Giuseppe La Rocca

«Agrigento e Trapani: la nostra fondazione di comunità sospesa tra mare e terra»

di Anna Spena

Il prossimo 22 gennaio saranno sei anni dalla costituzione. «La Fondazione di Comunitaria di Trapani e Agrigento», dice il direttore Giuseppe La Rocca, «è nata attraverso un vero processo partecipativo dal basso guidato da un gruppo di giovani che ha costruito un sistema di alleanze che io chiamo “meccanismo a fisarmonica” ovvero reti corte locali e reti lunghe extra locali, che penso sia stato uno dei più importanti elementi che ci hanno consentito di crescere in questi anni»

Il prossimo 22 gennaio saranno sei anni dalla costituzione. Ma la Fondazione Comunitaria di Trapani e Agrigento è nata, nelle intenzioni e nei desideri, qualche anno prima. Era il 2016 e 11 giovani del territorio, mossi da una speranza comune, costituiscono il comitato promotore: l’associazione Scirocco. «Per me», racconta Giuseppe La Rocca, direttore della Fondazione, «a cui è stato chiesto di guidare il comitato promotore e questo processo, questo ha significato investire personalmente in questa idea di sviluppo completamente, lasciando il mio precedente lavoro e abbracciando questa storia che non aveva la certezza del successo, in questo senso penso ad una frase della professoressa di sociologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Chiara Giaccardi: “Il coraggio di rischiare disposti a pagare di persona è una delle cifre distintive della generatività sociale”».

La comunità di riferimento della Fondazione è composta dalle persone che vivono nelle province di Agrigento e Trapani, da tutte le persone emigrate che hanno un legame affettivo verso la propria terra di origine e da tutte le organizzazioni e le imprese locali, nazionali e internazionali che vogliono contribuire allo sviluppo di questo territorio. 

Com’è nata la Fondazione?

La Fondazione comunitaria è stata costituita il 22 Gennaio 2019 dopo un percorso di animazione territoriale durato circa tre anni.  La spinta decisiva che ha messo in moto organizzazioni, imprese ed enti del Terzo settore è arrivata da un gruppo di 11 giovani del territorio che nel 2016 hanno costituito il comitato promotore l’Associazione Scirocco. Questi giovani insieme alle Diocesi di Agrigento e Trapani, all’Ecosistema per la Generatività Sociale e alla Fondazione Peppino Vismara hanno lavorato insieme per quasi tre anni, tessendo la rete che poi ha portato alla costituzione della sesta fondazione di comunità nel Sud Italia con 10 enti fondatori. La costituzione della Fondazione Comunitaria di Agrigento e Trapani si inserisce nel programma di infrastrutturazione sociale e di sostegno alle Fondazioni di Comunità nel Mezzogiorno promosso dalla Fondazione Con il Sud ed ha visto l’importante cooperazione in fase costituente di Assifero e della Fondazione Charlemagne.

Qual è stata la caratteristica principale del percorso di nascita?

Credo che uno dei tratti più distintivi della nostra storia sia stato questo processo partecipativo che poi è diventato anche uno dei nostri punti di forza. 

In che senso?

Si è trattato di un vero processo partecipativo dal basso che si è evoluto in un sistema di alleanze che io chiamo “meccanismo a fisarmonica”. 

Come funziona questo meccanismo?

Abbiamo costruito reti corte locali e reti lunghe extra locali. La fondazione di comunità oggi vive il territorio: ha mani, piedi, testa dentro le comunità. E poi ha alleati anche fuori. E questa doppia visione – dall’interno e dall’esterno – è uno degli elementi più importanti che ci ha permesso di crescere in questi anni.  Sapevamo che il lavoro poteva essere la chiave di tutto. Quando i giovani vanno via il territorio si impoverisce, perde il suo capitale umano. Quando siamo partiti volevamo trovare gli strumenti – non dico le soluzioni – per farli restare. 

Quali sono le principali aree di intervento?

La Fondazione promuove e sostiene programmi e progetti che rispondono ad alcuni bisogni che abbiamo identificato come prioritari per il territorio che sono: sviluppo delle comunità locali; contrasto della povertà educativa; sostegno alle imprese sociali e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale dei territori. La nostra è una Fondazione ibrida perché ha sia una piccola parte di attività erogativa – non solo economica ma anche di servizi e opportunità per gli Enti del Terzo settore – che si focalizza principalmente in due programmi: sostegno alle imprese sociali e crowdfunding di comunità, e una importante parte operativa. Realizziamo quindi progetti  – al momento ne abbiamo attivi circa 20 – co-finanziati da enti pubblici e privati nazionali ed europei, volti a produrre azioni di sviluppo locale concrete, innovative e sostenibili, in grado di facilitare la creazione di beni comuni in ottica comunitaria.

