Rivoluzione siriana
Siria, l’incubo delle fosse comuni
Sarebbero tra i 100 e 150mila i corpi senza vita rinvenuti in alcune fosse comuni scoperte in Siria negli ultimi giorni. Squadre di soccorritori e medici forensi sono già al lavoro per recuperarli. Poi bisognerà dare loro un’identità. Per molte famiglie l’angoscia cresce. Sono infatti oltre 150mila le persone scomparse in Siria dal 2011, e altre migliaia mancano all’appello, da quando Hafiz al Assad è salito al potere
di Asmae Dachan
Sarebbero tra i 100 e 150mila i corpi senza vita rinvenuti in alcune fosse comuni scoperte in Siria negli ultimi giorni. Un rinvenimento drammatico che conferma ulteriormente gli orrori perpetrati dalle forze governative contro il popolo. Squadre di soccorritori e medici forensi sono già al lavoro per recuperare i corpi, ai quali poi bisognerà dare un’identità. Per molte famiglie l’angoscia cresce. Sono infatti oltre 150mila le persone scomparse in Siria dal 2011 e altre migliaia mancano all’appello da quando Hafiz al Assad è salito al potere. La tragedia dei mafqudin, i desaparecidos siriani, è forse uno degli aspetti più drammatici e meno attenzionati nella complessa vicenda siriana. La gestione della situazione è molto complicata: da un lato i familiari degli scomparsi vogliono che si faccia subito luce sulla tragedia, facendo appelli per avviare l’identificazione dei resti delle persone ammassate in quelle fosse, dall’altro gli esperti forensi invitano alla massima cautela per non compromettere quelle che sono le prove di crimini contro l’umanità che potranno essere portate davanti ai giudici per perseguire e condannare Assad e i suoi fedelissimi.
In un comunicato diffuso il 17 dicembre, Robert Petit, capo dell’Organismo investigativo delle Nazioni Unite, ha scritto alle nuove autorità siriane per esprimere la sua disponibilità a collaborare con loro e a recarsi in Siria per raccogliere prove che potrebbero incriminare alti funzionari del precedente Governo.
A scoprire una delle prime fosse comuni nella periferia di Damasco sono stati gli abitanti stessi della città di Izraa, nella campagna di Daraa, all’interno di una fattoria che era il quartier generale della “Sicurezza Militare” delle forze del regime siriano. In un primo momento sono stati riesumati trentuno corpi, tra cui c’erano anche quelli di donne e bambini. Musa al Hariri, un medico intervenuto sul posto che ha partecipato alla difficile operazione del recupero dei corpi, ha affermato ad Enab Baladi, un’emittente siriana indipendente, che alcuni erano stati bruciati. Le salme sono state trasportate all’ospedale nazionale Izraa. Dalle prime indagini forensi si apprende che la morte delle persone ritrovate nella fossa comune sarebbe avvenuta anni fa. Altre fosse comuni sono state trovate a Najha, a una trentina di chilometri da Damasco. Qui, secondo i primi rilievi, ci sarebbero migliaia e migliaia di corpi. Un’altra fossa è stata scoperta ad al Qutayfah, nei sobborghi di Damasco.
Sul posto sono arrivati gli esperti del Syrian American Task Force e la Commission for International Justice and Accountability che, tramite immagini satellitari, rilievi sul posto e la ricerca di testimonianze stanno avviando indagini per far luce sull’entità delle fosse, avviare le procedure necessarie per raccogliere prove forensi e recuperare i corpi vilipesi. Stephen Rapp, ex ambasciatore degli Stati Uniti per crimini di guerra in Rwanda e Sierra Leone, dopo il sopralluogo sui luoghi del ritrovamento ha dichiarato: “Non abbiamo visto niente di simile dai tempi dei nazisti”.
Per affrontare il delicato momento, che ha emotivamente sconvolto i siriani e non solo, si stanno mobilitando dunque anche squadre internazionali. Nessun Paese avrebbe probabilmente i mezzi e i modi per affrontare una simile tragedia da solo, men che meno la Siria, piegata da oltre tredici anni di guerre e con le infrastrutture civiche da ricostruire. Il Syrian Network for Human Rights – Snhr – ha intanto pubblicato sul suo sito delle linee guida sulla gestione delle fosse comuni create dal regime di Assad, un decalogo in cinque punti che considera gli aspetti forensi, ma anche quelli legati al rispetto e alla tutela della dignità delle vittime e dei loro familiari. Già nelle prime ore dalla caduta del regime il Snhr aveva rivolto un appello alla tutela dei corpi e delle immagini delle persone trovate senza vita nelle carceri, ma anche dei sopravvissuti, considerata la loro estrema vulnerabilità.
La Siria post Assad fa i conti con tutte le sue ferite, alcune più evidenti, come le vittime dei bombardamenti e delle violenze, la distruzione di intere città e lo sfollamento di milioni di persone, altre taciute, come appunto quella delle fosse comuni e delle violazioni subite dai detenuti politici. Le cancellerie internazionali e la stessa Onu hanno intanto cominciato ad avviare incontri con il nuovo governo ad interim, che dovrebbe restare in carica fino a marzo, quando verranno indette le prime elezioni. Nessuna donna tra i ministri voluti da al Jolani, al secolo Ahmed al-Sharee, che ha nominato Mohammed al Bashir capo del Governo. Quest’ultimo, una laurea in ingegneria elettronica, è stato a capo del Governo di Salvezza a Idlib, unica roccaforte ribelle rimasta in mano alle opposizioni negli ultimi anni. “Quello che mi preoccupa è se questo Governo provvisorio estendesse il suo mandato per più di tre mesi”, ha dichiarato ad Al Jazeera Assaad Al Achi, direttore esecutivo di Baytna, un’organizzazione non governativa che ha sostenuto i gruppi della società civile locale in Siria durante la guerra. Alcune organizzazioni siriane femministe e personalità femminili del mondo culturale e umanitario siriano hanno intanto diffuso una dichiarazione in cui, esprimendo la propria soddisfazione per la caduta del regime, hanno ricordato il contributo delle donne nei difficili anni della guerra. Con questo documento hanno rivolto un appello per la tutela e la difesa dei diritti delle donne, chiedendo, in particolare il rispetto della Risoluzione 2254 sulla Siria e la garanzia della quota del 30% minimo di posizioni riservate alle donne.
AP Photo/Hussein Malla/Associated Press/LaPresse
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