Natale con i poveri

Il Natale semplice di chi ha vissuto la strada

Ci sono difficoltà della vita che ne cambiano il corso e portano a conoscere la strada. Basta, però, che qualcuno tenda una mano o si metta in ascolto e le storie come quelle di Liboria, Alessandro o Melchiorre si trasformano: il Natale è tutto lì, nel calore umano di un abbraccio o di un canto che ricorda l'infanzia

di Gilda Sciortino

«I giorni in cui vagavo per la città con la mia roulotte fortunatamente sono lontani e ora li guardo anche con una certa tenerezza. Oggi posso finalmente dire che non solo lo respiro, ma lo avverto dentro di me il Natale. Non mi sento più sola, ma parte di una famiglia».

Per Liboria, il Natale oggi ha il sapore della famiglia, quella nella quale è stata accolta quando è entrata nel circuito dei Poli di accoglienza dei quali fa parte il “San Carlo” della Caritas Diocesana di Palermo, gestito dalla cooperativa “La Panormitana”: un luogo di approdo ma anche dal quale vedere ripartire la vita di chi ha conosciuto la strada a causa di così tanti ostacoli da far pensare che la soluzione era cedere all’ineluttibilità del destino.

Qui, nel cuore del centro storico di Palermo, girato l’angolo delle piazze in cui la movida regala una temporanea leggerezza, la gravità di una vita incerta che non consente uno sguardo a lunga distanza si respira attraverso chi di giorno viene accolto per sedere alla mensa, mentre di notte può contare su un letto caldo e morbido. Una struttura aperta 365 giorni all’anno che, durante il lockdown, ha aiutato 134mila persone. Un vero punto di riferimento per chi di riferimenti nella vita non ne ha da tempo.

Sessantatre anni a gennaio,  Liboria era una delle più classiche mogli e madri, due figli e un matrimonio che durava da 15 anni.

Quando mio marito ha cominciato a picchiare anche i bambini

«Mi sono sempre occupata della famiglia, credendo che tutto andasse bene, sino a quando mio marito ha cominciato a picchiare anche i miei bambini, così ho detto basta e sono andata via, accolta da mia madre. A quel tempo i miei figli avevano  8 e 14 anni, non è stato facile crescerli da sola. Nonostante tutto, li ho fatti diplomare: oggi hanno 32 e 37 anni, vivono in Germania, uno fa il pizzaiolo e l’altro il camionista. Una bella soddisfazione. Purtroppo, però, le cose con mia madre non sono andate come speravo perché i litigi con lei erano all’ordine del giorno, probabilmente perché io riversavo su di lei le frustrazioni di quello che credevo essere stato un mio fallimento. Così sono finita per strada, a vivere dentro una roulotte con la quale mi spostavo ogni notte perché non avevo l’assicurazione. Quando sono tornata in città da un viaggio che ho fatto in Germania per un lavoretto stagionale, la roulotte non c’era più. Il mio letto a quel punto sono diventate le panchine. È stato in seguito al tentativo di alcuni ragazzi di darmi fuoco dopo avermi cosparso di benzina, che lo scorso luglio sono arrivata in questa struttura, inviata dai servizi sociali».

Un percorso veloce, quello di Liboria, per riacquistare la sua autonomia passando dal dormitorio all’hounsing led. «Finalmente il mio Natale sarà pieno di luce, anche grazie a questa nuova esperienza che mi accingo a fare. Una casa nuova, una vita nuova. Sono veramente emozionata e spero di farcela». E se dovesse dare un colore a questo Natale? «Sicuramente il classico rosso, con uno spirito di fiducia nel futuro che voglio condividere con tutte le persone che ho conosciuto qui dentro. Ovviamente mi sarebbe piaciuto trascorrere le feste con i miei figli, ma si vede che non è ancora il momento», dice Liboria.

Natale cioè fiducia anche verso chi non si conosce

Impossibile restare indifferenti davanti alla gioia che Liboria esprime, mentre racconta la sua vita scuotendo una massa di capelli nero corvino che ricadono dolcemente sul suo cappotto rosso. Sofferenze che in strutture come il “San Carlo” vengono accolte, cercando di avere cura dell’intimità di ogni singolo ospite. E se una delle passioni di Liboria è il ricamo, il Natale è l’occasione per scoprire invece l’animo poetico di Alessandro, 56 anni portati molto bene, il cui racconto corre fluido sino a quando la memoria non riporta a galla il dolore di un rapporto fraterno molto complicato e di una relazione sentimentale andata male per la sua troppa fiducia nei confronti di una donna che non mirava al cuore ma alla floridezza economica data da un patrimonio personale e un lavoro che garantivano parecchia sicurezza. Ma ci vuole un attimo perché tutto crolli.

