Famiglia

Meeting. Mambro e Mantovani: “Il terrorismo? Una strada senza uscita”

"Le abbiamo invitate perché avevano un'esperienza umana da raccontare", spiega il portavoce di Cl Ronza dopo le polemiche sulla presenza al Meeting delle due ex terroriste

di Ettore Colombo

Rimini. Dal nostro inviato. “Abbiamo scelto una strada senza uscita”. Così Francesca Mambro, uno dei capi dei Nar insieme al marito Giusva Fioravanti (condannati per molti omicidi compresa la strage alla stazione di Bologna, di cui si dichiarano innocenti), ha definito la sua esperienza di terrorista. Lo ha fatto davanti alla platea del Meeting di Rimini dove più di un migliaio di persone hanno salutato con applausi, attenzione (e qualche peprlessità) il suo intervento. La Mambro ha parlato di “pentimento” e di “misericordia” stimolate dalle domande del moderatore, condirettore di Libero e giornalista vicino a Cl, Renato Farina. La Mambro è stata invitata al Meeting insieme all’ex brigatista rossa Nadia Mantovani (esponente della Direzione strategica delle Br) a partecipare al dibattito “Un’altra opportunità”, dibattito a cui è intervenuto anche l’ex parlamentare Verde Lugi Manconi. Mambro e Mantovani hanno posto come unica condizione per partecipare al dibattito di non essere interrogate dai giornalisti su nessun argomento di attualità e tantomeno hanno voluto replicare alle polemiche che, anche sui giornali di oggi, le hanno investite in quanto sono state accusate – loro e gli organizzatori del Meeting (“Indegno quel dibattito” – di strumentalizzazione da parte di alcune associazioni di vittime del terrorismo. Francesca Mambro, che al termine del suo intervento sè anche commossa, ha ammesso di “aver commesso molti errori, di aver commesso dei crimini e di aver distrutto la mia vita e quella di altri”. Durante gli anni trascorsi in carcere (oggi è in regime di semidetenzione), la Mambro sostiene di aver riflettuto sui meccanismi che in gioventù l’hanno portata “a covare la vendetta che porta a distruggere le vite. Non capisco però come si possano avere rancori e furori ideologici a 40 o 50 anni”. “Ho subito sentenze ingiuste, ma anche giuste”, ha detto la Mambro ribadendo di accettare “tutte le condanne subite tranne quella per la strage di Bologna”. Poi ha spiegato che oggi lo scopo della sua vita “è quello di ricambiare il bene che ho ricevuto negli anni trascorsi in carcere, di trasformare il male che ho fatto in bene, anche grazie all’aiuto di persone eccezionali come padre Adolfo Bachelet, suo fatello e il movimento di Cl”. L’ex terrorista Nadia Mantovani, che fece parte delle Brigate rosse fino al 1975, ha dichiarato: “Il mio presente oggi è molto lontano dal mio passato. Tuttavia io non ho ancora finito di riflettere sulla mia vita. Volevo cambiare il mondo e ho commesso parecchi errori; della mia storia salvo poco, ma qualcosa salvo, come l’amore per la giustizia e la solidarietà”. L’ex brigatista rossa, che ha scontato una pena di 22 anni per reati di banda armata, ha poi confessato, anche lei emozionata (“Non parlo mai in pubblico”): “Per fortuna mia non ho fatto in tempo a commettere reati gravissimi. Ho partecipato alla costruzione delle Br, ma non ho preso parte ad omicidi politici”. Il tempo trascorso in carcere è stato per Nadia Mantovani “una riflessione continua” in cui ha imparato che “ogni differenza, da quella ideologica a quella religiosa, è una ricchezza; ciò fa imparare a diventare tolleranti, anche se la parola tolleranza non mi sembra la più adatta, preferirei parlare di accoglienza del diverso da sé”. A queste parole è scattato l’applauso convinto del popolo di Cl presente in sala. “Abbiamo invitato al Meeting Francesca Mambro e Nadia Mantovani sulla base di una indicazione offertaci l’anno scorso dal presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, perché ritieniamo che abbiano un’esperienza umana da raccontare”. Ha risposto così Robi Ronza, portavoce del Meeting di Cl a certe critiche ricevute per il dibattito organizzato oggi, sottolineando che l’invito alla kermesse riminese delle due ex terroriste “non vuol dire che vogliamo assolvere qualcuno, né che partecipiamo a una posizione di perdono”. Ronza sottolinea che “il perdono cristiano passa attraverso l’espiazione ed implica l’idea di misericordia, che però non annulla il principio di responsabilità”. “La nostra visione del mondo – aggiunge il portavoce del Meeting di Cl – non ha nulla a che fare con il perdonismo: abbiamo solo voluto proporre ai nostri partecipanti un’esperienza umana senza dar vita a giudizi di appello”.


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