Mondo

Sara Etongue, la più grande atleta del mondo

Patrick Montel, super esperto di sport africani, spiazza tutti. "Il Continente nero è una fucina di atlete donne. Poco note ma straordinarie".

di Joshua Massarenti

Con Atene, metterà la sua sesta Olimpiade in cassaforte. «Niente male per un giornalista giunto per puro caso nel mondo dell?atletica». Patrick Montel, caporedattore della redazione sportiva di France Télévision, è telecronista di tante imprese memorabili sulle piste di atletica. Anche per lui Gebr è il numero uno. Ma per i suoi tanti viaggi in Africa, vogliamo parlare di tutti gli altri. Vita: Allora Montel, da chi cominciamo? Patrick Montel: Dalle atlete africane. Anzi, di donne dovremmo parlare, con la D maiuscola. Pensiamo all?etiope Derartu Tulu, indimenticabile campionessa ai giochi di Barcellona sui 10mila. La gara più bella che abbia mai commentato, non solo per l?altissimo livello agonistico, ma soprattutto per la portata simbolica. Vinse Tulu sulla favorita sudafricana Elena Meyer. I Giochi di Barcellona segnavano il ritorno del Sudafrica, escluso dalle Olimpiadi nel 1960 per via dell?apartheid. E qui c?erano un?atleta nera e una bianca, provenienti dallo stesso continente, che se la giocavano alla pari e in modo del tutto pulito, per poi festeggiare la loro impresa percorrendo abbracciate il giro d?onore con le bandiere sudafricana ed etiope. L?esempio di Tulu mi fa venire in mente la marocchina Nawal El Mutawakil, la prima donna africana ad aver conquistato un oro olimpico. Era nel 1984 a Los Angeles. Oggi, Nawal organizza a Casablanca una gara riservata alle donne e che ogni anno riunisce oltre 10mila donne. Alcune gareggiano in pantaloncini, altre sono completamente coperte dalla faccia ai piedi. Vita: Nomi di grosso calibro. E chi invece non è mai balzato agli onori della cronaca? Montel: Colgo il suo invito al volo per citare la piccola camerunense Sara Etongue, un?atleta ovviamente sconosciuta dai mass media e dall?opinione pubblica, ma che si è resa protagonista delle più incredibili imprese che abbia mai osservato e che ne fanno a mio avviso la più grande atleta donna di tutti i tempi. Questa ragazza, madre di nove figli, ha vinto sei volte la corsa più dura al mondo, ovvero l?ascesa del monte Camerun. Il percorso è di 60 km con dislivelli mostruosi e culmina sulla cresta di questo monte, a 5mila metri di altitudine. Con un paio di sandali da spiaggia e una forza d?animo fuori dal comune, ha stravinto le ultime edizioni contro tutto e tutti, in special modo gli uomini. Non esagero quando dico che lungo il percorso molti uomini hanno fatto di tutto per farla cadere, perché in Camerun non è tollerato che una donna possa vincere una simile gara. Vita: Molti campioni africani non riescono a sfondare al di fuori dei confini nazionali. Colpa di una mancanza di organizzazione e di infrastrutture? Montel: è un grande problema. Ma la grossa novità è la costruzione di infrastrutture nei Paesi africani. Da 4-5 anni, stanno emergendo dei centri panafricani di atletica come il Ciad, il Centro internazionale di atletica a Dakar, oppure il Ciam nelle Isole Mauritius. Siamo allo stadio embrionale, ma porterà sorprese. Vita: Si spieghi meglio? Montel: Finora, gli africani hanno brillato nelle prove di resistenza. A parte la scuola nigeriana, non c?è una grande tradizione nelle corse di velocità oppure nel salto con l?asta. Domani possiamo immaginare campioni africani nella prova del martello e così via, ovvero discipline eminentemente tecniche. Vita: I centri da lei citati sembrano voler contrastare la ?fuga di muscoli? dal continente africano… Montel: è un problema irrisolvibile perché fino a quando ci saranno nazioni ricche e povere, coloro che hanno i soldi potranno comprarsi tutto ciò che vogliono, compreso degli esseri umani. Ma non credo che ciò possa fermare il processo di sviluppo dei centri di formazione. Anzi, può benissimo ipotizzare le autorità del Qatar finanziare alcuni centri pur di poter naturalizzare alcuni atleti.


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