Cultura

Ormezzano: “Ma i giochi sono finiti”

Numero speciale di Vita-non profit magazine dedicato ad Atene 2004. Anteprima dell'intervista shock a Gian Paolo Ormezzano su sponsor, doping e spirito olimpico. In edicola fino al 21 agosto.

di Paolo Manzo

?Ai giovani per seguire ?cum grano salis? le prossime Olimpiadi consiglio di non fidarsi o, almeno, di fidarsi poco. Di cercare di guardare sul podio i secondi e i terzi, più che il primo. Di prendersi cura degli eliminati, perché c’è molta più poesia – e magari più merito – in un’eliminazione pulita che in una vittoria sporca. Chimicamente sporca, intendo?. Chi parla è Gian Paolo Ormezzano, ventuno Olimpiadi («temo si tratti di un record mondiale»), una trentina di Giri d’Italia, undici Tour de France («l’unico evento sportivo che s’avvicina, anche se lontanamente, ai Giochi»), cinque Mondiali di calcio, oltre mezzo secolo di giornalismo sportivo alle spalle tra TuttoSport (direttore), La Stampa (editorialista), Famiglia Cristiana e Il Giornalino (entrambi del gruppo Periodici San Paolo di Alba, provincia di Cuneo). Tutti giornali e settimanali rigorosamente piemontesi. Proprio come lui, che possiede quell’ironia disincantata tipica di chi s’è imbevuto della cultura anni 50-60 a Torino, «città che ritiene di avere già fatto vedere nel passato che era brava, e adesso non gliene frega più niente. Sotto la Mole non c’è una mentalità revanscista forte come quella catalana, che voleva andare in c? al governo centrale e ha sfruttato l’Olimpiade 92 per far vedere al mondo com’era brava». Classe 1935, Ormezzano è giornalista sportivo dall’età di diciotto anni («ma già alle medie mi facevo pagare i temi dai compagni. Come nacque la mia passione per la professione? C’era una persona che mi portava sempre a sciare, era un giornalista e vedevo che tutte le donne lo amavano?»), da quando finito il Cavour smise di nuotare (era bravino, la stella del celebre liceo sabaudo, prima che arrivasse Berruti Livio da Stroppiana a rubargli la scena). Ormezzano o lo si ama o non lo si sopporta: piglio colto, umorismo tagliente, provocatorio, mai banale, capace di competere alla pari per le sue invenzioni linguistiche con ?Giuan? Brera, granata doc (c’è perfino un Toro Club Gian Paolo Ormezzano a Melfi, Potenza), di Olimpiadi sa tutto quello che c’è da sapere. Anche se dopo Sidney ha deciso di fermarsi, di dire basta perché «oggi l’Olimpiade è diventata come Giochi senza frontiere», spiega con un disincanto figlio dell’esperienza. ?? Vita: Già, il doping. Che fare? Ormezzano: La svolta è stata l’epo. Oggi le classifiche non sono più sintomatiche dei valori in campo, questo è il grosso peccato. Alle Olimpiadi quante saranno le specialità per cui potremmo dire: «Cavoli, questi qua sono veramente i più forti?» Vale la pena di consumarsi nel tifo per poi apprendere che sono dopati, o corrotti, o comprati? capisci? È una bella domanda ma io non ho la risposta. Assolutamente. Vita: Per vedere partire tutti sullo stesso livello, la legalizzazione del doping non potrebbe essere la soluzione per lo sport professionistico? Ormezzano: Ma chi lo stabilisce questo livello? E poi l’impatto sui giovani sarebbe deleterio. Certo, si potrebbe permettere la legalizzazione, sperando – lo dico cinicamente – che ci scappi subito il morto importante, che sarebbe dissuasivo, funzionerebbe da deterrente sui giovani. Ma ho paura che non ci scappi, perché questi sono pure bravi a nasconderlo, a curarsi, a ripulirsi. Comunque non voglio dare un’immagine dell’Olimpiade negativa e, alla fine di questa conversazione ?smagatissima? con te, ti confesso che alle cerimonie inaugurali e di chiusura piango come un vitello. Non mi vergogno di dirlo ed è importante. Perché vuol dire che qualcosa di particolare c’è ancora, e tocca il cuore della gente. Il mio non è un pianto culturale, ma piango. O almeno, faccio del mio meglio.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA