Rimini. Dal nostro inviato.
”In Occidente viviamo uno stile di vita osceno negli affetti e nei consumi, nella crisi demografica, nell’impotenza a costruire una piena unita’ europea”. Ne e’ convinto il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, che, accolto da una vera e propria ovazione nel piu’ grande degli auditorium in cui si svolge il Meeting di Cl, alla Fiera di Rimini, invita a ”indagare sulle cause di questo stato di cose per individuarne le vie d’uscita”. ”Siamo percorsi – spiega il porporato – da una cultura edonista che confonde il senso degli affetti e da una cultura consumista che confonde il senso del lavoro. Per questo – aggiunge il Patriarca di Venezia, che e’ stato allievo del fondatore di Cl don Luigi Giussani – ci vuole il coraggio di tornare ad uno stile di vita univoco dove parole come ‘amore’ e ‘bene’ non voglian dire tutto ed il contrario di tutto”. Il giudizio del cardinal Scola e’ severo ma ottimista; e al cronista spiega che la sua ”non e’ una critica ma un rilievo oggettivo”. ”Mi pare innegabile – dice – che oggi siamo entrati in una fase della storia in cui Dio, che la ha inaugurata e la conduce, chiama con forza uomini, popoli e nazioni ad un forte coinvolgimento reciproco. Basti pensare al peso che nella nostra vita quotidiana ha ormai il Medio oriente con l’aspra questione dell’Islam, o la Cina che sembra avere assunto per l’Occidente il ruolo del tutto inatteso del convitato di pietra. Per non parlare delle tragiche condizioni in cui vivono le masse di diseredati dell’Africa sub-sahariana le cui immagini ci raggiungono quotidianamente violando la borghese tranquillita’ delle nostre case ed inquietando la nostra cattiva coscienza”. E il cardinale ribadisce che ”parlare di progresso senza presumere di possedere la meta” oggi vuol dire che l’uomo occidentale deve esporsi e scoprire i tratti del suo volto attuale. Egli – prosegue – deve accogliere con coraggio la provocazione del Padre che gli ha aperto la casa: tanto piu’ bruciante quanto piu’ drammatiche sono le circostanze in cui essa si presenta; pensiamo a New York, all’Iraq, a Madrid…” Insomma, per il cardinal Scola ”L’uomo europeo non puo’ evitare un giudizio sul suo presente”. Dunque, ”senza timore ma riconoscendo lealmente la situazione di grave debolezza in cui versa e che, tra l’altro, non trova imponenti documentazioni in uno stile di vita osceno negli affetti e nei consumi, nella cisi demografica, nella impotenza a costruire una piena unita’ europea, egli deve indagare le casue di questo stato di cose per individuarne la via di uscita”. E alla domanda ”con cui Dio continua a ‘stanare’ l’Adamo di oggi”, secondo Scola ”possiamo sottrarci ancor meno noi cristiani. Non di rado abbiamo ridotto le nostre comunita’ a luoghi dell’appartenenza debole. Viviamo rapporti filiformi datati da un’ultima paura di fronte al ‘tremendum’ che sempre imprime il marchio della sua sacralita’ sull’esistenza, e spinti nel migliore dei casi da una preziosa ma riduttiva generosita’ verso il bisogno e l’emarginazione. Per l’uomo europeo, ancor piu’ per il cristiano europeo, per noi , la necessita’ di capire le ragioni che ci hanno condotto a questa situazione un po’ grottesca di ‘marcia sul posto’ si fa ormai indilazionabie: siamo ormai – conclude – uomini impagliati”.
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