Volontariato

La politica estera siamo noi

Una vita dedicata alla cooperazione allo sviluppo, l’ultimo decennio alla guida della Focsiv. Intervista a Sergio Marelli.

di Paolo Manzo

S ergio Marelli l?ho conosciuto per la prima volta ?como corresponde?, che in spagnolo sta per ?come si deve?, lo scorso marzo, in Perù. Al meeting annuale del Bid, la Banca interamericana di sviluppo: io c?ero come scribacchino, lui come presidente dell?Associazione ong italiane. Di fronte a un paio di pisco sour ci raccontammo un po? di vita, come fanno di solito gli italiani all?estero, a 10mila chilometri da casa. Adesso, nella sede romana della Focsiv, «56 organismi federati il cui bilancio consolidato ammonta a un volume annuale di circa 80 milioni di euro», spiega lui, è tempo di riprendere il filo del discorso interrotto in quel di Lima. Aria simpatica (come tutti i pelati), nato a Como, scorpione, milanista, una figlia 17enne assai bella e che in parecchi abbiamo notato (con piacere) al Meeting di Rimini, Marelli ha in comune con Vita parecchie cose. A cominciare dal 1994. «Vero, verissimo. Fu proprio dieci anni fa, infatti, che accettai la proposta della Focsiv, diventandone direttore generale». Nel mondo della cooperazione Marelli aveva iniziato facendo il volontario in Burundi, «con l?Aspem di Cantù, dove ho vissuto fino a 10 anni fa. Perché, in realtà, la cosa più importante del 1994 è che, qualche mese dopo aver accettato la proposta della Focsiv, ho lasciato la mia piccola cittadina, quasi paese, nel Nord Italia per trasferirmi a Roma, la grande metropoli». Una scelta di vita obbligata, per potersi dedicare alla Focsiv «a tempo più che pieno, totalizzante, e per avere un po? più di momenti in famiglia. Senza dover fare su e giù per l?Italia, ogni weekend», confessa, per nulla pentito della scelta? Sud-Nord: il diritto dei popoli alla differenza di Thierry Verhelst (Edizioni Gruppo Abele) il suo libro di riferimento del decennio, «perché è uno spaccato su come considerare la dimensione culturale anche nell?approccio dei progetti di sviluppo». Progetti di sviluppo e, quindi, cooperazione internazionale… Vita: Com?è cambiata in questi ultimi 10 anni, dalla prima grande crisi dell?epoca post socialista ad oggi? Sergio Marelli: Il 1994, gli anni bui del dopo Mani pulite e del dopo Mala cooperazione, in cui quell?ondata giusta e doverosa ha anche travolto chi – come le ong e il volontariato – non aveva nulla a che spartire con gli affari e l?affarismo di quella cooperazione internazionale. In quella stagione si fece di tutta l?erba un fascio e, di conseguenza, ci fu un periodo inquisitorio, in cui si moltiplicarono controlli e regole. Vita: Il che va bene, mi pare? Marelli: Il problema è che lo si fece nella maniera più sbagliata e negativa, passando dall?affarismo a una cooperazione ipercontrollata da un punto di vista delle carte bollate. E la burocrazia ha tolto risorse ed efficacia ai controlli sulle opere davvero condotte sul campo. Questa burocratizzazione ha obbligato le strutture delle ong a seguire queste bizzarrie dell?amministrazione statale. Un?evoluzione che ha accompagnato il settore della cooperazione allo sviluppo in questi 10 anni. Vita: Che avete fatto per adeguarvi alla bizzarria statale? Marelli: Abbiamo diversificato le fonti di riferimento, sia a livello istituzionale – rivolgendoci di più verso l?Unione europea, l?Onu e gli enti locali che sono diventati le tre grandi fonti a cui abbiamo imparato a rivolgerci per ottenere finanziamenti – sia puntando alla grande sull?autofinanziamento e sui privati. Penso che uno dei fiori all?occhiello della Focsiv, oggi, sia che il 56% del nostro bilancio consolidato proviene da fonti private. Un segnale di credibilità, conquistata presso la gente, ma anche di capacità nell?usare tecniche, linguaggi e metodologie nuove per sollecitare la solidarietà degli italiani. Vita: Anche perché la percentuale di partecipazione statale rispetto al Pil è lontana anni luce dallo 0,7% che l?Italia ha