Insegnare non è mai solo un mestiere. Chi lo fa con passione sa che è una missione, un investimento sul futuro. Lo sa bene Giuseppe Fiamingo, professore di matematica e fisica all’Isis “P.Gallluppi” di Tropea, unico italiano tra i 50 finalisti del Gems Education global teacher prize, riconoscimento dal valore di un milione di dollari istituito da Varkey foundation con Gems Education e Unesco. Per lui l’insegnamento è «un atto di fiducia nel potenziale di ciascuno e un impegno per costruire un domani migliore».
Che sensazione le dà essere tra i finalisti del Global Teacher Prize?
È una sensazione straordinaria, un misto di profondo orgoglio e grande responsabilità. Quando ho ricevuto la notizia, non sono riuscito a trattenere le lacrime: è stato un momento di intensa emozione. Desidero ringraziare la Varkey Foundation, la Gems Education e l’Unesco per aver dato voce agli insegnanti di tutto il mondo, valorizzando il nostro impegno quotidiano. Questo riconoscimento non è solo per me, ma per l’Italia intera. Ringrazio i miei studenti, i miei colleghi, la mia scuola, e la mia famiglia, che mi hanno sempre sostenuto. Questo premio dimostra che il lavoro appassionato di un insegnante può lasciare un segno concreto e trasformativo nella vita delle persone.
Questo premio dimostra che il lavoro appassionato di un insegnante può lasciare un segno concreto e trasformativo nella vita delle persone.
Ha sempre voluto fare l’insegnante?
Non è stata una decisione immediata, ma un percorso che si è sviluppato nel tempo. Durante gli studi universitari, lavoravo nell’azienda di famiglia come ristoratore, passando dalle sale a infornare pizze. Fu su consiglio dei miei insegnanti di scuola superiore, rivolto a mio padre, che decisi di proseguire gli studi e laurearmi in matematica. Ho iniziato la carriera con le prime supplenze, affiancando l’insegnamento al lavoro di pizzaiolo. Quando la vita familiare e professionale si sono fatte più impegnative, ho dovuto fare una scelta. Prevalsero l’amore per l’insegnamento e il desiderio di dedicarmi pienamente ai miei studenti. Per migliorarmi, ho iniziato a formarmi nei principali centri di ricerca come il Cern e l’Infn, partecipando a corsi di alta formazione selettiva. È lì che ho trovato l’ispirazione per trasmettere ai miei ragazzi i metodi sperimentali e le conoscenze che avevo appreso. Volevo offrire loro qualcosa di unico, un’esperienza che potesse accendere in loro la curiosità e la passione per la scienza, regalando quel senso di meraviglia che rende l’apprendimento davvero speciale.
Cosa significa per lei insegnare?
Insegnare è molto più che trasmettere contenuti: è costruire un ponte tra il sapere e la vita, offrendo agli studenti strumenti per comprendere il mondo e affrontarne le sfide. È un atto di accompagnamento, che aiuta i ragazzi a scoprire il proprio potenziale, a coltivare la curiosità e a sviluppare un pensiero critico. Significa formarli come cittadini globali, pronti a contribuire attivamente alla società. Non si tratta solo di trasmettere nozioni teoriche o competenze pratiche, ma anche di fornire norme, regole morali e una guida per progettare la loro vita e preparare il loro futuro. Ogni studente merita la stessa attenzione. Il mio obiettivo è rendere tutti partecipi, assicurandomi che nessuno resti indietro. L’insegnamento è, in definitiva, un atto di fiducia nel potenziale di ciascuno e un impegno a costruire un domani migliore.
Che qualità non devono mancare a un docente?
Un buon docente deve incarnare una serie di qualità fondamentali, che vanno ben oltre la semplice conoscenza della materia. Deve trasmettere sicurezza, per infondere fiducia negli studenti, e dimostrare empatia, per comprenderne le esigenze, le difficoltà e le potenzialità. La passione è essenziale per contagiare gli studenti con entusiasmo e curiosità, trasformando le lezioni in esperienze coinvolgenti. A ciò si aggiunge la capacità di adattarsi a contesti e bisogni sempre diversi, perché ogni classe è un universo unico. In ambito scientifico, molte delle mie esperienze arricchenti sono nate dal confronto con altri insegnanti e dalla collaborazione con i centri di ricerca. L’insegnamento è un processo bidirezionale: i docenti imparano dai loro studenti tanto quanto insegnano. È questa apertura alla crescita personale e professionale che rende un insegnante davvero efficace e capace di lasciare un segno duraturo.
Ci racconta dei progetti che ha realizzato con i ragazzi?
