Sostenibilità
Fuga dagli Esg, l’economista Bruni: «La finanza è cinica»
Lo studioso analizza la situazione dell'economia mondiale, alla luce delle recenti dichiarazioni di Donald Trump, e del repentino riposizionamento dei ceo dei colossi della finanza, come Larry Fink di BlackRock. E spiega che ci vorrebbe «un altro obiettivo di sviluppo sostenibile, il 18mo Sdg, quello del capitale spirituale»
«Qui non sono in discussione tanto i 17 Sdg, gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu, piuttosto è evidente che ha ragione Papa Francesco, quando dice che occorre un diciottesimo obiettivo di sviluppo sostenibile: quello legato alla spiritualità». Luigino Bruni, economista, storico del pensiero economico, giornalista e professore ordinario di Economia politica all’Università Lumsa di Roma, non ha dubbi. In un’intervista che rilascia a VITA, partiamo dagli accadimenti che stanno facendo discutere il mondo (leggete che cosa scrive in proposito il nostro Giampaolo Cerri nella newsletter per gli abbonati ProdurreBene) per arrivare a una nuova filosofia di vita che riguarda davvero tutti.
Professor Bruni, alcuni dei più grandi colossi della finanza mondiale stanno facendo un dietrofront clamoroso rispetto alle tematiche Esg, vale a dire ambiente, sociale e governance. La punta dell’iceberg è BlackRock, amministrato da Larry Fink (nella foto sopra, ndr) il fondo che amministra asset per un valore sei volte maggiore del Pil italiano. Ma ce ne sono altri pronti ad accodarsi (leggete l’articolo di Simone Siliani). Significa che sinora avevano fatto finta di credere in queste politiche di sviluppo?
Queste istituzioni finanziarie globali sono l’emblema di quella che si chiama speculazione, un termine che deriva da specula, vale a dire il luogo di osservazione che consentiva di vedere il più lontano possibile. Lo speculatore anticipa le informazioni, ha uno staff di persone che fanno soltanto questo: raccogliere ed elaborare i dati, soprattutto di quei mercati (assicurativi e dei futures, tanto per citare qualche esempio) a cui oggi si sono aggiunti i mercati delle monete telematiche, come bitcoin e dintorni, che sono i più capaci di anticipazioni. In più ora hanno a disposizione l’intelligenza artificiale, dunque queste persone si muovono in tempi rapidi. Sono di un cinismo spaventoso, basti pensare a cosa accade alle Borse quando ci sono disastri, calamità e guerre. Non a caso, in certi casi, i mercati reagiscono positivamente. Non sono cattivi, fanno il loro mestiere. Che abbiamo voluto noi, sia chiaro.
Si riferisce al sistema borsistico?
Il sistema finanziario è complesso ma è frutto di scelte politiche, economiche e civili fatte negli ultimi cento anni, almeno attorno alla Prima Guerra mondiale che ha riordinato i grandi equilibri politici ed economici del pianeta. Queste cose non vengono decise da quattro grandi “fratelli” che si mettono insieme. È vero che certe scelte non vengono fatte dai Paesi africani, ma ci sono dentro tutti le grandi potenze, dagli Usa alla Francia, dalla Germania al Giappone, Italia compresa. Prima la vittoria di Trump, poi gli annunci di questi grandi gruppi finanziari e non solo, stanno orientando il posizionamento sui mercati e reagendo ai segnali. Hanno messo insieme una serie di algoritmi ipersofisticati e fanno le loro scelte. E sono prontissimi a cambiare non appena arrivano altri dati. Sono indicatori di tendenze di medio periodo, dunque vanno presi sul serio. Ma, come è accaduto nel 2008, possono pure fare dei grandissimi errori.
A proposito di cinismo, le guerre sono spesso servite a risanare le economie disastrate di grandi potenze.
Sì, ed è una faccenda antica. L’uscita dalla grande crisi americana ed europea del 1929 è coincisa con la Seconda Guerra mondiale e la successiva ricostruzione. È un fatto noto. I grandi interessi economici hanno le loro logiche, che a volte è quella del male comune. Però queste cose le abbiamo volute noi, e ce le teniamo. Non dobbiamo stupirci del loro cinismo che va in direzione opposta rispetto al buonsenso. E non dobbiamo scandalizzarci perché dicono cose che non ci piacciono, per esempio sul versante ambientale. Trump, che ha annunciato che farà riprendere le trivellazioni petrolifere in luoghi in cui erano state sospese dall’amministrazione Biden, ha dato segnali molto chiari della sua visione della scienza. È un negazionista su molti fronti, basta vedere che cosa ha detto sul riscaldamento globale e sulle fonti energetiche rinnovabili. I mercati interpretano questi dati senza remore di alcun genere.
A loro vantaggio.
A vantaggio degli investitori. E poi finiscono anche nei fondi in cui investono le famiglie del ceto medio. Non è che queste faccende riguardino soltanto un gruppo ristretto di iper-ricchi.
Un sistema che investe in pieno anche il variegato mondo assicurativo.
Certamente. La domanda che dovremmo farci è: come mai noi risparmiatori siamo così silenti e così poco interessati? Ci sono mondi interi, come quello cattolico e la vecchia sinistra, che hanno fatto battaglie contro la normalizzazione e il capitalismo neoliberista, e condividono i princìpi delle economie civile, di comunione e sociale. Ma quando vanno in banca e aprono un fondo di investimento, guardano soltanto al rendimento, senza un esercizio della democrazia finanziaria. La democrazia sta anche nelle scelte dei titoli di investimento, delle obbligazioni, dei bond, dei fondi pensione. Dove vanno a finire questi soldi, ce lo chiediamo? Dove vengono investiti? C’è una quota che rispetto a 20 anni fa purtroppo non sta crescendo, ed è quella dei risparmiatori eticamente responsabili. Mi riferisco non tanto alle preferenze, quanto ai comportamenti. Nelle dichiarazioni di principio, la quota è cresciuta. Per il resto, no.
