Disabilità

Progetto di Vita: cosa cambia secondo chi lo ha già fatto

Il Progetto di Vita richiede una nuova sinergia tra servizi, enti di Terzo settore, persone con disabilità, famiglie: un processo nuovo. A Bologna ne sono già stati sottoscritti tre. Tre testimonianze raccontano come ci si è arrivati e dicono che "sì, è possibile"

di Francesco Crisafulli

Stefano R con lo zio

Bologna a fine novembre ha ospitato due eventi importanti sui temi della disabilità e della non autosufficienza: il Forum della non autosufficienza e dell’autonomia possibile e Handimatica. Entrambe sono state occasioni importanti per riflettere sulle novità introdotte dalla Legge delega sulla disabilità del 2021 e dal Decreto legislativo applicativo del 2024, in particolare per quanto riguarda il Progetto di Vita. 

Dal 1 gennaio e per tutto il 2025 sarà attiva la prima sperimentazione della riforma che riguarderà, tra l’altro, l’attivazione dei Progetti di Vita individuali, personalizzati e partecipati.In queste settimane nelle nove province individuate dal ministero per la sperimentazione è partito un programma formativo che coinvolge tutti i soggetti interessati: dall’Inps alle unità di valutazione multidisciplinare territoriali, dai servizi per le persone con disabilità ai familiari e ai caregiver, dagli ambiti territoriali sociali alle aziende sanitarie territoriali, dalle organizzazioni di volontariato agli enti del Terzo settore. 

La Legge è già in vigore. Così il Servizio Sociale per la disabilità di Bologna ha scelto di anticipare i tempi e sperimentare fin da ora un “Prototipo di Progetto di Vita individuale, personalizzato e partecipato” con dei risultati molto incoraggianti, offrendo un modello replicabile in altri contesti. Sono tre i Progetti di Vita già sottoscritti.

Questa sperimentazione è stata presentata al Forum non autosufficienza e dell’autonomia possibile in un workshop seguito da oltre 150 persone che ha visto tra i relatori accanto a me Valentina Tomirotti (giornalista e attivista), Gabriella Mazza, Rosario Pullano, Luca Marchi (genitori e amministratori di sostegno di persone con disabilità), Danilo Rasia e Gaspare Vesco (Consulta per il superamento dell’handicap di Bologna).

Il Progetto di Vita individuale, personalizzato e partecipato rappresenta una sfida ambiziosa, ma necessaria per superare modelli assistenziali standardizzati e creare percorsi che riconoscano l’unicità di ogni individuo.

L’evento ha ribadito l’urgenza di adottare nuovi strumenti capaci di promuovere il benessere, la dignità e l’autodeterminazione delle persone con disabilità, trasformando i principi di ascolto ed empatia in azioni concrete. Tra i temi approfonditi, il processo di progettazione condivisa tra servizi, persone con disabilità e familiari e la necessità di modelli personalizzati che tengano conto delle specificità di ciascuno. Ecco alcune testimonianze. 

Gabriella, madre di Isabella 

Sono la madre di una ragazza con disturbo dello spettro autistico con disabilità intellettiva di 27 anni e come famiglia abbiamo sottoscritto il Progetto di Vita a Bologna. Diventare adulti con autismo e disabilità intellettiva è molto difficile. La parola autonomia assume un significato differente per famiglie come la nostra ed è proprio per questo che c’è tanto bisogno di fare rete, di sostegno e di ascolto. Per noi le parole chiave sono convivenza, prossimità, alto bisogno di supporto. Il progetto che abbiamo creato e sottoscritto in maniera partecipata ha l’obiettivo per noi di essere una garanzia per il futuro di nostra figlia. Rappresenta quello che già facciamo come famiglia e quello che fa lei come persona altra dai genitori. Il nostro progetto di vita individuale ha questa visione: io abito qui, esco a fare delle attività, torno a casa. Sembra una cosa semplice, ma non lo è per le persone con alto bisogno di supporto. Pensiamo che sia fondamentale utilizzare e chiedere il supporto educativo strutturato sulla base delle abitudini preesistenti e abbiamo iniziato a farlo in rete con i Servizi, anche grazie alla sottoscrizione del progetto. Fondamentale sarà il monitoraggio: sia per comprendere la direzione da seguire, sia per mettere al centro i bisogni di nostra figlia, che sappiamo potranno cambiare. Oltre alla gestione del quotidiano, per noi un ingrediente che va stimolato è quello di entrare in connessione con il territorio in cui nostra figlia vive: dal quartiere, alla città.