promesso all?Onu. Oggi siamo a livelli risibili? Marelli: E pensare che nel 1994 eravamo tra i primi donatori, con un lusinghiero 0,34% del Pil che lasciava sperare che l?Italia mantenesse l?impegno assunto con l?Onu. Oggi, invece, siamo di fronte a una diminuzione costante che sembra oramai consolidarsi e fa prevedere che, nel 2005, si attesterà attorno allo 0,13%. Sei volte meno dell?impegno assunto, ma anche un terzo di quanto si stanziava 10 anni fa. Vita: Non è sintomatico di come, in Italia, la cooperazione internazionale non sia considerata un elemento strategico della politica estera, come fanno in altri Paesi? Marelli: Assolutamente sì. E noi abbiamo sempre denunciato la miopia della classe politica italiana nel considerare la cooperazione internazionale come un orpello da relegare alla benevolenza e alla compassione del nostro Paese. Invece che uno strumento principe della politica estera. Non è un caso che, in Italia, la cooperazione sia stata, spesso, sovrapposta ad altre politiche: a inizio anni 90 con il commercio estero, oggi con gli interventi militari armati. Dimostrando una subalternità nella cultura della classe dirigenziale e governativa del nostro Paese tra cooperazione e altre politiche estere. Vita: Senza, tra l?altro, che in questi 10 anni si riuscisse a fare uno straccio di legge? Marelli: Già e sempre il 1994 fu l?anno a cui si fa risalire la prima proposta seria per riformare la legge 49 sulla cooperazione. Stiamo parlando di un?epopea decennale ancora non conclusa che, da un lato, vede le ong e gli altri soggetti attivi nella cooperazione internazionale richiedere urgentemente la riforma di questa legge che ha fatto il suo tempo e, dall?altra, l?incapacità del parlamento e dei governi che si sono susseguiti, siano essi di centrosinistra o di centrodestra… Vita: Ma diamoli i voti ai governi che si sono succeduti nell?ultimo decennio. Il primo governo Berlusconi? Marelli: Dal punto di vista della cooperazione internazionale è un?insufficienza perché ha continuato, nonostante si fosse proclamato in controtendenza, il declino dell?impegno del nostro Paese verso la cooperazione internazionale. Secondo motivo dell?insufficienza è perché, proprio a quegli anni, va fatta risalire l?interruzione della concertazione con le rappresentanze della società civile, e delle ong in particolare, per quanto riguarda la cooperazione internazionale. Il suo governo abolì tutti gli organi consultativi all?interno del ministero degli Esteri, dove le ong avevano dei posti occupati dai loro rappresentanti a livello nazionale. Insufficienza. Vita: Prodi-D?Alema? Marelli: L?insufficienza data al primo Berlusconi, che si ripete per gli stessi motivi, si aggrava in qualche modo per avere avuto un governo di centrosinistra che ha dichiarato, unilateralmente, la guerra in Kosovo con la Nato. Attraverso bombardamenti che sappiamo tutti, poi, quanto danno abbiano fatto e quanto poco abbiano risolto la situazione là? Vita: La parentesi Dini? Marelli: Troppo corta. Vita: Il governo Amato? Marelli: È stato importante. Va riconosciuto il merito a Giuliano Amato di aver fatto una grande consultazione con la società civile. Soprattutto, grazie ai cosiddetti ?sherpa? messi in campo che avevano dimostrato – a mio modo di vedere – una sincera voglia di dialogare e confrontarsi con le nostre rappresentanze, le ong e la società civile. Poi, però, da un punto di vista logistico, fu il governo che ?alzò la palla? al Berlusconi-bis. Ma al governo Amato diamo una sufficienza. Di certo quel governo fece più degli altri per dialogare con noi, ma ebbe un?eccessiva paura nell?affrontare il grande momento del G8, e fu incapace di andare verso Genova con i discorsi chiari che io mi aspetto da un governo di centrosinistra. Vita: Infine l?attuale governo Berlusconi Marelli: È partito nel peggiore dei modi, con l?istigazione di Genova, cui s?aggiunse l?incapacità di controllare una frangia che si poteva benissimo prevedere ci sarebbe stata. Poi la repressione delle