Inquinanti eterni
Pfas nell’acqua da bere, la mappa di Greenpeace
Un'indagine di Greenpeace evidenzia la presenza di Pfas negli acquedotti di tutto il Paese. È la prima mappatura della contaminazione nelle acque potabili italiane. «Ancora oggi non c’è una legge che vieti l’uso e la produzione di queste sostanze pericolose per la salute e l’ambiente. Il governo deve rompere il silenzio: la popolazione ha diritto di bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti», denuncia Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento dell'associazione ambientalista. La società civile italiana chiede un incontro con Mattarella e Meloni
Il 79% dei campioni di acque potabili analizzati da Greenpeace Italia in 235 città, da nord a sud, comprese le isole, contengono Pfas. Il dato allarmante emerge dall’indagine indipendente “Acque senza veleni”, realizzata dall’associazione ambientalista negli scorsi mesi. Queste sostanze per- e polifluoroalchiliche, interferenti endocrini, sono ampiamente utilizzate negli oggetti di uso quotidiano, per rendere le superfici antiaderenti, impermeabili, resistenti alle alte temperature, etc. Sono tanto resistenti da meritare il titolo di “inquinanti eterni”. Si trovano ormai ovunque, compreso il nostro sangue, con i relativi rischi per la salute.
Il monitoraggio
I prelievi sono stati fatti tra settembre e ottobre 2024 e le analisi, realizzate da un laboratorio indipendente e certificato, hanno determinato la presenza di 58 molecole Pfas. In 206 dei 260 campioni è stata trovata almeno una di queste sostanze. Le più diffuse sono il Pfoa, dichiarato cancerogeno dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – Iarc, il composto a catena ultracorta Tfa e il possibile cancerogeno Pfos. Le maggiori criticità si registrano quasi dappertutto nel centro-nord e in Sardegna. Elevati livelli si registrano in Lombardia, in particolare nei campioni prelevati a Milano, in molti comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’Alessandrino, Bussoleno in Valle di Susa), in Veneto, dove l’inquinamento che deriva dalla ex Miteni di Trissino va anche oltre la “zona rossa” (Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), in Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), in Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), in Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), in Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e in Umbria a Perugia.
Sul Tfa, il Pfas più diffuso al mondo ancora oggetto di approfondimenti scientifici, nel nostro Paese non esistono dati pubblici. Nell’indagine dell’associazione ambientalista è emerso che i valori più elevati di questa sostanza sono a Castellazzo Bormida, in provincia di Alessandria, Ferrara e Novara. Concentrazioni molto alte si registrano anche ad Alghero, Cuneo, Sassari, Torino, Cagliari, Casale Monferrato e Nuoro. La Sardegna, il Trentino, l’Alto Adige e il Piemonte sono le Regioni con la più diffusa contaminazione da TFA.
La denuncia degli ambientalisti
Per Greenpeace è grave che in Italia, dove ci sono tra i casi più gravi di contaminazione, in Veneto e in Piemonte, i controlli sui Pfas nelle acque potabili siano per lo più assenti o limitati a poche aree geografiche. «Solo dal prossimo anno entrerà in vigore la direttiva Ue 2184 del 2020, che prevede limiti comunque ormai superati dalle più recenti evidenze scientifiche e non adeguati a proteggere la salute umana, come afferma la stessa Agenzia europea per l’ambiente», sottolinea Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Per questo, Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia, la regione belga delle Fiandre e gli Usa hanno già adottato limiti più bassi».
Dalle analisi di Greenpeace emerge, ad esempio, che il 41% dei campioni supera i parametri danesi e il 22% i valori soglia negli Stati Uniti. «Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei Pfas. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto di bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti», dice Ungherese.
L’appello della società civile
Proprio in questi giorni, decine di gruppi e associazioni hanno scritto una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e ai ministri della Salute e dell’Ambiente, chiedendo un incontro, per discutere delle soluzioni più efficaci per fermare la diffusione di Pfas nell’ambiente e proteggere la salute dei cittadini. Accanto ai dati allarmanti sull’inquinamento in Italia, infatti, dall’inchiesta Forever Lobbying Project realizzata dal quotidiano francese Le Monde e da una rete di media europei, sono emerse rivelazioni sulle pressioni esercitate dall’industria per continuare a utilizzare Pfas, oltre allo sconvolgente costo pubblico della bonifica della contaminazione: cento milioni di euro all’anno.
«Vi esortiamo a seguire le prove scientifiche sulle sostanze chimiche Pfas e non le lobby di coloro che hanno interesse a mantenere lo status quo», scrivono le associazioni, tra cui Greenpeace Italia, Legambiente e le Mamme no Pfas. «È essenziale che si agisca con urgenza per vietare queste sostanze, adottando la proposta di restrizione universale sui Pfas attualmente all’esame dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche – Echa. Chiediamo la garanzia che sosterrete questa proposta per proteggere i cittadini italiani e l’ambiente, oltre ad agire a livello nazionale». E ancora: «Tutti i cittadini europei, in particolare gli adolescenti, i bambini piccoli, le donne incinte e quindi anche i bambini non ancora nati, portano ora nel loro corpo livelli allarmanti di questo carico tossico, compromettendo potenzialmente la loro salute e il nostro futuro comune».
Le foto sono di Greenpeace Italia
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