C’è una storia che l’ha particolarmente colpita in questi anni?

La nascita della Cooperativa Sociale Santa Maria di Gesù a Cammarata nell’entroterra agrigentino, che nasce dall’esperienza dell’Associazione l’Arca. La cooperativa sociale Santa Maria di Gesù sta realizzando il progetto “La Casa di Stefy” che prevede il potenziamento di un centro diurno in grado di dare una reale risposta ai bisogni relazionali e sociali espressi da chi vive la disabilità, dai giovani in condizione di svantaggio sociale agli anziani soli tramite momenti di aggregazione e la realizzazione di laboratori socio-educativi e creativi. Il nostro ruolo come Fondazione è stato quello di sostenere lo start-up della cooperativa sociale con vari strumenti: azioni di fundraising e progettazione sociale congiunte, e ancora con l’accompagnamento costante e grant.

E un progetto a cui è particolarmente affezionato?

Quello della Cooperativa Sociale Beehive. Beehive è un’impresa sociale costituita da tre giovani trapanesi: un incubatore di comunità nella città di Trapani volto alla promozione del south working e di formule di accompagnamento all’impresa sociale e ai giovani del territorio. Si rivolge a grandi aziende nazionali che consentono alle proprie persone di lavorare dal Sud e fornire servizi per la transizione digitale sostenibile alle imprese locali. Questo modello di sviluppo sostenibile trasforma l’idea tradizionale di lavoro: Beehive è infatti un incubatore di comunità che promuove lo sviluppo locale attraverso la nuova frontiera del lavoro ed il supporto alle start-up giovanili, costruisce occasioni di crescita professionale e personale, supporta imprese e professionisti verso la transizione digitale. Come Fondazione comunitaria abbiamo sostenuto lo start-up della cooperativa sociale e l’apertura della seconda sede operativa con vari strumenti: microcredito, accompagnamento costante, donazione, co-progettazione. Qua c’è anche da segnalare una bella alleanza con la Diocesi di Trapani, nostra fondatrice, che ha messo a disposizione un intero piano del palazzo Vescovile per la sede di questo incubatore di comunità che genera lavoro buono e giusto.

Mi racconta che città sono quelle di Agrigento e Trapani?

Entrambe sono città e province sospese tra mare e terra, tra la straordinaria bellezza della costa e delle isole minori, e la particolarità dell’entroterra caratterizzato da aree rurali e borghi. Ed è lo stesso territorio a determinare l’identità della Fondazione che si basa sulla sua centralità rispetto al Mar Mediterraneo, sulla rilevanza economica e sociale dei settori produttivi legati alle filiere del cibo e del turismo, sull’importanza del patrimonio artistico, culturale, naturale. Quindi, per le sue caratteristiche geografiche, storiche e socio economiche, il territorio che si estende tra le province di Agrigento e Trapani racchiude sfide e opportunità uniche. Entrambi i territori sono segnati da una forte emigrazione, soprattutto giovanile, e dagli arrivi di cittadini stranieri in cerca di un futuro migliore. Entrambe le città condividono sfide importanti, come il contrasto alle disuguaglianze e la valorizzazione delle nuove generazioni, ma anche straordinarie potenzialità che emergono dalla creatività delle nostre comunità anche nell’affrontare i problemi strutturali. In questi anni se da un lato abbiamo osservato contesti dove la capacità cooperativa ha consentito la nascita di esperienze civiche che fanno la differenza sui territori, proprio come infrastruttura sociale e spesso con la capacità si sopperire alle mancanze del settore pubblico, dall’altro lato ci siamo scontrati con la fatica di costruire alleanze ibride – penso ad esempio al Terzo settore e alla pubblica amministrazione – e ad innovare, la famosa frase “si è fatto sempre così” o “qua non siamo al nord, non si può fare” è un rischio che è sempre dietro l’angolo… Con la Fondazione di Comunità, quindi, abbiamo lavorato e lavoriamo per supportare i territori e le comunità locali, promuovendo progetti che siano in grado di trasformare le difficoltà in opportunità e occasioni di cambiamento per il bene comune. E l’importante è dimostrare una via di possibilità, che con impegno, visione e concretezza è possibile fare le cose e farle anche bene. Dare delle “opere che siano segno di cambiamento”.

