Famiglia

Immigrati. Sacconi: “Sanatori sarebbe pericolosa”

Il sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi bolla come "doppiamente pericolosa la sanatoria voluta dalla sinistra"

di Ettore Colombo

”L’ipotesi – cara alla sinistra – di abbandonare i meccanismi della legge Bossi-Fini per una sorta di sanatoria continua che consenta la facile emersione di chiunque – comunque entrato – vanti ora un rapporto di lavoro, e’ doppiamente pericolosa. Essa significherebbe il richiamo di altri flussi clandestini nella speranza della successiva emersione e la rinuncia alla politica di qualificazione dei flussi che sola puo’ consentire integrazione sostenibile”. Lo afferma, in una nota, il Sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali, Maurizio Sacconi. ”Ogni considerazione sull’immigrazione – spiega Sacconi – deve muovere dalla consapevolezza che l’Italia ha subito nel corso degli anni novanta flussi migratori di straordinaria dimensione e soprattutto disordinati e di bassa qualita’. Basti pensare alla provenienza da ben 124 paesi, che non ha uguali in nessun altro paese di accoglienza”. ”La legge Bossi-Fini – aggiunge – di cui sara’ varato il regolamento attuativo nei primi giorni di settembre a seguito del parere del Consiglio di Stato, consente finalmente una politica di qualificazione dei lussi di ingresso non solo attraverso le quote ma anche e soprattutto attraverso il diritto di prelazione e la facolta’ di quote aggiuntive per coloro che sono stati formati e selezionati nei paesi di origine. Cio’ ha gia’ determinato la promozione di programmi in questo senso da parte di molte associazioni di categoria, e per le stesse badanti il Ministero del Lavoro, la Regione Veneto e la Caritas locale hanno avviato un progetto sperimentale di servizi rivolti alla domanda e all’offerta in questo settore”. ”La qualificazione a monte dei flussi – prosegue Sacconi – potra’ soprattutto svolgersi nei Paesi disponibili ad accordi di collaborazione ed e’ necessaria anche ad evitare quei flussi a bassa professionalita’ che sono stati attratti dalle manifatture povere o peggio dall’economia sommersa. Molti di questi lavoratori – in nome di una logica usa e getta – sono facilmente destinati alla disoccupazione di lungo periodo e quindi all’esclusione sociale quando quelle manifatture chiudono o si trasferiscono in altri paesi produttori”.

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