciare un appello dentro la grande moschea di Kuwait City, davanti ai giornalisti e alle televisioni. Seguirono incontri che in Italia qualcuno mi ha rimproverato con personalita’ islamiche non particolarmente moderate, che io definisco piuttosto conservatrici, e l’insieme di queste circostanze fu molto amplificato dalle televisioni arabe. Il risultato fu di aprire un dibattito nella societa’ civile e tra le autorita’ religiose di numerosi Paesi musulmani. Ricordiamoci che in una delle principali moschee sunnite irachene fu detto che chi aveva rapito le due italiane poteva essere ucciso in nome di Allah”. ”Capii che la direzione presa era quella giusta, ricevendo una serie di indicazioni e di aiuti. Citero’ la telefonata del presidente siriano Bashir al Assad: la Siria ha ovviamente anch’essa una profonda conoscenza del mondo sunnita iracheno, e quando Assad ci informo’ del suo personale intervento nella vicenda avemmo la conferma di aver toccato le corde giuste. (…) C’e’ stata molta collaborazione con l’intelligence americana. Un meccanismo molto sofisticato di rilevazione aveva permesso con una qualche approssimazione di sapere dove erano trattenute le nostre volontarie assieme agli altri due ostaggi iracheni, e di questo ovviamente gli americani ci avvertirono. Ma le caratteristiche del luogo e del tipo di custodia ci hanno fatto escludere la possibilita’ di una iniziativa militare, anche perche’ questa volta, a differenza delle altre, esisteva un contatto che ci offriva il vantaggio della mobilitazione del mondo arabo e che ci induceva a un ragionevole ottimismo”. ”(…) Quel che fortemente mi spiace e’ che dopo la liberazione si sia tornati a quel clima politico normale soltanto per l’Italia, con la nostra collocazione sulla scena internazionale che diventa oggetto non solo di divergenze di vedute, perfettamente accettabili, ma addirittura di uno scontro violento fatto di reciproche accuse. Proprio per questo continuo ad apprezzare molto quanto vanno dicendo alcuni esponenti dell’opposizione, e cito per tutti Fassino, Rutelli, Enrico Letta, lo stesso Violante, che hanno evitato di ricadere nello scontro”. Il riscatto? ”Il fatto di non avere pagato un riscatto, cosa che confermo, si concilia perfettamente con l’azione che l’Italia sta svolgendo. In Iraq abbiamo curato migliaia e migliaia di malati, altri vengono in Italia, forniamo assistenza in molti settori. Questo e’ il riscatto che noi abbiamo pagato, e per questo io lo chiamo riscatto permanente. Perche’ continueremo. Queste cose io le ho spiegate in modo molto chiaro anche ai nostri amici americani e britannici, e loro hanno capito malgrado quello che scrivono alcuni giornali”. E’ ragionevole prevedere un ritiro delle truppe italiane dall’Iraq alla fine del 2005? Chiede il quotidiano. ”In linea di massima e’ ragionevole – sostiene Frattini – Il punto e’ che la missione deve essere portata a compimento. Avremo l’Onu impegnata sul terreno, avremo la Nato impegnata nella sua missione di addestramento, e speriamo di avere il processo elettorale che comincia a gennaio e dovrebbe essere coronato alla fine del 2005. (…) Dobbiamo dire ai nostri amici arabi che accanto all’invito al dialogo c’e’ un invito alla corresponsabilita’, che c’e’ un percorso di stabilizzazione politica guidato dall’Onu e che serve un impegno sul terreno di quei Paesi musulmani interessati quanto noi alla pacificazione dell’Iraq. Va ricercata una graduale transizione, dalla forza multinazionale odierna a contingenti multinazionali prevalentemente musulmani. (…) Penso che Al Sadr, malgrado le azioni efferate delle sue milizie, non sia un volgare terrorista ma piuttosto un personaggio in cerca di legittimazione politica. Allora, e’ meglio escluderlo e spingerlo verso altra violenza oppure coinvolgerlo, a patto che in cambio cessi ogni azione militare da parte sua? Io credo che sia meglio coinvolgerlo, perche’ anche parlando con i radicali non terroristi si ottiene l’isolamento dei terroristi”, conclude Frattini.


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