Famiglia
Procreazione assistita, proviamo a capire
La legge 40 é oggetto di un dibattito tra i proponenti un referendum e le associazioni che ne difendono i principi.
Dopo un iter travagliatissimo, che si è concluso il 19 febbraio 2004, per la legge n. 40 sulla procreazione medicalmente assistita si profila l?ipotesi del referendum.
I grandi argomenti di dibattito riguardano la salute della donna; il divieto di fecondazione eterologa; le limitazioni alla ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali e, infine, la delicatissima questione relativa alla tutela dei diritti del concepito, espressa nell?articolo 1 della legge. Vita ha deciso di approfondire il tema con Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita e difensore della legge 40, e con Stefano A. Inglese, segretario nazionale del Tribunale dei diritti del malato – Cittadinanzattiva, che ha sottoscritto i due quesiti referendari relativi alla salute della donna e alla libertà di ricerca scientifica.
«Le nostre considerazioni sulla difesa della legge 40», premette Casini, «partono dal presupposto che l?uomo deve essere considerato uomo, e come tale rispettato, fin dal concepimento. La legge sulla procreazione riguarda gli interessi di più soggetti, sia gli adulti sia i bambini, ma la Convenzione dei diritti del fanciullo ci impone di dare sempre la preferenza ai diritti dei minori. Infine, il principio di precauzione richiede che, nel dubbio sull?esistenza in vita di un essere umano, lo Stato scelga di difenderlo». In merito al rischio-salute per la donna, dunque, Casini cita autorevoli pareri scientifici secondo cui lo stesso sistema usato prima della legge fosse molto dannoso, «perché imponeva ripetute fasi di iperovulazione. Inoltre, si continua a dire che la donna è obbligata a effettuare l?impianto di tutti gli embrioni, compresi quelli malati. Questo non è vero: la legge, infatti, non prevede alcuna sanzione per chi decide di rinunciare all?impianto».
Di parere opposto Inglese: «Proprio la limitazione a un unico impianto di massimo tre embrioni è peggiorativo per la donna», dice. «Soprattutto a una certa età, può andare incontro alla necessità di sottoporsi a più cicli ormonali». Su questo terreno, il confronto si sposta anche sul divieto di diagnosi pre impianto. «La diagnosi genetica, a questi livelli, è molto invasiva per l?embrione», dice Casini. «C?è il rischio che l?analisi ne provochi la morte».
«Noi invece», risponde Inglese, « siamo del tutto a favore della diagnosi pre impianto quando rappresenta una via di salvezza per tutte le coppie che vivono il dramma di essere portatrici di malattie geneticamente trasmissibili, come la talassemia o la fibrosi cistica». Diametralmente opposta è anche la posizione riguardo alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. «Cosa significa fare ricerca sugli embrioni? Significa ucciderli», afferma senza mezzi termini Casini. «è falso che le cellule staminali embrionali servano a guarire malattie: gli esperimenti condotti finora sui topi hanno dimostrato che anzi possono essere altamente cancerogene». «Noi riteniamo che ci sia un gran numero di malati nel mondo che aspetta risultati da queste ricerche, dai diabetici ai malati di Alzheimer», risponde Inglese. «E pensiamo che l?Italia non possa tirarsi indietro rispetto a questo passaggio scientifico, su cui il resto del mondo sta lavorando intensamente».
Il punto
La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita è in questi giorni al centro di un rovente dibattito tra i proponenti un referendum abrogativo e gli esponenti di associazioni che ne difendono i principi. Per capirne di più, Vita li ha ascoltati entrambi.
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