Volontariato
Le cinque Olimpiadi di Mathias, asso del Ruanda
E' il più forte atleta del suo Paese. Corre i 10mila, con tempi lontanissimi dai più forti. Ha iniziato la sua esperienza a cinque cerchi a Seul, la concluderà ad Atene.
«Sveglia alle 5 e 30 del mattino; corsa di un?ora e mezzo tra le colline di Kigali; ritorno a casa per una doccia e una colazione; riposo fino alle 4; di nuovo jogging e esercizi fisici per un?ora abbondante, e poi a casa per andare a letto alle dieci sperando di poter onorare il mio Paese con una prestazione degna di questo nome».
A pochi giorni dalle Olimpiadi più blindate e mediatizzate della storia, lo spirito olimpico, quello che abbiamo tutti dato per spacciato, sta forse tutto qui, in queste parole pronunciate da Mathias Ntawurikura, «il più forte atleta che il Ruanda abbia mai avuto» (dixit il ministro dello Sport ruandese), delle cui imprese, nella vita come sulle piste atletiche, non avrete sicuramente mai sentito parlare.
Di sicuro, ben pochi in Italia si ricorderanno del suo ottavo posto raggiunto sui 10mila alle Olimpiadi di Atlanta, «le più belle cui abbia mai partecipato», quando fermò il cronometro sui 27?50??73. «Record personale», proclama con fierezza tutta ruandese, prima di precisare su tono rispettoso «di essere rimasto a ben 40 secondi di distanza da quel marziano di Gebrselassie». Di certo, mai nella sua infanzia avrebbe immaginato di poterne solo intravedere l?ombra.
Mathias vede la luce nel 1964 a Gisovu (180 km a est di Kigali, la capitale del Ruanda), il non luogo per eccellenza (diremmo noi), ma che per lui «rimane il posto più bello del mondo». «Nell?85 decisi di partecipare alla gara organizzata da questa officina, e giungo primo». L?anno seguente, vince di nuovo «nella corsa della provincia di Kibuye», per poi «ripetermi a livello nazionale nel 1987. I miei familiari non ci credevano nel vedermi su tutti i giornali».
Dionisio Erico, che di professione faceva il manager, si convince che il ragazzo vale oro. «Ha contattato la mia federazione, e poi mi ha portato in Italia giurandomi che lì avrei avuto l?opportunità di vedere il Papa», ricorda divertito Mathias. Ma non fa tempo a disfare le valigie che da Siena, dove starà per oltre dieci anni, si parte per Seul, «le mie prime Olimpiadi». Chiude al 25° posto. Niente di che, «ma l?appuntamento vincente è stato solo rimandato. Aver pazienza nell?atletica è fondamentale».
Il suo istinto lo induce a gareggiare tre anni (1988-91) per un club spagnolo. «Io mi allenavo a Siena e loro mi mandavano tutto il materiale necessario». Poi passa alla Libertas Catania, per la quale Mathias mette in cassaforte «le gare internazionali più belle della mia vita». Poi arriva la catastrofe. Il genocidio del 94 spazza via «la mia famiglia intera». Ai defunti si sommano «la distruzione della casa che avevo fatto costruire e quasi tutti i miei investimenti». Si parla di qualche centinaio di migliaia di dollari. «Grazie a mia moglie e alla mia voglia di non mollare mai», Mathias si rimette in pista. Ad Atlanta risorge. Ma le gioie più grandi le vive «con Giuseppina, Giuliana e Boris, i miei tre figli». Un domani, chissà, seguiranno le orme di papà Mathias. Nell?attesa, sono pronti a fare il tifo («Boris è ancora troppo piccolo?) per la sua «quinta partecipazione a un?Olimpiade». L?ultima alla quale intende partecipare.
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