Formazione

Giovani amministratori per la biodiversità: la filantropia che sostiene la buona politica

La Fondazione Capellino, modello di reintegration economy unico in Italia, sostiene dieci borse di studio per amministratori pubblici under35. La tutela della biodiversità passa anche da una Scuola di politiche europee per il governo del territorio

di Daria Capitani

La regola della proprietà commutativa non vale se al posto degli addendi metti un’azienda che produce alimenti per gatti e cani e una Fondazione che ha nel cuore la biodiversità. Cambiando l’ordine, il risultato cambia. L’ordine invertito è l’eccezione che rende unica la Fondazione Capellino, sede in Piemonte respiro internazionale: non è un’emanazione dell’azienda Almo Nature, bensì ne è la proprietaria. Un’intuizione che punta a cambiare il mondo, da oggi anche con una scuola di politica.

Amministratori locali, attori del cambiamento

«Lavoriamo per proteggere la biodiversità», spiega il segretario generale Giorgio Raffetto, «perché siamo giunti a un bivio: molte specie, compreso l’uomo, rischiano di scomparire dai loro habitat, e dobbiamo fermare tutto questo. Per farlo è necessario che tutti, nessuno escluso, si impegnino ad agire». Fondazione Capellino lo fa in una molteplicità di ambiti: habitat naturali (in Canada come nel Parco del Po, lungo le coste del Danubio e nel cuore delle Alpi), cambiamento climatico, agricoltura biodiversa, misurazione dell’impatto delle attività umane e attivismo, recupero di edifici storici. «In questo intenso work in progress, due anni fa siamo atterrati a Firenze per un progetto di riforestazione urbana che per la prima volta sperimenta sul campo innovative soluzioni nature-based di cui, con rigore metodologico, nel tempo vengono misurati gli impatti affinché possa diventare un modello esportabile e replicabile», continua. «Ci siamo accorti dell’importanza delle relazioni con le amministrazioni locali: con i sindaci Dario Nardella prima e Sara Funaro poi, abbiamo attivato una sinergia operativa e abbiamo constatato come su tante progettualità in Italia e all’estero gli amministratori locali siano i primi attori del cambiamento». Nonostante il clima di sfiducia che si respira nei confronti della politica, a livello municipale il cittadino fa affidamento su figure pubbliche «che si impegnano ogni giorno per la collettività e il bene comune».

Se nelle amministrazioni locali nascono decisori politici in cui ancora si ripone fiducia e se a livello municipale c’è un’attenzione ai temi della sostenibilità ambientale, allora investiamo nella formazione. È stato questo il pensiero che ha condotto la Fondazione Capellino fino alla Scuola di politiche europee per il governo del territorio organizzata da Akadémeia. «Bisogna che i nostri giovani amministratori locali siano formati in un’ottica europea sui temi della transizione ecologica e della cura della gestione pubblica», dice Raffetto. «Non vogliamo essere noi i docenti, ma vogliamo stare accanto a chi investe sul proprio futuro». Da qui la decisione di finanziare dieci borse di studio per consentire a giovani amministratori locali di partecipare alla scuola.

Visione europea, competenza locale

Akadémeia è un’associazione apartitica che si propone di formare una nuova classe di amministratori pubblici con un’attenzione particolare ai valori europei e alle competenze locali. Il comitato scientifico, presieduto dall’ex sindaco di Firenze oggi deputato al Parlamento europeo Dario Nardella, è composto da figure politiche eterogenee, tra queste anche il segretario generale dell’Anci Veronica Nicotra.

Il programma del percorso formativo, che partirà il 28 febbraio (candidature aperte fino al 10 febbraio), unisce visione globale e azione locale, con un focus su sostenibilità, biodiversità e bene comune. Le borse di studio messe a disposizione dalla Fondazione Capellino sono rivolte ad amministratori under35 e suddivise in due sessioni: primaverile (cinque borse per giovani amministratori italiani) e autunnale.

Che cosa si aspetta la Fondazione? «Vogliamo offrire a sindaci e giovani eletti strumenti indispensabili per affrontare con lucidità e consapevolezza scelte che toccano da vicino la vita delle persone, dalla gestione dei rifiuti alla cura del territorio».

Genesi di una Fondazione

La Fondazione Capellino esiste perché nel 2013 l’imprenditore Pier Giovanni Capellino, con il supporto del fratello Lorenzo, sceglie di contribuire alla soluzione del problema ambientale percorrendo la via meno semplice: «Vendere Almo Nature non a uno dei tanti pretendenti ma trasformarla in uno strumento di cambiamento». Nel 2018 traduce l’idea in azione: restituire alla biodiversità il valore aggiunto generato dal lavoro, rinunciando per sempre ai dividendi e donando Almo Nature alla Fondazione Capellino. Oggi c’è un modus operandi ben definito: progetti rilevanti, scientificamente supportati, in grado di avere un impatto concreto per l’accrescimento della biodiversità e la creazione di modelli replicabili. L’organismo se ne occupa direttamente avvalendosi di istituti di ricerca ed esperti oppure contribuendo finanziariamente a iniziative gestite da partner terzi.

Pier Giovanni Capellino.

«L’eccezionalità della nostra Fondazione ha per noi un grande valore», spiega il segretario generale. «I profitti generati dal nostro lavoro vengono restituiti alla collettività. Siamo gli unici in Italia, e anche nel mondo non siamo in molti. Il modello più simile e iconico è Patagonia, l’azienda di abbigliamento sportivo che utilizza i profitti per combattere il cambiamento climatico». Un gesto di cuore, sì, ma per Raffetto è soprattutto «un gesto di intelligenza e consapevolezza intellettuale. Alla base del nostro progetto di reintegration economy non c’è soltanto una donazione, ci sono due elementi fondamentali: la libertà e la volontà di realizzare un modello che sia efficace perché lucidamente ci si rende conto che il pianeta è in pericolo».

La fotografia in apertura è di Mikael Kristenson su Unsplash

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