Volontariato

Ad Atene si sfila con macchine da cucire

Gli sponsor. Un primo bilancio della campagna Play flair.

di Redazione

Atene 2004? Un successo per l?organizzazione teutonica dei Greci (bravissimi e orgogliosi di mostrare al mondo di cosa sono capaci dopo la tragicomica vicenda Kenteris-Thanou) e la scarsa invasività (si dice?) degli sponsor, che rispetto a Sydney e soprattutto ad Atlanta, hanno scelto un profilo basso (nonostante gli investimenti in rialzo: 576 milioni di euro investiti complessivamente dai grandi marchi). Buone notizie? Non solo. Sul comportamento dei grandi marchi del tessile sportivo è stata lanciata una campagna Play flani at the Olympics (cfr Vita n.31/33) con tanto di raccolta di firme. Ma l?appello ad una maggiore trasparenza, seppur siglato da ben 540mila persone, non è stato neppure ritirato dal Cio. Pleonastica la scusa: «I proventi degli sponsor sono la nostra seconda entrata dopo quella dei diritti televisivi (1,2 miliardi di euro questi ultimi, ndr). Un altro report di una Ong americana, Labor national cometee, aveva contestato soprattutto le condizioni di lavoro nelle fabbriche dislocate in Cina. Qui un operaio di uno stabilimento della Puma ha una paga oraria di 0,16 euro. Un paio di scarpe uscite da lì ha un costo di mano d?opera di poco più di un euro (1,16 dollari, per la precisione). Su quel paio di scarpe la stessa azienda andrà a fare un investimento cinque volte più consistente in pubblicità. Da anni Nike, Reebok e la stessa Puma hanno adottato codici di condotta, non sufficienti però a fornire garanzie sulle filierie produttive. Per chiedere più eticità ad Atene si è tenuta anche una manifestazione: il 10 agosto delle ragazze mascherate hanno sfilato portando simbolicamente della macchine da cucire.


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