Famiglia

IO affido e TU?

Gli istituti per minori chiudono senza che siano state trovate soluzioni di accoglienza alternative. L’affido familiare non è in grado di reggere l’impatto.

di Benedetta Verrini

«Il 31 dicembre? Mi chiudo dentro l?istituto e aspetto. Che vengano ad arrestarmi. Che vengano loro, a cacciare 40 ragazzi che non hanno famiglia né casa. Io sulla strada non ce li mando». è come un leone ferito, Porfirio Grazioli. Direttore dal 1962 della Città dei Ragazzi di Roma, un istituto per minori fondato nel dopoguerra da un sacerdote irlandese, si è presentato al convegno di Bellaria su adozioni e affido, organizzato a fine agosto da AiBi – Amici dei Bambini, sapendo bene di essere una ?controparte?. Infatti si è preso anche i fischi, quando ha preso la parola e ha detto di nutrire dubbi sulla qualità degli affidi familiari. «In realtà volevo solo far capire che, oggi come oggi, l?affido non è una misura sufficiente a fronteggiare l?emergenza dei ragazzi fuori dalla famiglia e l?impatto della chiusura degli istituti». E ritorna ai ?suoi? ragazzi, che vivono in una vera e propria cittadella di 80 ettari nell?agro romano, a sud ovest della capitale, con strade, piazze, abitazioni e servizi. «Ne ospitiamo oltre 80» spiega. «Per loro non è ipotizzabile il rientro ad alcuna famiglia d?origine, visto che non ce l?hanno: l?85%, infatti, sono stranieri. Albanesi, africani, provenienti dall?Est Europa, quasi tutti tra i 13 e i 18 anni». E qui i toni si accendono. Perché la chiusura, per la Città dei Ragazzi, è già dietro l?angolo: la Regione Lazio ha stabilito che dovrà essere realizzata entro la fine del 2004 e non nel 2006 come prevede la legge 149. «Per 40 di loro abbiamo già creato 5 gruppi appartamento», spiega Grazioli. «Ma per gli altri non so che fare. Questa legge ha imposto un cambiamento senza dare le risorse per trasformarci, né pianificando un progetto educativo per i minori. La volete sapere una cosa? Nessuno dei miei ragazzi vuole andare in affido familiare. Sono troppo grandi, hanno avuto esperienze troppo difficili o non appartengono alla nostra stessa cultura. Allora, cosa ne vogliamo fare? Devono sparire e basta?». La provocazione, ovviamente, mette al centro del dibattito anche la ?tenuta? del sistema affidi. Le famiglie affidatarie sono 5mila contro un bisogno di oltre 20mila minori, di cui più di 2.600 ancora in istituto. «Siamo di fronte al fallimento dell?affido familiare?», si è domandato Walter Martini, dell?Associazione Papa Giovanni XXIII. «Di certo», ha proseguito, «ci sono situazioni che rischiano di lasciarlo in un limbo di ?eroismo? quotidiano. Basti pensare che le famiglie sono chiamate quasi sempre in casi estremi, in cui è faticosissimo reggere la responsabilità di un?accoglienza. E che il gesto dell?affido è stato ormai ingabbiato in un tecnicismo di regole che hanno snaturato la spontaneità del gesto». A rincarare la dose ci si è messo anche il governo, che ha chiuso il convegno senza offrire prospettive concrete di rilancio dell?affido familiare e di rifinanziamento dei progetti per l?infanzia e l?adolescenza. «Il Fondo per le politiche sociali non aumenterà», ha dichiarato il sottosegretario al Welfare, Grazia Sestini. Uniche misure assunte a breve, infatti, saranno la diffusione di un opuscolo informativo sull?affido familiare e uno spot tv. «Visto che le risorse non aumenteranno, sarà necessario interrogarsi sulle priorità o ingegnarsi a trovare fondi alternativi come quelli del Fondo sociale europeo», ha proseguito la senatrice, dicendosi però favorevole a un rinnovato ruolo delle associazioni familiari nella gestione dell?affido familiare. L?affiancamento dell?associazione familiare alla famiglia affidataria, alla famiglia d?origine e ai servizi in tutto il percorso di affidamento del minore è una delle soluzioni prospettate (e già sperimentate) dalla stessa AiBi, che a Napoli ha già fatto nascere un Centro servizi per la famiglia ad uso di una rete di nuclei affidatari. E vede il favore di una grande realtà come la Comunità Papa Giovanni XXIII. «Anche noi crediamo moltissimo in questa soluzione», sostiene Walter Martini. «La gestione diretta dell?affido da parte delle associazioni aumenta la tutela dei bambini, offrendo un importante sostegno alla famiglia affidataria. L?associazione, con i suoi servizi di supporto, diventa una rete di protezione per tutti i soggetti coinvolti, garantendo la massima garanzia di serietà e competenza anche nei confronti dei soggetti istituzionali, come i servizi e la magistratura». Nonostante le perplessità espresse dall?Anfaa-Associazione famiglie adottive e affidatarie e dal Coordinamento nazionale dei servizi affidi (secondo cui la titolarità della tutela dei minori deve comunque restare in capo ai servizi pubblici), questo del ?protagonismo associativo? potrebbe essere davvero il modello vincente per rilanciare l?affido familiare, nel nulla di fatto incassato dal governo e nello stato di emergenza dei tanti minori fuori dalla famiglia. L?allarme del direttore della Città dei Ragazzi non è affatto estraneo a chi gestisce comunità educative e d?accoglienza. «Siamo in una fase di ping pong di competenze tra Stato, Regioni e Comuni», sottolinea Lucio Babolin del Cnca, il Coordinamento nazionale delle comunità d?accoglienza. «In mancanza dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali, che il governo non ha ancora emanato, c?è il rischio che ogni ente locale detti i suoi criteri di qualità e quantità nell?affidamento dei minori. E che sul privato sociale venga scaricata una gestione molto rischiosa. Mancano, ad esempio, criteri di accreditamento omogenei per le comunità educative e di accoglienza. Mancano profili professionali comuni e condivisi per gli educatori che devono lavorare con i bambini. Mancano le risorse. è vero che oggi per un minore in difficoltà esistono tante soluzioni d?accoglienza differenti e personalizzate, dall?affido fino al gruppo appartamento. Ma c?è il rischio che si ricorra alla sistemazione più economica, e non a quella che meglio risponde a un progetto educativo».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA