Disturbi dell'alimentazione

Il pericolo di specchiarsi sui social

Sotto indagine il ruolo dei mass media nello sviluppo e nel mantenimento dell’insoddisfazione corporea e delle patologie alimentari. Le piattaforme social possono contribuire alla popolarità di comportamenti disfunzionali, anche portando all'emulazione. Ne abbiamo parlato con la psicologa psicoterapeuta Elisa Valteroni, coordinatrice dell’Unità clinica per i disturbi alimentari del Centro di terapia breve di Arezzo che ammonisce: «Difficile sensibilizzare i più giovani quando la società tutta tende a classificare le persone in base a caratteristiche estetiche»

di Nicla Panciera

I social media, fornendo costante esposizione a certi contenuti, possono esacerbare i disturbi della percezione corporea e del comportamento alimentare, spesso interconnessi. Inoltre, il loro uso indiscriminato può predire la comparsa di tali disturbi in alcune persone. «Nel loro insieme, ricerca ed esperienza clinica segnalano come i social possano costituire salienti fattori di rischio, sia per l’insorgenza sia nel mantenimento del disturbo alimentare, tanto da dover richiedere in taluni casi interventi mirati al fine di promuovere la guarigione e scongiurare le ricadute» spiega Elisa Valteroni, psicologa psicoterapeuta e ricercatrice affiliata al Centro di terapia breve strategica di Arezzo di cui coordina l’Unità clinica per i disturbi alimentari. «Secondo una recente revisione sui fattori di rischio dello sviluppo dei disturbi alimentari, l’esposizione all’ideale di magrezza è associata a un rischio maggiore di disturbo alimentare. Foto e contenuti che inneggiano a corpi perfetti, con vite all’apparenza realizzate e felici, hanno più probabilità di portare ai cosiddetti ‘confronti negativi’, ovvero a momenti in cui la persona che fruisce di questi contenuti può sviluppare o incrementare il disagio verso il proprio corpo e l’insoddisfazione più generalizzata nei confronti del sé e della propria vita. Tale confronto negativo, peraltro, aumenta anche il rischio di rimuginio, favorendo così l’autocritica, le modalità di pensiero ossessivo verso il corpo e il cibo, e la dipendenza stessa dalle piattaforme mediali». Secondo altri studi, inoltre, «l’incremento di determinate attività sui social network, come la condivisione di fotografie e il commento di immagini basate sull’estetica, è correlato con la spinta alla magrezza, l’interiorizzazione dell’ideale magro, l’insoddisfazione verso il proprio peso e l’auto oggettivazione negli adolescenti e nei giovani adulti».

Elisa Valteroni, già autrice insieme a Giorgio Nardone del libro L’anoressia giovanile. Una terapia efficace ed efficiente per i disturbi alimentari (Ponte alle Grazie), sarà presto nuovamente in libreria con lo stesso editore come autrice di un volume dedicato ai disturbi alimentari dal titolo Anoressie. Conoscere e curare i disordini alimentari. Teoria e casi clinici.

Il pericolo di un’esposizione continua

Spesso ingiustamente additate come origine di ogni male, complice anche la difficoltà di condurre studi rigorosi sul loro uso, le piattaforme dei social media da un lato hanno aumentato la consapevolezza sui disturbi dell’alimentazione, ma dall’altro possono innescare un circolo vizioso, evidenziato da certi studi sulle cosiddette eco chamber, le camere di risonanza online, in particolare su argomenti come l’anoressia, intensificando l’esposizione a contenuti tossici, con gli utenti che raramente incontrano punti di vista diversi. «Le ricerche sui contenuti fitspiration, ovvero quelli che promuovono la salute e il fitness enfatizzandone però il solo aspetto esteriore, e thinspiration, cioè quelli che promuovono un ideale di forma fisica sottile e incoraggiano a resistere alla fame» spiega la specialista «hanno mostrato come l’esposizione assidua a questi temi sia associata al rafforzamento dello stigma verso il peso, alle preoccupazioni verso la propria estetica, allo sviluppo di un affetto negativo, alla diminuzione dell’autostima, sino alla comparsa dei sintomi di un disturbo alimentare o al suo aggravamento in coloro che già ne soffrono».

Dare visibilità alla malattia stessa

I social aumentano la salienza psicologica di certi contenuti a cui prima non era data importanza, «accrescendo così i fattori di rischio prossimali e distali del disordine alimentare» spiega la specialista. Per quanto riguarda la visibilità data dall’essere malate, è un fenomeno che c’è sempre stato, come i siti pro-ana, che con i social può tuttavia assumere maggior potenza. Dice Valteroni: «Attraverso l’essere malati i giovani pazienti sviluppano un sentimento di appartenenza a un gruppo valutato positivamente e strutturano intorno alla malattia, la propria identità. Personalmente non ho mai avuto pazienti influencer dell’anoressia ma quasi tutti e tutte guardano i video degli altri affetti da disordine alimentare, confrontano con questi il proprio corpo e le pratiche alimentari e ginniche di controllo dell’immagine corporea».