Rosario, padre e amministratore di sostegno di Elisa

A tutti gli effetti, possiamo considerare il Decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62 un importante passo avanti verso tutto quanto indicato nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Nell’articolo 24, importantissimo, si riconosce e si legittima la presenza della figura genitoriale nell’elaborazione del Progetto di Vita a favore della persona con disabilità. Quanto sopra premesso, infatti, ha permesso al sottoscritto, padre e amministratore di sostegno di una figlia, giovane donna con disabilità intellettive gravi, non verbale, di 37 anni, di essere presente, insieme a lei, a tutti gli incontri avuti con il responsabile UO Servizio Sociale per la Disabilità il suo staff del Comune di Bologna e i componenti dell’Unità Valutativa Multidimensionale. A loro riconosco il merito di essere riusciti a formalizzare in tempi brevissimi il Progetto di Vita individuale a favore di mia figlia. Nel documento finale, già firmato da tutte le parti in causa, sono state recepite e riportate tutte le proposte indicate nel progetto pensato da noi per e con lei.

Luca – Fondazione Dopo di Noi Bologna onlus e amministratore di sostegno di Stefano

Da fine gennaio 2024 Fondazione Dopo di Noi Bologna è amministratore di sostegno (AdS) di Stefano, un uomo di 53 anni con una grave disabilità cognitiva e di fatto privo di qualsiasi autonomia personale. Stefano ha vissuto sempre con lo zio materno, deceduto a dicembre 2023. Il desiderio dello zio era che Stefano potesse continuare a vivere nella stessa casa colonica in campagna, accudito dalla stessa assistente familiare che se ne occupa da otto anni, continuando a frequentare lo stesso centro diurno. Tale speranza ha trovato concordi sia il nuovo amministratore di sostegno, sia il Servizio Disabili Adulti del Comune di Bologna, convinti che quell’assetto sia la migliore risposta alle esigenze di Stefano. Questo assetto richiede però uno sforzo comune per risultare sostenibile e tale impegno è stato definito attraverso la stesura del Progetto di Vita individuale, personalizzato e partecipato dove sono stati stabiliti gli obiettivi di lavoro per i prossimi anni, il budget di progetto con le risorse e i sostegni necessari, seguendo le indicazioni della Legge 227/2021. L’essere riusciti a condensare in un documento sintetico gli obiettivi e gli impegni delle parti costituisce indubbiamente già un buon risultato. Il documento definisce inoltre una data di verifica e di revisione, un impegno che costituisce un ulteriore valore  di questo nuovo strumento.

Dentro un momento storico

Luca Rizzo Nervo, assessore al Welfare e salute, nuove cittadinanze, fragilità, anziani e disabilità del Comune di Bologna, in un recente intervento pubblico, ha afferma con orgoglio il ruolo attivo di Bologna all’avvio della sperimentazione sui Progetti di Vita per le persone con disabilità, le famiglie ed i caregiver: «Occuparsi, con impegno, dedizione e creatività della vita delle persone con disabilità non è  concedere loro delle possibilità ma è contribuire a rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. È contribuire a realizzare un diritto costituzionalmente garantito. Un compito che ci deve vedere tutti impegnati, ognuno dentro le proprie responsabilità, istituzionali, famigliari, associative e di cittadinanza. Come Comune, siamo impegnati da subito a provare a tradurre concretamente strumenti per l’autonomia e la costruzione sartoriale dei progetti di vita». 
Siamo dentro il processo di grandi riforme della disabilità e della non autosufficienza che potranno cambiare la vita delle persone attraverso innovazione, ammodernamento degli apparati, integrazione tra le risorse. Su tutto però emerge la necessità di professionisti attenti ai cambiamenti, sensibili alle persone, riconosciuti e valorizzati per il proprio lavoro. Il progetto di vita è un potenziale di cambiamento nella vita delle persone. Sta a noi crederci e investire in questo strumento per migliorare la qualità di vita di chi ne ha bisogno.

In apertura, Stefano con lo zio materno. Tutte le foto sono state inviate dall’autore del testo.

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