Famiglia

Ancora 28mila i minori in istituto: lo dice la nuova Relazione sulla 285

Sono le stime della Commissione infanzia della Camera, che il 27 luglio ha approvato la relazione sull'applicazione della legge. E ha chiesto che la Finanziaria destini 160 milioni per i progetti all

di Benedetta Verrini

Martedì 27 luglio la Commissione parlamentare per l?infanzia della Camera ha approvato la relazione sull?attuazione della legge 28 agosto 1997, n. 285, recante “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l?infanzia e l?adolescenza”. Obiettivi della relazione sono stati, dunque, l’esame delle modalità di realizzazione della legge 285/97 sul territorio nazionale, evidenziando aspetti positivi e punti critici, e l’analisi della questione del processo di deistituzionalizzazione dei minori in atto nel nostro Paese, anche in vista della chiusura degli istituti entro il 31 dicembre 2006, disposto dalla legge 149 del 2001. “Il «modello 285» sta diventando un riferimento costante per tutta la progettualità sociale nei confronti dell’infanzia e dell’adolescenza e non solo” si legge in un passaggio del documento, “il numero di progetti approvati rimane alto anche nella seconda triennalità e se diminuisce è, spesso, solo per evitare frammentazioni e dispersioni di risorse; fino a quando c’è stato il fondo del governo dedicato specificatamente all’area dei minori le Regioni lo hanno valutato come un’ulteriore conferma dell’impegno del Governo a riconoscere il lavoro prodotto e a sostenere le varie scommesse delle Regioni e degli Ambiti territoriali”. Ed è proprio la questione delle risorse uno dei “punti critici” evidenziati dal documento della commissione Infanzia: “Sostanzialmente tutti i soggetti incontrati dalla Commissione” si legge, “hanno espresso il concetto che, con la mancanza del vincolo dei fondi per la legge 285/97 (e comunque per l’infanzia e l’adolescenza), non si ha più la sicurezza che l’infanzia e l’adolescenza rimangano fuori dalla logica dell’emergenza e della residualità dell’intervento sociale. La confluenza delle risorse per l’infanzia e per l’adolescenza nel fondo unico e indistinto per il sociale fa temere che oltre al rischio di una maggiore discontinuità nei tempi dei finanziamenti o di maggiori ritardi nell’accreditamento dei fondi, ci sia anche quello, più grave, che le Regioni attuino una riduzione delle risorse destinate a questa fascia di età e, in particolar modo, alle risorse destinate alle «opportunità», alla promozione e alla prevenzione”. Per questo la Commissione ha concluso raccomandando “che il Governo verifichi, prima della predisposizione del disegno di legge finanziaria, nell’ambito della Conferenza unificata, la volontà delle Regioni e delle Province autonome di rifinanziare per un triennio la legge 285/97”. Inoltre essa “raccomanda al Parlamento di prevedere, nella prossima legge finanziaria, che una quota del Fondo nazionale per le politiche sociali, pari almeno a 160.000.000 di euro all’anno, sia riservata al finanziamento degli interventi previsti dalla legge 285/97”. Minori fuori dalla famiglia Il tema dell’accoglienza residenziale dei minori ha rappresentato, inoltre, un ulteriore e scottante focus di indagine, collegato alla L. 285/97 ma reso ancor più urgente dalla scadenza del 2006 per la chiusura degli istituti per minori, come previsto dalla L. 149/01. La stesura di un «Piano di interventi per rendere possibile la chiusura degli istituti per minori entro il 2006», pur attivando un confronto ampio sulla questione, non ha sciolto tutti i dubbi. Ad esempio, la “fotografia” dei minori in istituto scattata dall’Istat nel 1998 non può essere soddisfacente. “Si verificano casi in cui il minorenne viene accolto in una struttura non adeguatamente conveniente per dare una risposta corretta ai suoi bisogni” sottolinea la Commissione. “Ad esempio ci possono essere strutture residenziali per adulti o, addirittura per anziani in cui siano accolti dei minori o delle strutture per handicap dove sono accolti minori per i quali la disabilità non è certamente la dimensione prevalente e, comunque, non è tale da giustificare un ricovero in una residenza socio-sanitaria. Quindi, prima ancora della questione «ricovero dei minori in istituto» la Commissione intende porre all’attenzione del Governo, del Parlamento, delle Amministrazioni regionali e della Magistratura minorile la questione delle «accoglienze residenziali anomale» dei minori, che vanno quantificate ed approfondite dal punto di vista qualitativo”. Quanti sono, dunque, i bambini fuori dalla famiglia? Ecco la stima realizzata dalla Commissione: “È possibile stimare in circa 3.000 il numero di minori attualmente in istituto per minori. Per avere il dato complessivo dei «minori fuori dalla famiglia» è necessario aggiungere a questo numero la quota di minori accolti nelle comunità (familiari ed educative) che possono essere stimati tra i 15.000 ed i 20.000 (anche in riferimento ai ricoveri «anomali») ed il numero dei minorenni in affidamento familiare che nel 1999 in Italia erano 10.200, di cui 5.280 in affidamento intra-familiare e 4.668 in affidamento etero-familiare (per 252 soggetti non è stata fornita l’informazione sulla tipologia di affidamento), in base alla ricerca, sempre condotta dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza”. Se si fa il calcolo sulla base di questo ragionamento, il numero è impressionante: 28-30mila minori. “La Commissione parlamentare per l’infanzia” si legge nella relazione, “in riferimento a queste cifre sottolinea con rammarico che il «diritto di tutti i minori alla famiglia» si scontra con un fenomeno dei «minori fuori dalla famiglia» ancora consistente, seppur in diminuzione quantitativa”. E conclude: “Il «Piano di interventi per rendere possibile la chiusura degli istituti per minori entro il 2006» tratteggia alcune linee di sviluppo del processo di deistituzionalizzazione che, però, per essere effettivamente cogenti devono trovare riscontro sia in un supporto finanziario ed un accompagnamento formativo/consulenziale adeguati, che in un monitoraggio «stringente» e continuo da parte delle Amministrazioni regionali. Solo attraverso un forte impegno collettivo delle istituzioni centrali e territoriali ed una grande responsabilità degli enti titolari e gestori delle strutture residenziali per minori si potranno evitare forme di neoistituzionalizzazione che si nascondano dietro riconversioni solo formali o, peggio, nell’attivazione di nuovi servizi che solo esteriormente sono «comunità»”. Sotto questo punto di vista, la relazione si chiude con la raccomandazione che “tutte le Regioni e le Province autonome attuino la legge 328/00 in relazione ad autorizzazione e accreditamento delle strutture di accoglienza residenziale per i minori con particolare attenzione a criteri di qualità «alti» (personale qualificato, progetti educativi personalizzati, rapporto sinergico con i servizi pubblici territoriali, recupero della famiglia di origine…). La Commissione raccomanda alle amministrazioni competenti di orientare fondi adeguati per favorire la costruzione e la manutenzione di un sistema integrato dei servizi ed interventi per i «minori fuori dalla famiglia» in ogni Ambito territoriale”.


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