Quali sono i bisogni principali che avete intercettato nel territorio e come avete risposto?

La povertà educativa (sociale, economica, culturale, relazionale…) è anche povertà di opportunità di sviluppo personale e delle comunità. Per questo motivo la Fondazione di Comunità sviluppa interventi per il contrasto della povertà educativa minorile costruendo alleanze con enti pubblici, scuole, enti del Terzo settore. Infatti, l’educazione delle bambine e dei bambini e delle ragazze e dei ragazzi è qualcosa che riguarda tutta la comunità. In questi anni abbiamo lavorato molto allo sviluppo di comunità educanti locali e con percorsi innovativi per i ragazzi e le ragazze in tre aree che riteniamo essere competenze chiave per il loro futuro ed anche il nostro come comunità: steam e competenze digitali, finanza e youth bank, green jobs. Il secondo bisogno è stato il lavoro che è espressione della nostra dignità, ma anche impegno, sforzo, capacità di collaborare con gli altri, perché esso è sempre “con” o “per” qualcuno. In questo senso, il lavoro è intriso di cooperazione. Per questo motivo, fin dalla sua costituzione, la Fondazione di Comunità ha lavorato per creare opportunità per la valorizzazione socio-economica dei più giovani, fornendo opportunità e occasioni di sviluppo personale e comunitario dell’economia sociale sui territori. Promuovendo la nascita di nuove imprese sociali o potenziando quelle esistente, con vari strumenti, che vanno dalla donazione, alla finanza con il microcredito, all’accompagnamento, alle co-progettazioni, networking… Una cassetta degli attrezzi per lo sviluppo locale dell’economia sociale. In questo senso mi piace l’immagine del fratello maggiore che si mette a fianco, né davanti, né dietro. Sono storie che ci appartengono, quelle dei ragazzi e delle imprese sociali. È importante il concetto di autorizzare gli altri al cambiamento, farsi garanti del cambiamento, ricordiamo che siamo la terra del Gattopardo, la famosa frase pronunciata da Tancredi “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.  Per questo motivo avere un’organizzazione come la Fondazione di Comunità che promuove, autorizza e si fa garante del cambiamento ci permette di scardinare questa “condanna” all’immobilismo ed a creare sviluppo locale.

Come mi descriverebbe i primi cinque anni di lavoro della Fondazione e cosa spera per i prossimi cinque?

Faticosi ed entusiasmanti: immaginare e costruire una Fondazione di Comunità al sud, in città periferiche, durante una pandemia mondiale è stata una sfida non banale. Direi che il filo rosso che mi ha guidato alla direzione della fondazione in questi anni è stato cercare di coniugare “Visione e concretezza” dell’agire organizzativo e con l’unico obiettivo di creare sviluppo in ottica comunitaria. L’altro elemento che è importante sottolineare e il ruolo fondamentale che hanno avuto alcune persone nella strada fatta finora, non a caso il claim che utilizziamo è “persone e progetti per lo sviluppo locale”. Penso sia a tutto il Consiglio di amministrazione con in primis il nostro presidente Pietro Basiricò ed a tutto lo staff operativo della Fondazione. Ma anche ad alcune persone che da fratelli maggiori ci hanno accompagnato ed aiutato: Carlo Borgomeo (già presidente di Fondazione con il sud), il card. Francesco Montenegro (Arcivescovo emerito di Agrigento), Mauro Magatti e Johnny Dotti, Mons. Pietro Maria Fragnelli (Vescovo di Trapani), mons. Alessandro Damiano (Arcivescovo di Agrigento), Stefania Mancini (presidente Assifero), Paolo Morerio (presidente Fondazione Vismara). Per il futuro spero ci possa essere una maggiore capacità di innovazione nostra e dei territori che con creatività costruiscono delle risposte ai bisogni delle comunità: penso ad un progetto a cui stiamo lavorando con Comunità energetiche rinnovabili CER e povertà educativa. E poi l’avere tempo, energie e risorse per investire in nuovi ambiti di intervento come il welfare culturale o la valorizzazione dei beni confiscati. Spero anche in un maggiore coinvolgimento di alcuni pezzi di società come la pubblica amministrazione ed il mondo imprenditoriale.

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