Ho avuto il privilegio di guidare i miei studenti in molti progetti innovativi e stimolanti, che hanno avuto riconoscimenti sia nazionali che internazionali. Ad esempio uno dei progetti più importanti che mi piace descrivere è il MoCRiL (Measurement of Cosmic Ray in Lake). Questo esperimento scientifico, condotto sui laghi della Sila, ha coinvolto 4 istituti del territorio calabrese, i centri di ricerca e le università. Il progetto mirava a verificare sperimentalmente la natura extraterrestre delle particelle cosmiche. Per tale verifica, necessitava, all’interno del proprio istituto, preparare un laboratorio subacqueo per misurare dei parametri fondamentali come pressione, umidità, temperatura e numero di particelle ionizzanti. Gli studenti hanno così acquisito competenze nell’uso di strumenti tecnologici e digitali di alto livello, come i rivelatori di particelle, che ci sono stati forniti dall’Infn e dall’Università della Calabria, e hanno sviluppato abilità pratiche oltre che teoriche. Infatti, abbiamo realizzato delle zattere, testate nel porto di Tropea e poi utilizzate nel lago dove si è svolto l’esperimento. Infine, a bordo di un battello, abbiamo eseguito l’esperimento. Il progetto è stato inserito come best practice sui siti dell’Agenzia Spaziale Italiana – Asi ed Europea – Esero, con l’apprezzamento dell’astronauta Samantha Cristoforetti. Inoltre, il progetto ha vinto il primo premio anche in Cina, alla gara mondiale di creatività scientifica. Un altro progetto di rilievo è stato il Climate Spectra Analyzer
Che cos’è?
Un rilevatore di microplastiche che ci ha visto nuovamente protagonisti in Cina. Un altro progetto di cui ne vado fiero, è stato un esperimento eseguito dagli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale orbitante, un’iniziativa che ha permesso ai miei studenti di vedere il loro lavoro realizzato nello spazio. Questo ha dato loro una consapevolezza incredibile delle proprie capacità, dimostrando che anche da un’aula scolastica si può contribuire alla ricerca scientifica internazionale. Infine, ci stiamo dedicando a progetti interdisciplinari su democrazia e sostenibilità, integrando scienza e cittadinanza attiva. Ogni progetto è stato pensato per ispirare i ragazzi e mostrare loro come la scienza possa avere un impatto concreto e positivo sul mondo.
Come si fa a mantenere vivo l’interesse dei ragazzi per la scuola?
Per mantenere vivo l’interesse degli studenti, è fondamentale mostrare loro l’aspetto interdisciplinare della conoscenza. Ad esempio, in fisica, spiego come i concetti teorici trovino applicazione in ambiti concreti e vicini alla loro vita quotidiana: dalle tecnologie mediche, come l’uso dei raggi X e della risonanza magnetica, allo sviluppo di internet, basato sulle onde elettromagnetiche. È essenziale creare connessioni tra ciò che studiano e il loro mondo reale, facendogli comprendere l’importanza di una formula non solo in teoria, ma soprattutto nella pratica. Incoraggio una didattica laboratoriale, dove gli studenti si sentano parte integrante del processo, rendendoli orgogliosi del loro lavoro. Infine, è cruciale trasmettere l’idea che la scuola non è un obbligo, ma una porta aperta verso infinite opportunità. Se riescono a vedere il valore concreto e personale di ciò che apprendono, saranno più motivati a investire nel loro percorso scolastico e a guardare al futuro con entusiasmo e determinazione.
Se ne avesse il potere, cosa cambierebbe della scuola italiana?
Non voglio entrare nel merito di questioni pedagogiche o di riforme specifiche, in quanto argomenti che non rientrano nelle mie competenze.
Se i ragazzi riescono a vedere il valore concreto e personale di ciò che apprendono, saranno più motivati a investire nel loro percorso scolastico e a guardare al futuro con entusiasmo e determinazione.
Spesso i più giovani sono dipinti come svogliati, poco impegnati, persi. Lei cosa ne pensa?
Spesso si tende a etichettare i giovani come svogliati o poco impegnati, ma la realtà che ho vissuto nei miei progetti dimostra esattamente il contrario. Nei progetti di didattica laboratoriale, ho avuto modo di vedere studenti che inizialmente sembravano disinteressati, trasformarsi nei protagonisti più creativi e motivati. Quando li coinvolgi in esperimenti pratici, li fai partecipare a progetti interdisciplinari e li rendi protagonisti di ciò che apprendono, emerge una motivazione che non si manifesta nelle tradizionali lezioni teoriche. Questi ragazzi, che spesso vengono percepiti come “persi”, hanno dimostrato una capacità incredibile di inventare, sperimentare e risolvere problemi in modo innovativo. La chiave sta nel dare loro l’opportunità di esplorare, di sentirsi parte di un processo che va oltre la semplice acquisizione di nozioni. È fondamentale offrire loro esperienze che li stimolino a pensare in modo critico, a lavorare insieme, e a mettersi alla prova, valorizzando le loro passioni e inclinazioni. Quindi, non credo che i giovani siano svogliati di natura. Piuttosto, spesso manca loro il giusto stimolo o la giusta opportunità per esprimere il loro potenziale. Se si creano le condizioni giuste per il loro coinvolgimento attivo, il risultato è sorprendente.
Come hanno reagito i suoi studenti alla sua nomina tra i finalisti del premio?
Sono stati entusiasti e incredibilmente affettuosi. Mi hanno scritto messaggi di congratulazioni, sentendosi parte di questo prestigioso riconoscimento. Questo mi ha davvero emozionato, perché significa che insieme abbiamo creato qualcosa di importante. Spero che la mia nomina come finalista al Global Teacher Prize sia un importante stimolo per il loro futuro e gli faccia acquisire fiducia e stima in sé stessi.
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