La campagna in cinque lingue

Salute: quando la barriera linguistica complica le cose

Abbattere gli ostacoli dovuti alla non conoscenza della lingua italiana è una questione di salute. Negli ospedali iniziano a lavorare mediatori linguistici culturali. Per rispondere a dubbi sull'uso corretto di farmaci, una volta tornati al domicilio, nasce il progetto "Pillole di consapevolezza" online e sui social

di Nicla Panciera

Quando alle consuete difficoltà di comunicazione tra medico e paziente si aggiungono le barriere linguistiche e culturali, come avviene in una società sempre più multietnica, tutto può diventare tremendamente complicato. Spesso sono i figli o i parenti ad accompagnare a una visita il proprio caro che non conosce bene l’italiano, altre volte è lo stesso paziente a chiedere l’aiuto di qualcuno. Durante un recente ricovero in un ospedale milanese, la mia vicina di letto, un’egiziana entrata d’urgenza la notte precedente, si è rivolta improvvisamente a me: «Scusa, mi spieghi cosa ha detto il medico? Io non ho capito niente». Dalla sua instancabile parlantina, mi era sembrato che conoscesse l’italiano. Deve averlo pensato anche il medico, vedendo la signora annuire e azzardare un paio di domande. Le mattine seguenti, a noi si è aggiunta la figlia della signora, nata in Italia e che, al telefono in viva voce, interloquiva con mamma e specialista durante il giro in corsia.

Quando un paziente non padroneggia la lingua, non solo è complicato comunicare le possibili opzioni terapeutiche da valutare insieme, ma anche solo spiegare i concetti più semplici si trasforma in un’impresa. Ne sono ben consapevoli i grandi ospedali ad alta specializzazione, meta di migrazione sanitaria intra e interregionale. L’Istituto nazionale dei tumori di Milano, Irccs oncologico pubblico, ad esempio, ha attivo un servizio di mediazione in arabo e cinese. Nel 2018, in collaborazione con Associazione Italiana di Oncologia Medica, l’Int ha lanciato uno sportello di mediazione linguistica culturale, formalizzando e rendendo permanente un programma di accoglienza e redazione di materiali informativi già presente in istituto per la popolazione di origini cinesi.

Il mediatore culturale è una figura fondamentale per l’abbattimento delle barriere, e favorire inclusione e garantire equità di accesso alle cure, ed è anche in grado di far nascere un rapporto di fiducia tra medico e paziente capace di stimolare quel ruolo attivo da parte del paziente tanto importante per il stesso successo del trattamento ma che, poi, pone alcune difficoltà nella vita quotidiana, fatta spesso di politerapia e di scarsa aderenza. Cosa fare se si dimentica di prendere una pillola? E se la confezione è scaduta? E se si è assunto il farmaco sbagliato?

È dedicata a questi piccoli grandi interrogativi «Pillole di consapevolezza. Farmaci: istruzioni per l’uso» campagna di educazione e informazione promossa da Boehringer Ingelheim, realizzata con Federazione ordini farmacisti italiani Fofi e Federfarma: un’iniziativa multilingue per indirizzare ad un uso più consapevole dei medicinali e rispondere a vari dubbi su come utilizzarli e conservarli correttamente. Sulla pagina dedicata alla campagna è possibile scaricare le «pillole di consapevolezza» in costante aggiornamento; in 6.000 farmacie su tutto il territorio italiano saranno esposte locandine informative in cinque lingue (italiano, spagnolo, filippino, rumeno e arabo) e verrà intrapresa un’attività di informazione e divulgazione sui social media con infografiche e videopillole.

Gli stranieri residenti in Italia sono 5,3 milioni, il 9% della popolazione. Oltre un milione sono i minori di seconda generazione, nati in Italia. Le 16 comunità più numerose sono marocchina, albanese, ucraina, cinese, indiana, bangladese, egiziana, filippina, pakistana, moldava, srilankese, senegalese, nigeriana, tunisina, peruviana ed ecuadoriana. Alcune di queste sono molto chiuse e l’italiano viene appreso con difficoltà anche dalle seconde generazioni. Secondo il report “Identità e percorsi di integrazione delle seconde generazioni in Italia” dell’Istat, nei soli studenti nati in Italia la quota di ragazzi cinesi che affermano di parlare molto bene l’italiano resta inferiore al 29 per cento, per i filippini arriva al 43,8 per cento contro una media del 60 per cento nelle altre comunità. Essere messi nelle condizioni di padroneggiare la lingua è anche una questione di salute.

Foto di TopSphere Media su Unsplash

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