forze dell?ordine. A seguire la stagione dei grandi proclami, a partire dal World Food Summit. Grandi promesse e dichiarazioni: personalmente non dimenticherò mai l?occasione in cui Berlusconi, in veste di presidente del Consiglio, dichiarò che non si sarebbe accontentato dello 0,7% alla cooperazione ma che l?Italia presto avrebbe raggiunto l?1% del Pil da destinare ai Paesi poveri? Ma ai dati che sono sotto gli occhi di tutti, si aggiunge l?assoluta e dichiarata contrarietà a consultare, lavorare, far partecipare, condividere le scelte di cooperazione internazionale con le rappresentanze della società civile. Un?insufficienza assolutamente piena. Vita: La guerra in Iraq ha cambiato lo scenario, ponendo il problema della sicurezza di chi opera in queste zone. Cos?è mutato per il vostro mondo? Marelli: L?Iraq ha scombussolato le carte in gioco. Le ong hanno sempre lavorato nelle emergenze, comprese quelle provocate dall?uomo, quindi in situazioni di conflitto e di post conflitto. Noi abbiamo sempre offerto la nostra collaborazione e disponibilità a lavorare, fianco a fianco con le forze internazionali di interposizione e di peacekeeping dell?Onu. Quindi la nostra non è una posizione né assolutamente antimilitarista, né che preclude a priori la possibilità e la necessità di usare – a volte – delle forze di polizia per riportare lo stato di diritto e una situazione di democrazia. Ciò che l?Iraq ha profondamente cambiato, a mio modo di vedere, sono due cose: la prima è che già, a due anni di distanza, si dimentica che questa è stata la prima guerra preventiva. Un fatto di straordinaria gravità. La seconda è che si sta affermando sempre più una cultura, anche veicolata ad arte con insistenza dai massmedia del nostro Paese, che ci propone la confusione tra interventi militari e interventi di aiuto umanitario e, quindi, di cooperazione internazionale. Questo è un grave errore, per noi inaccettabile, ed è il vero motivo per cui oggi non collaboriamo con le forze di occupazione in Iraq, che continuano ad agire al di fuori del diritto internazionale. Il più grande imbroglio che si possa fare, la più grande bugia che si possa dire, è spacciare questi interventi come aiuto umanitario. Vita: Quali le più grosse vittorie in questi 10 anni? Marelli: Oggi le ong sono delle realtà non solo credibili ma riconosciute come professionali, che mantengono alti valori e motivazioni, base irrinunciabile del nostro lavoro. E non a caso, come Forum del Terzo settore, abbiamo sottoscritto un patto con il governo Prodi, che di fatto ci ha riconosciuto come parti sociali. Al pari delle associazioni di categoria e delle rappresentanze sindacali, oggi siamo membri del Cnel e siamo reputati un settore importante dell?economia e della società civile italiana. Altro risultato molto importante è l?aver voluto, alla fine del 2000, la creazione di un?associazione nazionale delle ong. Un traguardo di grande rilevanza, in cui diverse culture, diverse provenienze, diverse storie e diverse specificità hanno riconosciuto la necessità di una rappresentanza unitaria, un momento forte anche per aumentare il nostro potere contrattuale nei confronti delle istituzioni e l?impatto verso la società civile. Vita: E le sconfitte degli ultimi 10 anni? Marelli: Sono tante. Non essere riusciti a far capire che i governi si devono impegnare nella cooperazione internazionale non per buonismo ma per dovere etico; quando vediamo un progetto che realizziamo nei Pvs non andare a buon fine; quando vediamo un nostro militare in Iraq morto in un incidente stradale ricordato con i funerali di Stato, mentre non una parola è spesa dalle nostre istituzioni per i 64 volontari e cooperanti morti in giro per il mondo negli ultimi 25 anni? Perché se non si capisce che i 3mila volontari e cooperanti attivi nel Sud del mondo sono il vero contingente di pace del nostro Paese, è una nostra grande sconfitta. Ma le sconfitte di oggi sono l?obiettivo di domani.


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