Non crede, dunque, alla versione che vorrebbe il cittadino medio non molto preparato e informato su questi argomenti, tanto da poter agire in maniera consapevole?
Assolutamente non ci credo. Noi cittadini medi siamo molto esperti del funzionamento degli smartphone, investiamo tanto tempo per capire il meccanismo dei social. Gli esseri umani, in media, sono intelligenti. Solo che le energie che investiamo su certe cose sono inferiori a quelle messe in campo sulle scelte etiche nel consumo e nel risparmio. Non occorre un master in finanza per informarci, prima di andare a fare la spesa, sui prodotti che compriamo, sulle filiere, sugli zuccheri etici e le calorie morali. Basterebbe andare nei siti giusti anche in ambito finanziario, ma non lo facciamo. È un problema di scelte.
Il Papa ha rilanciato la proposta di costituire, con il denaro delle spese militari, un Fondo mondiale per eliminare la fame e per lo sviluppo dei Paesi del Sud del mondo.
Non è un caso che Papa Francesco abbia detto, nel suo Messaggio sulla pace dell’1 gennaio scorso, che occorre una nuova architettura finanziaria mondiale. Le grandi scelte politiche del passato possono essere sempre cambiate. Penso, per esempio, al debito dei Paesi più poveri. La finanza è troppo importante per essere lasciata ai finanzieri.
Ci sono diverse correnti di pensiero sul potere dei colossi finanziari e sul peso che esercitano sulla politica dei Paesi più importanti.
È chiaro che esistono le élite e sono sempre esistite, così come hanno avuto il loro peso nel mondo. Ma ce l’hanno molto meno di quanto loro stesse pensino. Perché il potere è distribuito tra milioni di agenti che, per fortuna, non riescono a coordinarsi tra di loro. Il benessere delle persone dipende dalle scelte di milioni di persone, compresi i politici. Il mondo del nostro tempo è la dimostrazione che non c’è solo una persona, Trump compreso, che detiene il pallino del gioco. Ci sono tanti pallini, piuttosto.
Tra meno di una settimana Trump si insedia. Che cosa si aspetta da un neo presidente che appare decisamente incattivito rispetto alla sua prima legislatura?
Gli Stati Uniti d’America sono l’esempio di una democrazia che ha pesi e contrappesi, dunque prevedo la reazione di certi ambienti, di alcune grandi imprese e delle Chiese, che mostreranno un’azione uguale e contraria. Perché certi provvedimenti, come i dazi, alla fine si ritorcono anche contro chi li impone. Saranno gli stessi americani a dire che non vogliono impoverirsi. In tanti fanno grandi promesse di cambiamento ma, quando vanno al potere, non riescono a fare più di tanto. Trump non può fare il dittatore del mondo, nessuno può riuscirci perché ci sono diversi gangli di potere. Per fortuna, aggiungo.
Lei appare abbastanza ottimista rispetto alla narrazione più ricorrente.
Dipende. Come direbbe Gramsci, ho il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà. Certo, se guardiamo a quanto poco si fa rispetto ai 17 Obiettivi che ci siamo posti con l’Agenda 2030, non possiamo che essere pessimisti. Ma non credo che il governo Trump farà molto per cambiare un trend che è arrivato a un punto di non ritorno. Il mondo va verso una maggiore sostenibilità, neppure Trump può pensare di bloccare qualcosa che è molto più grande di lui, che è l’umanità con tutti i fatti che accadono nel mondo. Il cambiamento dello stile di vita non è una faccenda che dipende dal presidente degli Usa. Ci sono milioni e milioni di persone che, ogni giorno, vanno nella direzione giusta. Non dobbiamo dare troppo peso a un singolo uomo, non siamo più nel Medioevo.
L’Agenda 2030, dunque, resta ancora raggiungibile.
Non credo che basti l’applicazione di quei 17 Sdg per cambiare il mondo. Ci sono dimensioni della vita che in quegli obiettivi non sono presenti, tra cui quella spirituale. Oggi le imprese falliscono perché in molta gente mancano le passioni per andare al lavorare al mattino. Molti giovani lasciano un lavoro senza averne un altro, perché cercano il senso della vita. Nel giro di una generazione abbiamo distrutto queste grandi ideologie, dobbiamo rimetterci mano. Subito. Il 18esimo Sdg è quello del capitale spirituale delle persone.
Che vogliano farlo i giovani, è un segnale incoraggiante.
La spiritualità non è la religione. Ed è un fattore imprescindibile. Possiamo vivere in un pianeta non inquinato, ma senza spiritualità non andiamo avanti. Dunque sì, è un ottimo segnale: i giovani sono sempre le sentinelle dell’aurora. Siamo degli incoscienti quando li incolpiamo di imbrattare i muri o di bloccare il traffico. Se non li ascoltiamo, tra qualche anno possono fare cose peggiori. Il futuro è loro, non dei vecchi. La sostenibilità è una faccenda che ha più dimensioni, le quali sono molte di più rispetto alle 17 che sono state individuate alcuni anni fa dall’assemblea Onu.
Nella foto di apertura di, AP Photo/Richard Drew/LaPresse, contrattazioni allo Stock Exchange di New York.
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