Verso Milano-Cortina 2026
Impianti e neve artificiale: terre alte sotto scacco (ma c’è chi si ribella)
A un anno dall’apertura delle Olimpiadi invernali continuano le iniziative di chi dice no a un modello di sviluppo delle aree alpine ed appenniniche anacronistico. Il 9 febbraio una giornata di mobilitazione
![](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2025/01/matteo-bellia-Tonale-passo-unsplash.jpg)
«Le terre alte bruciano. Lo zero termico a 4.200 metri in pieno autunno, i ghiacciai che si sfaldano, il permafrost che si scioglie». Così inizia l’appello dell’Associazione Proletari Escursionisti – Ape che lancia una mobilitazione per il 9 febbraio, a un anno dall’apertura dei Giochi di Milano-Cortina 2026. «Nonostante la crisi climatica, dalle Alpi agli Appennini si continua a proporre un modello di sviluppo anacronistico e predatorio, basato su pratiche estrattive e grandi-eventi come i giochi invernali».
L’appello fa seguito agli appuntamenti del 2023, «Reimagine Winter» e «Ribelliamoci Alpeggio!» e sta ottenendo tantissime adesioni.
Pratiche insostenibili accelerate dalle Olimpiadi
Martino Iniziato di Ape Milano spiega: «Progetti costosi, che devastano l’ambiente, drenano fondi pubblici sottraendoli ai veri servizi di cui necessitano le aree interne, non rispondono al problema dello spopolamento, ma anzi lo peggiorano, facendo aumentare i prezzi degli immobili e allontanando così le fasce più deboli. Le Olimpiadi in questo sono un acceleratore di pratiche insostenibili, su habitat fragili».
L’impatto ambientale della preparazione dei giochi olimpici è notevole. Non c’è solo l’ormai iconica pista da bob, da creare ex novo, con i suoi 500 larici abbattuti, gli 80 milioni euro spesi per la costruzione, 1 milione e mezzo l’anno come costo di gestione e tonnellate di ammoniaca per creare e mantenere il ghiaccio su tutta la pista.
Una pista che sarà probabilmente abbandonata nel giro di pochi anni, come quella di Cesana Torinese, costruita per ospitare le Olimpiadi del 2006, e che rimase in funzione solo sei anni.
Pista Stelvio: poche precipitazioni più pericoli
«La “Pista Stelvio” tra Bormio e Livigno, già molto grande, sarà ampliata in vista delle Olimpiadi 2026, con oltre 11 milioni di euro, con la scusa della sicurezza per i gravi incidenti tra gli atleti avvenuti durante la Coppa del Mondo di dicembre 2024. La pista presenta tratti ghiacciati, e le scarse precipitazioni di questo inverno l’hanno resa molto pericolosa. Nel secondo lotto dei lavori, che partiranno a fine 2025 si costruirà un nuovo impianto di innevamento artificiale, dal costo di oltre 20 milioni di euro» racconta ancora Martino Iniziato, annunciando una mobilitazione a Bormio il 9 febbraio.
L’innevamento artificiale è ormai indispensabile
L’innevamento artificiale ormai indispensabile per mantenere tutti gli impianti, richiede 40/50mila euro a stagione per innevare un solo chilometro di pista.
Per l’innevamento di fondo (circa 30 cm di altezza neve) di un ettaro di pista servono circa 1.000-1200 metri cubi di acqua, il che corrisponde a più di un terzo di una piscina olimpica.
Mobilitazione anche in Alta Val Camonica, al confine fra il parco dell’Adamello e quello dello Stelvio. Il comprensorio Temù-Tonale-Ghiacciaio Presena-Ponte di Legno ha già 100 chilometri di piste, eppure con il nuovo progetto si vogliono aggiungere altri 10 chilometri, due nuovi impianti di risalita, una funicolare, tre nuovi rifugi, dei sovrappassi e non può mancare un impianto per l’innevamento artificiale con un costo di 60 milioni di euro. Come denunciano i comitati, qui oltre agli alberi abbattuti, al disturbo alla fauna, verrebbero cancellate anche trincee della Prima guerra mondiale.
Il tutto in vista dell’appuntamento olimpico del 2026.
