Cultura
Se lo Stato in azienda fa meglio dei privati
Parla Massimo Pini. "Il grande capitalismo privato ha fallito la sua scommessa. Ha rilevato i monopoli pubblici, ma non è in grado di gestirli con giustizia".
Di primo acchito, assomiglia un po? a quel cinese che si siede lungo la riva del fiume e aspetta che prima o poi passi il cadavere del nemico. In questo caso, il cosiddetto ?nuovo che avanza? che ha spazzato via una classe dirigente di cui rivendica con orgoglio l?appartenenza. In realtà, basta cominciare a parlarci e Massimo Pini, tra i più stretti collaboratori di Bettino Craxi, imprenditore e manager di lungo corso delle partecipazioni statali, non manifesta alcun desiderio di ?vendetta? nei confronti di nessuno, ma solo un lucido distacco con cui analizza i fatti economici e politici di casa nostra e ne coglie le molteplici incongruenze. Nei giorni scorsi Mondadori ha ridato alle stampe, nella collana degli Oscar, il suo I giorni dell?Iri, di cui è stato dal 1986 al 1992 membro del comitato di presidenza. Proprio oggi che tanti invocano il ritorno all?industria di Stato…
Vita: Come interpreta l?auspicio che molti formulano di un ritorno a un ruolo forte dello Stato in economia?
Massimo Pini: Oggi lo Stato ha ancora importanti partecipazioni industriali, francamente non credo che sia possibile un ritorno alle partecipazioni statali così come le abbiamo conosciute in passato. è auspicabile, invece, un maggior coordinamento tra le aziende pubbliche.
Vita: Allora mettiamola diversamente: il capitalismo italiano può dirsi ormai ?affrancato? dal pubblico?
Pini: Bisogna partire dai primi anni Novanta, perché è in quel periodo che il capitalismo italiano decide di fare a meno della politica. La stessa operazione Mani Pulite io la interpreto non come un fatto etico, ma come un fatto politico in cui la politica viene messa da parte dalle grandi famiglie del capitalismo italiano e dalle alleanze che questo stringe con il capitalismo estero. Questo tentativo, secondo me, a distanza di dieci anni non è riuscito.
Vita: Perché?
Pini: Perché il bipolarismo non ha avuto successo. è emersa un?eccessiva personalizzazione del potere piuttosto che un sistema di maggioranza e opposizione.
Vita: E quali conseguenze, a suo avviso, ciò ha prodotto sul capitalismo?
Pini: Che alcuni monopoli pubblici sono diventati monopoli privati, che il sistema bancario è diventato a tutti gli effetti privato e quindi non gli si può più chiedere oggi di salvaguardare il credito come un ?bene pubblico?, che la Cina fa paura alle nostre imprese che non sono attrezzate a fronteggiare la concorrenza e l?elenco potrebbe continuare a lungo.
Vita: Insomma, il ?grande disegno? secondo lei non è riuscito?
Pini: E’ riuscito a metà. Le grandi famiglie del capitalismo italiano hanno pensato di potersi mettere d?accordo per fare a meno della politica, ma non hanno tenuto conto che una volta compiuto questo passo, poi avrebbero dovuto navigare nel mare aperto della competizione non potendo più contare su un sistema chiuso che in qualche modo ne garantiva la sopravvivenza. Il capitalismo italiano ha ceduto ai suoi vizi storici che sono quelli del protezionismo, del fare cartello, della bassa capitalizzazione. Enrico Cuccia diceva, in proposito, che in Italia si faceva la guardia a un bidone vuoto. E poi è stato commesso un altro macroscopico errore.
Vita: Quale?
Pini: Non si è tenuto conto del ruolo sempre più centrale conquistato nel mercato dal cliente-consumatore, diventato via via più esigente e selettivo nelle sue scelte. Un po? come nella politica quando non si ha più il sentimento dell?elettorato?
Vita: Perché non si riesce secondo lei ancora a fare una legge sul risparmio?
Pini: Per una ragione molto semplice, perché è stata messa a punto un provvedimento in modo troppo emotivo, è stata congegnato con un intento punitivo nei confronti del governatore Fazio e di alcune altre personalità a lui vicine come Cesare Geronzi, ai quali invece va il merito di essere riusciti ad evitare almeno cinque fallimenti bancari. Una legge ad personam così congegnata non poteva passare.
Vita: Come valuta il diffuso richiamo all?etica in economia?
Pini: Il problema dell?etica in economia dipende dal tempo. Nel breve non può esserci etica perché nel breve si svolgono operazioni di nicchia, ci si ?infila? nell?occasione, c?è speculazione. Secondo me solo lo Stato, sotto forma di pubblico interesse, codificato, ha titolo per fare un discorso di etica in economia, solo lo Stato può delineare direttive strategiche a medio-lungo termine che tengano conto dell?etica.
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