Famiglia

Avere un figlio: 21 parole per un nuovo storytelling

Essere padre, essere madre: quali termini oggi monopolizzano il racconto sulla genitorialità? Che cosa caratterizza in modo specifico l'essere genitori in questo momento storico? E quali parole invece mancano alla narrazione che ne facciamo? Demografi, sociologi, psicologi, comunicatori: 21 esperti riflettono sul nostro vocabolario e su come cambiarlo

di Sara De Carli

Carolina Bandinelli nel suo libro Le postromantiche scrive che «le madri contemporanee si iscrivono a corsi di canoa e architettura del paesaggio, lavorano la notte e fanno una dieta equilibrata, fanno jogging nei parchi ghiacciati dall’inverno e mentre corrono gestiscono un cliente in call. Anche loro non mi fanno venire tanta voglia di fare dei figli».

Padre e madre sono parole che oggi riempiono di significati e sfumature diverse rispetto anche solo a 15 o 20 anni fa. Fenomeni come lo sharenting o l’intensive parenting si sono infilati in maniera pervasiva nel nostro modo di essere genitori, anche se queste espressioni magari non le abbiamo neanche mai sentite. L’avere un figlio oggi viene raccontato con toni che oscillano in maniera schizofrenica tra il registro del “vanity asset”, un trofeo da esibire e di cui vantarsi, che racconta immediatamente del nostro successo o del nostro fallimento e quello della “child penality”, ossia del conto salato che avere un comporta in termini di spese o di opportunità sul lavoro.

Lo storytelling che abbiamo costruito in un certo senso ci imprigiona. E senza dubbio dà forma anche all’immaginario di chi la scelta di essere o non essere genitore deve ancora farla.

Due domande per 21 esperti

Quali sono le parole che caratterizzano in maniera peculiare il nostro essere madri e padri oggi? E quali parole invece mancano alla narrazione? Nel magazine “Perché non vogliamo figli” abbiamo fatto queste due domande a 21 esperti tra demografi, psicologi, sociologi, operatori, esperti di comunicazione. Ognuno di loro ha scelto se indicare una parola che manca o una parola che oggi contraddistingue la narrazione prevalente sulla genitorialità.

Nel loro insieme, queste 21 parole restituiscono un nuovo vocabolario dell’essere padri e madri, più completo e quindi più consapevole. Perché come ha detto l’imprenditrice Riccarda Zezza agli Stati Generali della Natalità di maggio, «Le storie che ci raccontiamo influenzano ciò che noi siamo in grado di sognare. La narrazione è un perimetro e noi dobbiamo allargarlo». La parola che lei ha scelto nel magazine è “avventura”, perché «un figlio è una delle possibilità che abbiamo per fiorire».

Le parole che mancano

Sono otto le parole che mancano nel nostro racconto del diventare genitori e che invece dovrebbero esserci. Una, a sorpresa, è “amicizia”. L’ha indicata il sociologo Stefano Laffi, partendo dalla constatazione che per i ragazzi oggi il primo valore è l’amicizia. Nel mercato del lavoro lo abbiamo già visto: quando il lavoro è messo in contraddizione con gli amici, perde. Dobbiamo evitare di fare lo stesso errore sulla genitorialità, abbandonando un racconto che mette il figlio in competizione con le relazioni sociali. Insomma, ai giovani la diade della coppia coronata dalla nascita del figlio sta stretta, perché hanno in mente una famiglia più larga.

Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, ha scelto la parola “libertà”, sia perché oggi «in Italia chi i figli non li vuole è libero di non farli – ci mancherebbe! – mentre chi i figli li vuole non è libero di farli, perché fare un figlio è una delle prime causa di povertà» sia perché un figlio «ti dà una libertà che non avevi: sconfigge le paure hai dentro, ti fa vivere non più schiacciato sul presente». Giulio Costa, psicologo, ha scelto “desiderio” spiegando che poiché tante coppie giovani oggi ripongono nella genitorialità la propria realizzazione, coppie in cui il figlio è idealizzato in termini di “dare perfezione” alla coppia, è importante invece lasciare che la genitorialità sia contaminata dal rischio del fallimento: «Liberarci dal dovere di mettere al mondo figli perfetti, ci farà sentire anche più liberi di mettere al mondo un figlio». Fiducia è la parola di Adriano Bordignon, presidente del Forum Famiglie.

Le parole più usate oggi per raccontare l’essere genitori

Quali sono invece le parole più usate oggi per raccontare l’essere genitori? Essere padre e madre oggi ha a che fare innanzitutto con la dimensione della “performance” (è la parola scelta da Chiara Sità, professoressa di pedagogia all’Università di Verona), con la “scelta” (l’ha indicata Alessandra Minello, demografa dell’Università di Padova), la “rinuncia” (è la parola di Antonella Inverno responsabile ricerca e analisi Save the Children).

La sociologa Chiara Saraceno ha indicato la parola “incertezza” e non c’è bisogno di dire il perché; Mariagrazia Contini, già ordinaria di Pedagogia all’Università di Bologna e autrice del documentario Nove mesi dopo ha scelto “solitudine”; Filippo Mittino, psicologo e psicoterapeuta parla di “narcisismo”; Monya Ferritti, autrice di Sangue del mio sangue ed esperta di analisi del linguaggio che usiamo per raccontare l’adozione e l’affido, ha messo sotto la lente la parola “sangue”, facendoci riflettere su quanto bionormativismo ancora c’è nel nostro parlare di famiglia. Ilaria Maria Dondi giornalista, autrice di Libere di scegliere se e come avere figli, ha indicato la parola “privilegio”.

Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica che da anni cura il Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo, ha scelto “impotenza”: «I giovani oggi guardano il futuro con un senso di impotenza e poiché la scelta di avere un figlio è una scelta che si fa nel presente ma che è vincolante per il futuro, ecco che un figlio resta come desiderio vago e generico ma poi fatica a diventare scelta progettuale, finché di rinvio in rinvio ci si trova ad aver rinunciato senza aver scelto di rinunciare».

E poi c’è la parola che per i giovani viene prima di tutte: “ecoansia”. Un timore e una preoccupazione che abbiamo girato alla content creator Elisa Nicoli, a cui sui social hanno rinfacciato come essere madre sia in contraddizione con il suo impegno per la sostenibilità.

Qui i nomi di tutti i 21 esperti che abbiamo coinvolto nel numero di VITA dedicato a indagare il desiderio di un figlio da parte dei giovani e il racconto che facciamo dell’essere genitori: Ivo Lizzola, Stefano Laffi, Alessandra Minello, Riccarda Zezza, Chiara Sità, Giulio Costa, Elisa Nicoli, Chiara Giaccardi, Filippo Mittino, Mariagrazia Contini, Gianluigi De Palo, Ilaria Maria Dondi, Adriano Bordignon, Alessandro Rosina, Giuseppe Meli, Alessandra Decataldo, Chiara Saraceno, Anna Maria Bertoni, Monya Ferritti, Antonella Inverno, Pietro Compagnoni.

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Il podcast con le voci dei dieci ventenni che hanno partecipato alla tavola rotonda sul “perché non vogliamo figli”, invece, puoi ascoltarlo qui.

Nel numero ci sono anche le interviste allo scrittore Matteo Bussola e a Francesca Fiore di Mammadimerda e dieci bellissime storie di coppie che a un figlio hanno detto sì

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