Come spiegare il legame tra social e disturbi

Uno studio italiano ha valutato l’interazione tra l’uso problematico di Instagram e la psicopatologia dei disturbi alimentari focalizzandosi sui potenziali meccanismi esplicativi. «I risultati evidenziano che, in maniera conforme a quanto ipotizzato, le donne con sintomi di disturbo alimentare rispetto alle donne senza sintomi di disturbo alimentare mostrano livelli più elevati di uso problematico di Instagram e una maggiore propensione al confronto dell’aspetto estetico generato proprio dall’esposizione alle immagini di tale piattaforma social» spiega Valteroni. «Tale studio è rilevante soprattutto per aver trovato la prima prova del ruolo dell’investimento psicologico nell’aspetto fisico come mediatore della relazione tra uso disturbato di Instagram e disagio corporeo, il quale a sua volta porta alla manifestazione dei sintomi alimentari e alle difficoltà interpersonali. Infatti, l’uso eccessivo di Instagram incrementa la salienza psicologica che si attribuisce al miglioramento del proprio aspetto estetico e ciò sembra predire il disturbo alimentare anche indipendentemente dal disagio corporeo».

La distorsione dell’immagine corporea

Spesso i disordini alimentari si accompagnano a una distorta percezione corporea. «Il disturbo da dismorfismo corporeo e i disordini alimentari sono problematiche peraltro spesso associate nella stessa persona e che condividono una caratteristica saliente: la distorsione dell’immagine corporea» ci spiega. «Gli studi scientifici evidenziano che le pratiche correlate all’aspetto estetico sui social media sono, anche qui, i più forti predittori dei disturbi dell’immagine corporea in quanto sembrano rafforzare la preoccupazione verso i propri difetti, amplificando sia l’attenzione selettiva che la rimuginazione su una specifica parte del corpo e contribuendo ad una visione distorta della realtà esterna e del giudizio altrui verso il proprio aspetto» spiega Valteroni. «I giovani pazienti riferiscono sempre più di non riuscire a staccarsi da questi contenuti sui social, dalle fotografie, dai video e dai tutorial correlati al corpo e benché cresciuti con i programmi di fotoritocco e gli espedienti di correzione delle fotografie, hanno estrema difficoltà a prendere distanza dalla perfezione estetica presentata sul web che diventa per loro reale e passibile di essere raggiunta. In questo circolo vizioso complice è poi l’algoritmo delle piattaforme digitali che continua a proporre i siti correlati ai contenuti prescelti dal giovane o, dovremmo dire meglio, dalla sua ossessione».

Riconoscere la potenza del mezzo

Su quale sia la miglior strategia preventiva ancora non è chiaro. Ad esempio, anche quando si prefiggono di sensibilizzare verso i rischi connessi all’alimentazione sregolata e alle conseguenze avverse dell’anoressia (i cosiddetti video “anti-pro-ana”), certi contenuti contribuiscono alla popolarità di atteggiamenti e comportamenti disfunzionali verso il corpo e il cibo portando gli utenti a emulare proprio i comportamenti malati. Chiaramente, ci sono anche giovani pazienti con questi disturbi che non utilizzano i social e che più in generale affermano di non essere soliti navigare su internet. Tuttavia, conclude la specialista che ogni giorno incontra nel suo ambulatorio giovani con queste problematiche e genitori preoccupati, «ciò non dovrebbe esimerci da un’attenta considerazione del fenomeno e da un’eventuale presa di provvedimenti rispetto a mezzi così potenti e rapidi nel raggiungere e influenzare un grandissimo numero di persone, in specie in età prepuberale e adolescenziale».

Le colpe della società intera

La specialista punta il dito contro la società tutta: «In una fase di vita connessa a molteplici cambiamenti corporei e psicologici, è facile ricercare una strada per controllare e gestire ciò che è percepito indesiderabile e intollerabile e imboccare la strada della restrizione alimentare e dell’attività fisica smodata sarà tanto più facile quanto più è condiviso dalla società in senso lato e dal gruppo dei coetanei e dai social in particolare. Ciascuno di noi tuttavia non dovrebbe sottovalutare il proprio piccolo grande contributo alla creazione e perpetrazione di ciò che è culturalmente e socialmente apprezzabile. È, infatti, difficile proporre ai bambini e ragazzi corsi di sensibilizzazione alle tematiche connesse all’immagine corporea quando anche il mondo dei loro adulti di riferimento e della società in generale tende a classificare le persone in base a caratteristiche estetiche».

Foto di Tim Mossholder su Unsplash

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