Mondo

Congo: appello della società civile italiana

Dopo la strage di profughi congolesi in in Burundi, un appello delle associazioni italiane per la pace in Congo.

di Emanuela Citterio

“Noi, associazioni e singoli della società civile italiana, esprimiamo il nostro dolore per il feroce massacro che, nella notte fra il 13 e il 14 agosto, ha fatto almeno 160 uccisi, di cui molte donne e bambini, fra i rifugiati congolesi Banyamulenge che si trovavano a Gatumba, in Burundi, a pochi chilometri dalla frontiera con il Congo”.

Comincia così l’appello indirizzato a Unione europea e Governo italiano di un vasto raggruppamento di associazioni e movimenti italiani – da Pax Christi Italia a Beati i Costruttori di Pace al circuito equosolidale di Assobotteghe – per la pace in Congo.

Una pace che si sta sempre più allontanando all’orizzonte delle speranze del popolo congolese, visti i fatti degli ultimi giorni. Nella notte fra il 13 e il 14 agosto un campo profughi di congolesi, in Burundi è stato attaccato da un gruppo di paramilitari. E in Congo l’ex-principale gruppo ribelle dell?ultimo conflitto, lo Rcd-Goma, ha deciso di sospendere la partecipazione a qualsiasi attività del governo di unità nazionale.
Due segnali allarmanti che rischiano di infrangere il processo di pace che dovrebbe portare a un nuovo governo con regolari elezioni nel prossimo anno.

Insieme all’ultimo massacro in Burundi, le associazioni firmatarie dell’appello, tra cui la Rete Pace per il Congo, ricordano gli altri massacri “che hanno seminato di sangue la storia di questi otto anni di guerra quasi ininterrotta in Congo”.
“Non è un gruppo minacciato di genocidio è un?intera popolazione di molteplici etnie che viene usata senza pietà, uccisa, sfollata, umiliata, stuprata, privata di possibilità di cibo, di cura, di scuola, di lavoro, costretta a vivere nella paura ad opera di ristretti gruppi di potere della Regione, che spesso usano l?etnia al fine di accedere e conservarsi al potere oppure per estenderlo”.

“Dietro a loro vi sono progetti politici neocoloniali – denunciano le associazioni – e, come hanno ampiamente e senza esito rivelato ben tre rapporti dell?ONU, reti intercontinentali che sfruttano illegalmente le ricchezze del Congo, offrendo in cambio sostegno economico e militare a una guerra che altrimenti non si spiegherebbe nella sua durata e nel suo dispiegamento di mezzi d?aggressione”.

L’appello chiede all’Unione europea di sostenere “il processo faticoso intrapreso dalle istituzioni della Transizione, le quali continuano il loro lavoro, pur con molti difetti e difficoltà: si tratta del processo di pace e democrazia in cui la popolazione ripone le sue speranze”.

“Il popolo congolese dice no alla guerra, dice basta a tutte le imprese militari di liberazione compiute sopra i cadaveri delle persone. Sempre più numerose sono le prese di posizione della Società Civile, sempre più chiaro è il sentire popolare, sempre più numerosi i giovani che, pur privi di mezzi, rifiutano allettanti proposte di arruolamento, anche subendo persecuzione, da parte dei signori della guerra. Molti hanno maturato nella sofferenza una disponibilità a perdere tutto, perfino la vita, pur di non perdere il bene della costruzione di istituzioni democratiche e del processo elettorale in un Paese unito e sovrano”.

L’appello, pur felicitandosi per il sostegno economico che l’Ue ha dato al processo elettorale che si sta avviando in Congo denuncia l’atteggiameno ambivalente della comunità internazionale: “in questi anni trattamenti di favore usati nei confronti di alcuni Stati della Regione ne hanno incoraggiato l?aggressività e hanno contribuito al perdurare di una guerra che è, per numero di morti e distruzioni, paragonabile a una guerra mondiale. Numerose sono le testimonianze della popolazione e ormai anche di documenti ufficiali che segnalano sconfinamenti di militari e gruppi armati nell?est del Paese. Da parte di molte persone che conoscono e seguono da vicino gli sviluppi della situazione, c?è il timore di un ritorno ad una guerra a tutto campo”.

L’appello si conclude con una serie di richieste indirizzate all’Unione europea, a cui si chiede di:

– dar fiducia alle organizzazioni della Società Civile, che interpretano le grandi aspettative del popolo, rendendole protagoniste del processo di pacificazione del Paese e della Regione;
– sostenere senza ripensamenti il processo di Transizione, vigilando su tutto ciò che minaccia l?unità e l?integrità del Paese e il processo stesso;
– offrire ogni risorsa necessaria affinché il processo elettorale possa rispettare le scadenze previste;
– far pressione sugli Stati cui appartengono le organizzazioni economiche e finanziarie coinvolte nello sfruttamento illegale delle ricchezze del Congo, come denunciato nei rapporti ONU, perché diano seguito a queste denunce con inchieste giudiziarie e decisioni conseguenti;

* riguardo a tutti Paesi della Regione dei Grandi Laghi africani
– di usare coerenza nel suo atteggiamento politico e finanziario nei confronti dei Paesi della Regione, usando un metro comune, con trasparenza e vigilanza;
– di promuovere in sede Onu, e di decidere già autonomamente, che l?embargo vigilato delle armi, attualmente limitato all?est del Congo, sia esteso a tutti i Paesi della Regione;
– di continuare con fermezza a sostenere anche in Burundi e in Rwanda i processi di dialogo e di riconciliazione, consapevole che la soluzione politica dei problemi deve essere trovata all?interno di quei Paesi stessi.

All?Italia i firmatari chiedono “di adottare una politica estera coerente con queste linee e di farsene portavoce in sede europea”.

Info: Beati i Costruttori di Pace, Via Antonio da Tempo, 2 ? 35131 Padova
Tel. 049.80.70.522; fax: 049.80.70.699; e.mail: beati.africa@libero.it

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