«È nei momenti più bui che la scrittura mi ha sempre consentito di andare in apnea, cercando nel profondo nuovi colori e nuove sfumature che mi consentissero di non rivivere la sofferenza che ha dilaniato la mia anima. In questo percorso molto intimo mi ha aiutato il fatto che, nel passato, avevo sempre scritto di prosa e di teatro, passione che porto anche qui, nel laboratorio teatrale al quale partecipo durante l’anno».

Un bambino affamato d’amore

Alessandro racconta Liboria lo definisce un «affamato di amore, perché in famiglia, dopo la morte dei miei genitori, sono sempre stato deriso, umiliato, picchiato da uno dei miei fratelli che si è vendicato sino a tarda età per il fatto che io ero il figlio più coccolato. Ma solitamente si riversa maggiore affetto nei confronti dell’ultimo arrivato, che colpa ne ho io? Solo in questa struttura ho ritrovato me stesso quando, lo scorso giugno, sono stato accolto a braccia aperte dopo essere finito per strada. Avevo perso tutto, compresi i miei due cani, Aurora e Dylan, un pastore maremmano svizzero e un pastore tedesco spettacolari, che ho dovuto dare via per non fare vivere loro l’esperienza della strada. Io so che qui ho trovato una nuova famiglia e tanta pace e mi perdoni chi mi sta ascoltando, ma il Natale per me è la tristezza per non potere rimediare a nulla di quanto è accaduto».

Non è Natale senza tombola

Alla mancanza di studio Melchiorre Benigno risponde con una verve innata che lo rendono il classico trascinatore di folle «perché quando abbiamo incontrato dei veri attori mi sono reso conto che ci vuole impegno e tanta costanza. Siamo stati in teatro per capire meglio questo mondo e per poterci avventurare nell’esperienza di laboratorio teatrale che fa parte delle nostra attività. Se ripenso alla mia vita precedente, quando non facevo altro che pretendere da mia moglie che andasse a lavorare e si curasse di me, mi rendo conto del fatto che era inevitabile che, a un certo punto, mi buttasse fuori di casa: me lo sono meritato. Oggi sono una persona nuova. Ho capito tante cose, soprattutto cosa vuol dire famiglia. Del resto il Natale è questo, voglia di stare insieme e condividere anche la nostra solitudine interiore. A partire dall’albero di Natale che abbiamo fatto tutti insieme. Questa, oggi, è la nostra casa e tutti dobbiamo essere felici, grati, di avere trovato un luogo in cui anche gli operatori si sentono parte di una grande famiglia».

Una carezza, un gesto di amore, tanta empatia è ciò che chiedono per il Natale 2024 Liboria, Alessandro e Melchiorre. Lo chiedono anche a nome di tutti i loro compagni di viaggio che non hanno o non trovano voce. Sentimenti da cullare come le onde del mare che accompagnano i versi di Alessandro e che curano anime schiaffeggiate duramente dalla vita. «Ho bisogno di emozioni dentro le quali allettare la mia anima, percepire lo sciabordio delle onde sulla riva».

La povertà è un tema totalmente dimenticato del dibattito politico e pubblico. Eppure abbiamo tassi mai visti negli ultimi dieci anni. E allora occorre avere il coraggio e la responsabilità di raccontare le storie di chi fatica ad arrivare a fine mese. Perché non solo le “loro” storie, sono le “nostre” storie. Questo articolo fa parte di una serie intitolata “Natale con i poveri”. Leggi anche:

– Quei 5,7 milioni di poveri che non vogliamo vedere
– Gli abitanti delle Vele di Scampia: «Il nostro Natale da “senzatetto”»
– Il mio primo Natale in famiglia, dopo tanti anni di carcere
– Francesca: «Non sono sola. Per questo sarà un buon Natale, nonostante tutto»
– Aver messo sotto l’albero un regalo per il mio bimbo: conta solo questo
Un incontro di solitudini al pranzo di Natale
Al cenone dei senza dimora, l’augurio di Gianni è una casa per tutti

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.