Cinema
Gioacchino da Fiore, il primo utopista
Abate, filosofo, teologo, fu il primo a secolarizzare la filosofia della storia, sganciandola dalla teologia e dalla centralità dell'Apocalisse. La concezione stessa di modernità, di progresso, di utopia sociale nascono in lui. Un film coraggioso porta Gioacchino da Fiore al grande pubblico (e omaggia la Calabria e la sua storia)
Il monaco che vinse l’apocalisse è il titolo del coraggioso film dedicato alla figura di Gioacchino da Fiore, dal 5 dicembre nelle sale di tutta Italia. Una figura assolutamente centrale nella storia dell’Occidente – dalla filosofia alla letteratura, dalla storia del cristianesimo all’arte – nonché il primo, come suggeriva Karl Lowith, a dare forma a quel processo di secolarizzazione dei presupposti teologici della filosofia della storia, da cui deriva la concezione stessa di modernità e di progresso.
La prima utopia sociale cristiana
Per Ernst Bloch si tratta della prima fondamentale “utopia sociale cristiana”, fondata su quella straordinaria ed inedita speranza in un futuro di pace, libertà, uguaglianza, felicità sulla terra, da lui presentata come la “terza età dello Spirito”: un tempo di riposo e di consolazione alla fine della storia, prima dell’ultimo eschaton.
Personaggio storico cruciale nelle sorti politiche del suo tempo, Gioacchino incontra tra gli altri Costanza d’Altavilla e Riccardo Cuor di Leone, intervenendo in maniera decisiva con le sue “visioni profetiche” sui destini delle crociate e dello stupor mundi Federico II. Tutto questo, e molto altro, emerge in maniera potente nel film di Jordan River. Un film difficile naturalmente, proprio per la complessità del personaggio che racconta e che non poteva essere tradotto semplicemente in documento storico-biografico. E così è stato.
L’influenza su Dante e san Francesco
River ha avuto il coraggio di osare una produzione che nessuno aveva mai osato, a partire da una scelta precisa, che è insieme filmica, poetica ed esistenziale. Il monaco che vinse l’apocalisse ne emerge con tutta la viva forza e attualità del suo messaggio, rivolto a noi, oggi. Con la stupefacente forza delle sue immagini del tempo, la cui verità è nascosta proprio in quel mistero della Trinità che nelle scuole teologiche diveniva argomento concettuale raffinato ma estraneo alle verità del tempo, della storia, delle Scritture. Anche questo contrasto emerge in alcuni passaggi del film, così come la potente visione ultraterrena che darà a Dante Alighieri lo spunto e l’ispirazione fondamentale per la sua Commedia e al francescanesimo nascente la forma del suo dispiegarsi rivoluzionario per la cristianità.
Scelta poetica ed esistenziale dicevamo, che rende questa opera particolarmente audace quanto efficace, nella stratificata complessità di immagini, suoni e parole di cui è composto, ad immagine delle tre età della storia dei cerchi trinitari gioachimiti. Pensiero e immagine: mai così solidali come nello stesso farsi degli scritti gioachimiti e del suo Liber Figurarum, qui colti in un intenso dialogo col discepolo Luca.
Il film, già premiato in diversi contesti, è stato apprezzato ufficialmente da Papa Francesco, che più volte ha citato l’abate calabrese in passaggi chiave del suo pontificato. La via migliore per entrare nella Porta Santa del Gubileo ormai alle porte.
Foto da cartella stampa. L’immagine in apertura è di Francesco Turbanti
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