C’è anche un tunnel nei progetti
Tra le associazioni che hanno aderito all’appello di Ape, c’è anche il collettivo Terre Alt(r)e, Mountain Wilderness, il Cai sezione Val di Scalve, e Legambiente che si oppongono al collegamento delle stazioni sciistiche di Colere (Bg) e Lizzola (Bg) promosso da Rsi Impianti.
Il piano prevede la creazione di piste da sci, l’inserimento di nuovi impianti nella Val Conchetta e l’alta Val Sedornia, ad oggi non ancora antropizzate, e addirittura un tunnel di 450 m all’interno del Pizzo di Petto, senza parlare di un nuovo bacino per l’innevamento artificiale (e la sua rete di distribuzione). Il tutto in un territorio carsico e in piena Zona Speciale di Conservazione all’interno del Parco Regionale delle Orobie bergamasche.
Il progetto non ha ancora ottenuto tutte le autorizzazioni ma già prevede l’inaugurazione alla fine del 2026. Per questo progetto verrebbero spesi 70 milioni di euro, di cui 50 pubblici, ma il preventivo potrebbe aumentare di almeno il 36%. Contro il progetto è attiva anche una petizione.
La seggiovia in ambiente protetto
Nel Corno alle Scale, Appennino tosco-emiliano, un progetto di seggiovia, per la quale non è stata nemmeno richiesta una Valutazione d’Impatto Ambientale, andrebbe a sostituire una esistente e funzionante, raggiungendo una quota più alta in ambiente protetto, fino al Lago Scaffaiolo.
![](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2025/01/Corno-alle-Scale-manifestazione.jpg)
A maggio 2024 l’azienda Costruzioni carpenterie meccaniche-Ccm di Torino si è aggiudicata un bando da 7 milioni di investimenti. Ora si attende la sentenza del Consiglio di Stato sul ricorso fatto dalle associazioni riunite sotto al nome “Un altro Appennino è possibile”.
Terminillo sempre più caldo
In Lazio da anni è in ballo il faraonico progetto del Tsm2, mega comprensorio sciistico sul Monte Terminillo, che prevede 10 seggiovie, 7 tapis-roulant, 37 chilometri di nuove piste, 7 rifugi e 2 bacini per l’innevamento artificiale, avversato da un nutrito gruppo di associazioni.
«Nel Terminillo diminuiscono costantemente le precipitazioni nevose e aumentano le temperature, è sempre più difficile anche mantenere la neve artificiale. Insomma il turismo dello sci da discesa è fallito su tutta la linea eppure vogliono costruire bacini di innevamento artificiale, prosciugare le sorgive e devastare l’area montana», racconta Serena Caroselli di Balia dal Collare. «Ad agosto 2024 il Commissario agli Usi Civici ha riconosciuto la demanialità dei terreni interessati dalla progettazione, e le aree demaniali appartengono alle comunità, non sono alienabili. I nuovi impianti insistono inoltre su un Sito di Interesse Comunitario come la Vallonina, cuore verde dei Monti Reatini. Purtroppo il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso di noi associazioni, considerando il TSM2 come opera di pubblica utilità e i sistemi di funivia come sistemi di trasporto pubblico. Così il progetto è sempre più vicino».
La mobilitazione sulle montagne ferite
Le mobilitazioni del 9 febbraio si svolgeranno anche su altre montagne ferite, non necessariamente da impianti sciistici.
![](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2025/01/Corno-alle-Scale_basta-impianti.jpg)
In programma ci sono escursioni nelle Alpi Apuane per denunciare la devastazione causata dai 192 siti estrattivi, i quali, «oltre a polverizzare annualmente 6 milioni di tonnellate di montagna, distruggono ed inquinano tutte le componenti ambientali» spiegano gli attivisti che da tempo chiedono lo stop alle cave e la creazione di un parco protetto.
In Basilicata invece si camminerà intorno alla diga Camastra, uno dei luoghi simbolo del disastro idrico, mentre in Molise in prossimità del bacino artificiale di Castel San Vincenzo, invaso coinvolto, insieme a quello di Montagna Spaccata, dall’opera Pizzone II (nuova centrale idroelettrica Enel).
In apertura un’immagine del passo del Tonale – photo by Matteo Bellia on Unsplash
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.